Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Razzi contro Israele, dal Libano Hezbollah smentisce ogni coinvolgimento. Intanto Ehud Barak diventa ministro della Difesa
Testata: Corriere della Sera Data: 18 giugno 2007 Pagina: 12 Autore: Davide Frattini Titolo: «Israele, razzi dal Libano. L'Onu: tregua violata - Il ritorno di Barak alla Difesa E già studia un blitz per Gaza»
Dal CORRIERE della SERA del 18 giugno 2007, a pagina 12, un articolo di Davide Frattini sul lancio di razzi katiuscia contro il nord di Israele:
GERUSALEMME — Katiuscia che cadono tra le case, come un anno fa. Auto distrutte e colpi di fortuna, come un anno fa. Questa volta gli abitanti di Kiryat Shmona non hanno dovuto riaprire le porte dei rifugi anti-bomba. L'esercito ha chiesto a tutti di rimanere in casa, ma non ha ordinato di chiudersi nei bunker domestici. Lo Stato Maggiore ha pensato subito a una provocazione. Gruppi palestinesi che cercano di aprire un fronte nel nord del Paese, mentre a sud Gaza sprofonda nel caos. Fonti ufficiali del governo hanno chiarito «non ci lasceremo trascinare nella trappola». Anche perché gli Hezbollah hanno negato di essere dietro ai lanci di razzi. Da Beirut, Al Manar, la televisione del movimento sciita filo-iraniano, ha mostrato le immagini da Kiryat Shmona e ha smentito qualunque coinvolgimento, senza fare ipotesi su chi abbia sparato. L'esercito libanese è intervenuto per cercare di arrestare i miliziani. Nell'attacco, due katiuscia sono caduti sulla cittadina che la scorsa estate aveva subito i bombardamenti più pesanti, un altro missile è finito in territorio libanese, vicino a una base dell'Unifil, la forza multinazionale delle Nazioni Unite, comandata dal generale italiano Claudio Graziano. Le truppe Onu hanno definito l'offensiva contro la città israeliana una «grave violazione del cessate il fuoco». I soldati libanesi hanno scoperto i quattro lanciarazzi, comandati da un congegno a tempo, nell'area di Adaisseh. «Il quarto razzo non è partito. Stiamo pattugliando la zona, per evitare nuove operazioni», ha spiegato Yasmina Bouziane, portavoce Onu. «Stavo bevendo un caffè con il mio parrucchiere — racconta alla radio un'abitante di Kiryat Shmona — quando abbiamo sentito un'esplosione. Tutti hanno gridato "katiuscia". E io ho risposto: "No, non è possibile"». Haim Barbivai, sindaco della città, ha invocato una dura risposta, del governo israeliano e di quello libanese: «Non possiamo sopravvivere a un'altra estate come quella di un anno fa. Questa volta non ci sono state vittime per puro caso». Un razzo è caduto vicino a un gruppo di operai che aveva appena lasciato la fabbrica dove stavano lavorando. Ehud Olmert, premier israeliano, è a New York, dove ha incontrato Ban Ki-Moon, segretario generale dell'Onu, per discutere della situazione nella Striscia di Gaza e del lavoro svolto dai caschi blu dell'Unifil. La risoluzione 1701 dell'Onu ha messo fine un anno fa a 34 giorni di conflitto, tra il 12 luglio e il 14 agosto. Gli Hezbollah avevano sparato oltre 4.000 katiuscia, costringendo un milione di israeliani a ripararsi nei rifugi e paralizzando il nord del Paese. Nella guerra sono morti oltre mille libanesi e 156 israeliani. Il governo di Fouad Siniora ha minacciato di intervenire duramente nel sud del Libano: «Non permetteremo di mettere in pericolo la stabilità e la sicurezza della nazione». Nel nord, l'esercito sta ancora assediando il campo rifugiati palestinese di Nahr el-Bared. Da cinque settimane, vanno avanti gli scontri con i miliziani di Fatah Al Islam, un gruppo estremista che si ispira ad Al Qaeda. I comandanti non hanno posto limiti di tempo all'operazione. Siniora vuole ottenere la resa, senza condizioni. Shaker Al Abssi, fondatore e leader dell'organizzazione, ha replicato di essere pronto a combattere fino alla morte
Di seguito, l'articolo sull'insediamento del leader laburista (già premier di Israele) Ehud Barak come ministro della Difesa:
GERUSALEMME — Ehud Barak entra oggi al quattordicesimo piano della Kirya, il Pentagono israeliano a Tel Aviv, con una strategia pronta per il fronte sud e una sorpresa da quello nord. L'ex premier è stato nominato in tutta fretta da Ehud Olmert nel fine settimana, al posto di Amir Peretz. La vittoria militare di Hamas a Gaza ha spinto il primo ministro ad affrettare la procedura. Il soldato più decorato della storia di Israele avrebbe già studiato un'offensiva — rivela il britannico Sunday Times — per attaccare le postazioni militari del movimento integralista nella Striscia: un blitz con 20 mila soldati, appoggiati da due divisioni corazzate e dagli F-16. Un piano che prevede giorni, non settimane, di combattimenti. Le forze israeliane si troverebbero davanti 12 mila miliziani integralisti. «Non possiamo tollerare un aggressivo Hamastan ai nostri confini — ha spiegato al giornale una fonte vicina a Barak —. L'attacco sembra inevitabile. Non è questione di se, ma di quando». Il neo-ministro della Difesa si ritrova ad affrontare il dossier Libano come sette anni fa. È stato lui, da premier, a organizzare l'evacuazione dell'esercito israeliano dal sud del Paese. «Il ritiro unilaterale — lo ha accusato in questi giorni Benjamin Netanyahu, leader del Likud — ha messo il territorio a disposizione dell'Iran». «Barak ha il difficile compito di ristabilire — scrive il quotidiano liberal Haaretz in un editoriale — la fiducia della gente nelle forze armate, dopo gli insuccessi nella guerra della scorsa estate ». Cresciuto da militare nei commando speciali, Barak resta ancora un uomo del Sayeret Matkal, commentano gli analisti. Come stratega, privilegia i raid e le operazioni chirurgiche. «Se gli mettessero davanti una mappa del Medio Oriente e gli chiedessero di indicare i suoi obiettivi — commenta Aluf Benn su Haaretz — di certo preferirebbe fare un circolino attorno alla testa di Hassan Nasrallah o Khaled Meshal, piuttosto che guidare un'invasione verso il fiume Litani, in Libano». Tutti aspettano di verificare se Barak sia veramente cambiato, come lui stesso ha ripetuto nei mesi di campagna elettorale che l'anno riportato al vertice del partito laburista e nel governo. Meno di due anni da primo ministro, gli hanno lasciato la fama di «politico più odiato di Israele». Non ascolterebbe i consiglieri, sarebbe arrogante e accentratore. Il suo modello è Charles de Gaulle, non solo per il ritorno al potere nel 1958. Ama citare i passaggi dedicati al comando dal generale francese: «Niente rafforza di più l'autorità del silenzio». Così Barak è rimasto zitto durante il conflitto con gli Hezbollah e ha scelto di non parlare anche quando il rapporto Winograd ha attaccato il governo Olmert sulla gestione della guerra. Alle primarie del parito laburista, i fotografi l'hanno ritratto mentre vota con il dito indice sulle labbra.
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