Sul CORRIERE della SERA di oggi, 19/06/2007, a pag. 17 così risponde il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema dopo i circostanziati articoli usciti ieri (la crona ca di Massimo Caprara e il durissimo attacco di Magdi Allam: «Un patto con la Siria?
Che idiozia» incurante del fatto, come Allam ha ben documentato passando in rassegna l'impostazione della nostra politica estera ben prima che arrivasse D'Alema. Ecco la breve cronaca , con la solita arroganza e faccia tosta di D'Alema. (segue la cronaca da Israele di davide Frattini):
ROMA — ( m. ca.) «Idiozia». «Stupidaggini». Massimo D'Alema ha reagito in maniera sprezzante alla tesi del sito del quotidiano israeliano Haaretz secondo la quale il ministro degli Esteri italiano, nella sua ultima visita a Damasco, si sarebbe impegnato ad agire contro l'isolamento della Siria in cambio della garanzia che Hezbollah non colpirà le nostre truppe in Libano.
«Dovrebbero chiedere prima di sparare: "Scusi, lei è italiano?"», ha domandato il ministro a chi tra i giornalisti ieri a Lussemburgo gli sollecitava un'opinione al riguardo. «Stupidaggini», ha detto. Un'«idiozia».
Ecco che cosa ha sostenuto: «L'accordo consisterebbe nel fatto che avrei chiesto alla Siria di non promuovere attacchi terroristici contro l'Unifil. Ma se ho fatto questa richiesta, perché avrei dovuto farla segretamente?
Io ho chiesto alla Siria di collaborare con la comunità internazionale per la stabilità della regione, in Iraq, in Palestina e anche in Libano.
È evidente che se la Siria collaborerà invece di favorire la destabilizzazione, miglioreranno i suoi rapporti» con il mondo.
Il 5 giugno, in viaggio a Damasco e a Beirut, D'Alema ha dichiarato che attacchi di terroristi ai soldati italiani sono stati prevenuti grazie alla «stragrande maggioranza dei gruppi palestinesi» (dunque anche Hamas), all'esercito e a «tutte le componenti della società libanese» (quindi anche Hezbollah). Nel ricordare il sì italiano alla risoluzione Onu per il Tribunale sulla morte di Rafiq Hariri, malvisto dalla Siria, ha affermato che la corte non sarà contro nessun Paese e che le procedure saranno «lunghe e complesse». Ieri il colloquio a due tra D'Alema e l'israeliana Tzipi Livni è saltato: secondo fonti italiane lei è arrivata tardi all'incontro con l'Ue.
"Abu Mazen, aiuti da Europa e Usa", è il titolo dell'articolo di Davide Frattini:
GERUSALEMME — «Giuro su Allah, non lo so». Il neo-ministro degli Interni Abdel Razak al-Yahia, anziano generale a riposo da anni, risponde con franchezza a chi gli chiede come intenda ristabilire la legge dell'Autorità palestinese nella Striscia di Gaza. Anche Riad Al Malki, il ministro dell'Informazione che fa da portavoce del governo, ammette «non abbiamo un piano definito».
La squadra messa in piedi da Salam Fayyad e approvata dal presidente Abu Mazen ottiene l'abbraccio diplomatico di tre quarti del mondo, escluso l'Iran che considera l'esecutivo di emergenza «contrario alla democrazia». Condoleezza Rice, segretario di Stato americano, ha annunciato che gli Stati Uniti riprenderanno gli aiuti economici ai palestinesi, sospesi dopo la vittoria di Hamas alle elezioni del gennaio 2006. «Vogliamo lavorare con questo governo e appoggiare i suoi sforzi per ristabilire l'ordine. Attraverso le sue azioni Hamas sta cercando di dividere il popolo palestinese. C'è un solo popolo palestinese e deve esserci un solo Stato palestinese». Poco prima, anche l'Unione Europea aveva deciso di riavviare relazioni normali con l'Autorità e di ricominciare l'assistenza diretta. Il governo di Ehud Olmert è pronto a scongelare i milioni di dollari in tasse raccolte per l'Autorità. «Vogliamo collaborare con chi sostiene la nascita di due Stati, israeliani e palestinesi che vivono in pace fianco a fianco», ha commentato Tzipi Livni, ministro degli Esteri.
Dopo giorni di silenzio, il sostegno è arrivato anche da Marwan Barghouti, il leader più popolare di Fatah, condannato nel maggio 2004 a cinque ergastoli più quarant'anni con l'accusa di essere coinvolto negli omicidi di cinque israeliani. «Considero il colpo di stato militare condotto da Hamas una minaccia pericolosa per l'unità nazionale e per la questione palestinese — scrive dal carcere — un cambiamento sulla strada della resistenza e della democrazia». Barghouti approva le decisioni di Abu Mazen e invoca allo stesso tempo una riforma interna del partito. Il presidente avrebbe chiesto agli israeliani di rafforzare il Fatah rilasciando Barghouti e altri leader.
L'embargo è finito. Per la Cisgiordania. A Gaza, si cerca di evitare una crisi umanitaria. Le frontiere restano chiuse, gli israeliani hanno ripreso le forniture di carburante e promettono di lanciare cibo e medicinali dagli aerei. Gli europei stanno studiano un meccanismo per far arrivare gli stipendi agli impiegati pubblici, scavalcando Hamas.
Al valico di Erez, nel nord della Striscia, centinaia di persone aspettano ammassate di poter entrare in Israele e da lì verso la Cisgiordania. Un commando dei Comitati di resistenza popolare, schierati con Hamas, ha sparato contro una postazione dell'esercito dall'altra parte del confine. Nel fuoco incrociato, c'è stato un morto, Jihad al Madhun, guardia del corpo di un leader militare del Fatah linciato nei giorni scorsi dai miliziani fondamentalisti. Secondo alcune fonti, le vittime potrebbero essere quattro.
Abu Mazen ha sostituito Mohammed Dahlan alla guida del Consiglio per la sicurezza nazionale. Al suo posto, il premier Salam Fayyad. Una parte di Fatah ha chiesto di mettere Dahlan sotto inchiesta per la disfatta militare subita a Gaza.
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