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Avvenire Rassegna Stampa
21.06.2007 Le presunte colpe di Israele, neanche una parola su quelle palestinesi
intervista a monsignor Fouad Twal, vescovo coadiutore di Gerusalemme

Testata: Avvenire
Data: 21 giugno 2007
Pagina: 29
Autore: Luigi Geninazzi
Titolo: «Le croci della Striscia»
Israele non ha aiutato abbastanza Abu Mazen, Israele ha favorito la vittoria elettorale di Hamas, Israele non ha trattato con il governo palestinese di unità nazionale, Israele costruisce muri di separazione invece che ponti dialogo,   Israele, insieme a Usa e Ue, quando non è abbastanza filopalestinese,  è sempre colpevole.
I palestinesi sono sempre innocenti
Vero è che Israele si è opposta alla partecipazione di Hamas alle elezioni palestinesi, voluta dalla comunità internazionale.
Vero è che Israele ha sempre chiesto ad Abu Mazen, senza mai ottenerlo, una cosa ovvia: che disarmasse i gruppi  terroristici. Una condizione che, come si è visto a Gaza, era nell'interesse di chiunque volesse davvero costruire uno Stato palestinese, non solo in quello di Israele.  
Vero è che il governo di unità nazionale era di fatto egemonizzato dalla linea politica di Hamas, che di Israele vuole la distruzione.
Vero è che la barriera di separazione serve a proteggere i civili israeliani dagli attentati suicidi.
Ma per Fouad Twal, vescovo coadiutore di Gerusalemme, questi sono elementi che possono essere tranquillamente ignorati.

Ecco il testo dell'intervista all'ecclesiastico, pubblicato da AVVENIRE del 21 giugno 2007:
 
 
«I cattolici della Terra Santa vivono un forte senso d'abbandono e d'isolamento rispetto alla cristianità occidentale». È il grido accorato di monsignor Fouad Twal, il vescovo coadiutore di Gerusalemme che denuncia l'emorragia continua della presenza dei cristiani in Medio Oriente e la sostanziale indifferenza dell'Europa. Lo ha fatto durante i lavori, iniziati ieri, del Comitato scientifico di «Oasis», il Centro internazionale di studi e ricerche voluto dal Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, al fine di stringere legami d'amicizia e di conoscenza proprio con le comunità cristiane che vivono nei Paesi a maggioranza islamica. Anche per questo monsignor Twal, arabo massiccio e imponente, non intende cedere al pessimismo. Pur se chiamato a sfide difficili, designato a diventare Patriarca dei latini di Terra Santa nel 2008. Ecco l'intervista che ci ha rilasciato a margine del convegno.
Monsignor Twal, la situazione nei Territori è sempre più drammatica. I palestinesi non hanno ancora uno Stato però hanno due governi, uno di Fatah in Cisgiordania e uno di Hamas a Gaza. Che sentimenti prova in questi giorni?
«Provo una grande pena e preoccupazione per la crisi interna alla Palestina. Ma quanto sta succedendo non è un fatto isolato, è la conseguenza di una crisi più vasta che riguarda i rapporti tra Israele e palestinesi. Non dobbiamo dimenticare che, fino ad un anno e mezzo fa, tutto il potere dell'Anp era in mano al presidente Abu Mazen ma l'Occidente non ha fatto nulla per aiutarlo. Né Israele, né gli Stati Uniti, né l'Europa. Hanno voluto le elezioni e, com'era prevedibile, la maggioranza dei palestinesi ha votato per un cambio di governo, affidandosi ad Hamas, un movimento radicale che però prometteva ordine e stabilità. L'Occidente ha detto che non andava bene. Pochi mesi fa Abu Mazen ha varato un nuovo governo di unità nazionale ma anche questo non andava bene. Ed ora il presidente Abu Mazen rivendica tutto il potere legittimo per sè, comanda da sol o e l'Occidente sblocca gli aiuti. Io mi domando: ma perché non l'hanno aiutato un anno e mezzo fa, quando non c'era ancora Hamas al governo?».
Intende dire che adesso è troppo tardi?
«No, non è mai troppo tardi! Spero davvero che finalmente Abu Mazen abbia tutti i mezzi - politici, finanziari ed economici - per stabilizzare la situazione. Il blocco degli aiuti che l'Occidente ha praticato negli ultimi mesi non può essere giustificato: volevano colpire il governo di Hamas, ma le conseguenze più dure le ha pagate la gente, non chi sta al potere».
Il blocco però continuerà e probabilmente diventerà ancora più rigido là dove comanda Hamas. C'è il rischio di una catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza?
«Spero che i responsabili politici abbiano cuore, testa e dignità per evitare un simile scenario. Ci sono tanti modi per condizionare un gruppo di potere con cui non si va d'accordo, ma quello di affamare la popolazione che vi è sottoposta non conduce da nessuna parte se non all'esasperazione».
A Gaza c'è una piccola comunità cattolica di 300 persone. Nei giorni scorsi il convento delle suore è stato oggetto di un assalto. Teme un'ondata di fanatismo anti-cristiano?
«Ho ben presente l'episodio, le tre suore provengono dalla Giordania ed una è mia cugina. Penso che quanto accaduto sia il gesto di una banda criminale, e non sia stato preordinato dall'alto. Nelle ultime settimane a Gaza c'era il caos più totale, di cui hanno approfittato banditi e malviventi».
Eccellenza, nel suo intervento qui ad «Oasis» ha detto che i cristiani d'Occidente non sembrano aver coscienza del ruolo di vitale importanza che i cristiani di Terra Santa possono giocare ai fini della pace...
«L'elemento cristiano è tra i pochi a favorire e garantire principi di moderazione nello scontro civile e religioso che dilania questa regione. L'emigrazione dei cristiani, dovuta alle pressioni del fondamentalismo islamico e all'isolamento imposto da Israele, è una perdita per il processo di pace. Ma chi gli presta attenzione? Solo il Papa alza la voce in nostra difesa».
Cosa si aspetta concretamente? «Vorremmo che ci fosse un po' d'attenzione anche da parte dei politici occidentali che si dicono cristiani. Ma raramente ci chiedono un parere quando prendono decisioni che riguardano la Terra Santa. Eppure noi viviamo qui, siamo parte della cultura araba e possiamo essere un ponte tra cristiani e musulmani, tra Oriente e Occidente. Purtroppo qualcuno preferisce costruire muri di separazione invece che ponti di dialogo. Ma così la pace non arriverà mai, resterà sempre un processo senza fine».

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