Padre David Jaeger rifiuta di vedere la realtà la replica di Giorgio Israel
Testata: Tempi Data: 15 giugno 2007 Pagina: 0 Autore: Giorgio Israel Titolo: «Forse padre Jaeger non ha capito chi comanda fra gli arabi in Terrasanta»
Da TEMPI in edicola il 14 giugno 2007:
Non è facile ammettere il fallimento del progetto nazionale palestinese e della formula “due popoli, due stati” e che l’unica via, ardua ma non impossibile, è un accordo tra Israele e gli stati arabi confinanti. Non è facile, ma non serve esorcizzare i fatti “sbottando”, come fa Padre David Jaeger, che «sono discorsi campati per aria» quelli sviluppati da Giuliano Ferrara e dallo scrivente. Il modo migliore di accamparsi per aria è di non prendere atto della realtà e temo che sia quello che egli sta facendo, certamente in buona fede. Dice padre Jaeger che con l’accordo del 1993 “i palestinesi” hanno rinunciato a gran parte del territorio da loro rivendicato e quindi ora tocca agli israeliani ritirarsi. Ma quella rinunzia non è mai avvenuta. Forse così la pensa Abu Mazen (a differenza di Arafat), ma oggi c’è un governo controllato da Hamas che proclama di volere tutta la Palestina e il cui statuto (come del resto quello di Fatah!) contempla la distruzione di Israele e l’omicidio di tutti gli ebrei, in consonanza con i propositi di Ahmadinejad.
Secondo Padre Jaeger, Israele dovrebbe ritirarsi e «poi i palestinesi decideranno cosa fare del loro rimanente territorio». A parte quell’infelice “loro rimanente” – che implica che tutto il territorio era loro – guardiamo ancora ai fatti. Israele si è ritirato da Gaza e “i palestinesi” hanno deciso cosa farne: non il primo nucleo di uno stato dedito allo sviluppo dell’economia e del benessere, bensì una piattaforma di lancio di missili su Israele, una base terroristica, un deposito di armi.
Dice padre Jaeger che non si può dire che la parte palestinese sia incapace di trattare perché la trattativa, sempre invocata dal presidente dell’Olp, non è mai iniziata. Suvvia… Si è trattato con Rabin, con Barak e persino con Netanyahu e non ha funzionato mai, perché dall’altra parte c’era totale doppiezza: prima la carota del dialogo e poi il bastone del terrorismo. Morto Arafat, le ambiguità che si raccoglievano nella sua persona si sono scisse producendo una frammentazione totale che rende impossibile parlare di un’identità palestinese. Un punto cruciale della nostra analisi è che uno stato nazionale diventa possibile se è soddisfatta la condizione minima dell’esistenza di un’autorità che garantisce la legalità ed è unica detentrice delle forze armate, e gestisce questi poteri in forme democratiche. Queste condizioni minime sono inesistenti da decenni. Attaccarsi al fatto che Hamas non sta nell’Olp e, siccome la competenza della trattativa spetta all’Olp, Hamas può essere tagliata fuori, è una finzione formalistica. Hamas ha la quota maggiore del potere reale e può vanificare ogni accordo perché Abu Mazen è a malapena il sindaco di Ramallah. È come se doveste comprare un’auto di proprietà di più persone di cui una soltanto si dice disponibile alla vendita, mentre le altre sono contrarie e minacciano sfracelli. Padre Jaeger vi propone di pagare alla persona disponibile, e poi si vedrà. Chi farebbe una simile transazione?
Qui si chiede a una parte che ha istituzioni responsabili di mettersi a scatola chiusa nelle mani di un’altra che non ne ha. Per esempio, se Israele si ritirasse da Gerusalemme vecchia, chi garantirebbe che il quartiere ebraico non venga ancora distrutto, il cimitero ebraico del monte degli Ulivi ridotto di nuovo a pisciatoio e il Muro occidentale demolito? Tanto, come ripetono “i palestinesi” – che inzeppano di odio antiebraico le loro radio, televisioni e libri di testo scolastici – il Tempio di Salomone non è mai esistito e anche Gesù non era ebreo bensì “palestinese”.
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