sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto Rassegna Stampa
19.06.2007 Guerra civile a Gaza: i comunisti hanno trovato i colpevoli
chi ? Usa e Israele, ovviamente

Testata: Il Manifesto
Data: 19 giugno 2007
Pagina: 11
Autore: Michele Giorgio-Maurizio Matteuzzi
Titolo: «La vendetta di Israele. E di Fatah-Israele e l'Occidente hanno decretato la fine della Palestina»

A volte ci chiediamo se valga la pena  sorbirci la lettura quotidiana del MANIFESTO. leggiamo e rileggiamo sempre lo stesso articolo, si interscambiano le firme, se non è Giorgio,è Matteuzzi, se non è Schuldiner è qualcun altro, ma la tesi è pateticamente sempre la stessa. Il paradiso comunista non lo si può raggiungere in terra per colpa dell'America e di Israele. Con simili difensori non c'è da stupirsi di quanto sta succedendo a Gaza.

Il primo che riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 19/06/2007, a pag.11, è di Michele Giorgio,titolo " La vendetta di Israele. E di Fatah". Te pareva ! Eccolo, lo consegnamo alla pazienza dei lettori.

Il ritmo cupo delle raffiche mitra ieri rompeva il silenzio di Erez. All’esterno del valico, alla ricerca di notizie, c’erano soltanto alcuni giornalisti e un paio taxisti che speravano nell’improvvisa uscita di palestinesi da portare a Ramallah. Due, tre raffiche, poi un boato, forse un candellotto lacrimogeno. A sparare erano i soldati israeliani, in aria dicevano fonti ufficiali, per tenere indietro i palestinesi fermi nella «terra nessuno» che porta al terminal. Invece è stato ucciso un palestinese e molti feriti. In attesa di uscire dalla Striscia di Gaza ieri c’erano «soltanto» alcune centinaia di palestinesi mentre domenica, ferme sotto il tunnel arroventato dal sole collegato al transito, sostavano almeno 1.500 persone.Uomini, donne, anziani, bambini che fuggono dall’isolamento di Gaza, dalla penuria di generi alimentari, da ospedali privi di farmaci indispensabili, dalla possibile mancanza di benzina anche se gli israeliani affermano di aver ripreso le forniture. E le cose andranno peggio nelle prossime settimane. Il «governo di emergenza» di Salam Fayyad che si è insediato domenica a Ramallah, intende chiudere i rubinetti e far morire di sete il governo di unità nazionale che il premier «silurato» di Hamas intende tenere in vita a Gaza. Fayyad e il presidente Abu Mazez si stanno attivando anche per far chiudere ogni conto bancario, anche individuale, dove potrebbe attingere ciò che resta dell’esecutivo di Ismail Haniyeh. In queste condizioni, Gaza non potrà resistere più di qualche settimana, almeno questo è quello che spera Abu Mazen, convinto che la prossima volta saranno i leader Hamas ad alzare le braccia, così come qualche giorno fa si sono arresi quelli di Fatah a Gaza. Dietro le quinte il nuovo ministro della difesa israeliano, Ehud Barak, nonfa mistero di voler lanciare, presto, una offensiva massiccia contro Gaza. «Sotto il tunnel ci sono centinaia di persone, molti stanno attuando uno sciopero della fame, vogliono passare e non intendono far ritorno a Gaza e vivere sotto il governo di Hamas», ci ha spiegato ieri Basel Kafarna uno dei pochi palestinesi che sono riusciti a superare Erez in queste ultime ore. Molti inveiscono contro Abu Mazen che si è preoccupato solo dei dirigenti di Fatah e dei capi dei servizi di sicurezza. I giornali israeliani hanno riferito che nei giorni scorsi, quando è apparso chiaro che Fatah non avrebbe retto l’urto dell’offensivamilitare di Hamas, dozzine di funzionari dell’Anp e i loro familiari sono riusciti a raggiungere Ramallah perché inseriti in un elenco di persone da lasciar passare, consegnato dall’ufficio di Abu Mazen alle autorità militari israeliane. Subito dopo Israele ha sigillato i valichi. Erez - usato dai lavoratori pendolari palestinesi, dal personale diplomatico, dagli operatori umanitari e dai giornalisti stranieri - ha sempre operato sotto strettissime procedure di sicurezza. Le guardie di frontiera palestinesi erano tenute a comunicare via radio ogni movimento in uscita da Gaza ai loro colleghi israeliani che, dopo lunghe attese, davano il via libera al passaggio. Questa procedura non è più attuabile perché sul versante palestinese di Erez non ci sono più le guardie di frontiera e gli uffici sono stati saccheggiati e danneggiati. Da quando il valico è chiuso peraltro nessun reporter straniero ha potuto far ingresso a Gaza e la copertura quotidiana nelle notizie è affidata esclusivamente ai giornalisti locali. Chiuso rimane anche il valico di Rafah, con l’Egitto e decine di persone ammalate non possono raggiungere il Cairo per curarsi. A Ramallah invece celebrano nonostante la batosta subita aGaza. Il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni ha confermato la disponibiltà di Israele a riprendere i trasferimentitrasferimenti dei fondi fiscali dell’Anp al governo di Salam Fayyad mentre ieri i ministri degli esteri dell’Ue e il segretario di stato Condoleezza Rice hanno annunciato la ripresa dei flussi di aiuti finanziari negati all’Anp controllata da Hamas, di fatto a tutti i palestinesi, nell’ultimo anno. Intanto in al-Fatah la polemica sta montando. Molti attivisti chiedono la testa di dirigenti corrotti come Mohammed Dahlan e la sua gang (Rashid Abu Shubak, Maher alMaqdah e altri) che si sono arricchiti con fondi palestinesi e usato il potere in modo spregiudicato. Poi hanno abbandonato i loro agenti a Gaza mettendosi al sicuro in Cisgiordania. Abu Mazen ieri ha rimosso Dahlan dalla vice presidenza del Consiglio nazionale per la sicurezza. Non avrebbe mai dovuto dargli quell’incarico, utilizzato da Dahlan per creare caos e minare la presenza di Hamas nel governo di unità nazionale. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti.

Il secondo è di Maurizio Matteuzzi, terzomondista d'acciao,, a pag. 2, dal titolo "Israele e l'Occidente hanno decretato la fine della Palestina", titolo che precede l'assoluzione completa di Hamas. Sono stati gli israeliani e gli americani a compiere la mattanza di palestinesi. Leggere per credere.

Adesso siamo tutti più tranquilli, infelici ma tranquilli. Abbiamo appurato che il sanguinoso «golpe» con cui Hamas ha spazzato via al Fatah da Gaza è «la fine della Palestina» (titolo del commento di Zvi Schuldiner sul manifesto di domenica). Una premessa, che può suonare come excusatio non paetita, ma che, a scanso di equivoci, va fatta lo stesso: noi detestiamo i fondamentalisti di tutte le stirpi e religioni, quelli islamici e quelli ebrei, quelli cattolici e quelli evangelici. Bin Laden e i talebani, i salafiti e imullah iraniani, i neo-cons americani e i khmer rossi sono quanto di più lontano ci sia dalla visione del mondo, dagli ideali di vita, di liberazione, di giustizia e di uguaglianza con cui noi guardiamo la realtà. Non siamo neanche così infantili, anzi così cretini, da «vedere il fondamentalismo islamico come una forma di antimperialismo dei nostri giorni». Ma come si fa a negare che se non fosse per gli orridi «tagliatori di teste» (ricordate?) e i barbari talebani oggi l’Iraq e l’Afghanistanl’Afghanistan sarebbero i campi elisi di Bush e del bushismo? E che se non fosse stato, l’anno scorso, per gli Hezbollah libanesi gli israeliani passeggerebbero oggi sul lungomare di Beirut? L’antimperialismo non c’entra. Resistono e reagiscono all’aggressione. Dell’America, dell’Europa, dell’Occidente, della «comunità internazionale», dei media. Resistono e reagiscono tagliando teste e praticando il terrorismo. Purtroppo, comedirebbe Franz Fanon, hanno introiettato i «valori» dei loro nemici. Ma questo è un altro discorso. Lo stesso vale per la Palestina e i palestinesi. E veniamo al punto. Con il terrorismo - quello dell’Olp e di Al Fatah prima di quello di Hamas e del Jihad islamico - la Palestina si è forse preclusa la possibilità di un futuro Stato palestinese. Però senza il ricorso (anche) al terrorismo, strumento oltre che orrendo difensivo e perdente, non ci sarebbe più la Palestina ma solo un grande Stato di Israele dal Giordano al Mediterraneo, senza più limiti e senza problemi che non siano quei 4 o 5 milioni di palestinesipalestinesi che bisognerebbe «convincere» (come nel ’48) a sgomberare per non intaccare la purezza etnica dello Stato ebraico. Come si fa a sostenere che sia la «vittoria » di Hamas a Gaza ad «aver assestato un colpo terribile alle possibilità di arrivare a una reale indipendenza palestinese»? L’indipendenza palestinese, lo Stato di Palestina - sia pure sul 22% della Palestina storica che è rimasta in discussione - sono altri che, prima diHamas li hanno impediti, resi impossibili, una tragica burla. Qualcuno si è preso la briga di leggere il rapporto conclusivo dell’Onu, pubblicato dal Guardian (e dal manifesto) qualche giorno fa, in cui si enumerava la catena di responsabilità - non nascondendo quelle dei palestinesi - per cui si è arrivati al disastro attuale? Per la Palestina non vale, comenon valeva per l’Argentina del ’76, la comoda teoria dei «due demoni»: il demone della guerriglia (e del terrorismo) che scatena il demone del golpe (e del terrorismo di Stato). In Palestina sono più dei 40 anni di occupazione, celebrati agli inizi di giugno, che si lavora con lena incessante per rendere impossibile ogni soluzione negoziata minimamente equa del conflitto israelopalestinese, impossibile uno Stato palestinese che non sia un bantustan e un ghetto per «neri». Era ancora Ben Gurion, il padre della patria sionista, che ammoniva i suoi non parlare mai dei confini definitivi di Israele. Oslo aveva aperto una strada, dato una speranza, sia pur labile. Chi ha chiuso quella strada e stracciato quella speranza?E’ vero o no che nel decennio successivo a Oslo, quello in teoria dei negoziati a bocce ferme, i governi israeliani - di destra e di «sinistra» - hanno raddoppiato le colonie ebraiche nei territori palestinesi occupati, rendendo di fatto eterna l’occupazione e impossibile ogni possibilità di compromesso? Il fatto, incontrovertibile, è che Israele ha sempre chiuso le porte in faccia alle trattative - nell’ormai lunga storia israeliana solo Moshe Sharrett e forse Itzhak Rabin si può dire fossero disponibili a un negoziato non falso, e entrambi non hanno fatto una bella fine -, che con il pretesto della «mancanza di interlocutori», del «terrorismo» e ora di Hamas ha sempre portato avanti la linea maestra della sua strategia: guadagnare tempo per poter occupare più terra, rendere impossibile ogni ritiro dai territori palestinesi e la vita dei palestinesi. E’ vero o no che all’inizio l’entrata del fondamentalismo islamico in Palestina è stata «incoraggiata» in tutti i modi dagli israeliani per minare l’Olp, l’unico movimento laico del Medio Oriente? E’ vero o no che Hamas ha vinto regolarmente le elezioni del 2006 e l’unica risposta dell’imbelle Abu Mazen, di Israele e dell’occidente è stata il boicottaggio e l’asfissia, così da portare alla inevitabile esplosione e poter dire: avete visto i barbari islamisti? La mattanza diGaza è esattamente quello per cui Israele e l’America e l’Europa lavorano da anni. E’ vero che lo Stato di Palestina è sempre più lontano. Ma la colpa principale non è dei gorilla di Hamas.

Per inviare la propria opinione al Manifesto, cliccare sulla e-mail sottostante.


redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT