Una lettera inviata alla Stampa il 13 giugno 2007, e da non ancora pubblicata.
Gentile Direttore,
Così come ieri ho voluto complimentarmi con Francesca Paci, non posso fare a meno di notare il pessimo articolo di Igor Man oggi su 'la follia fratricida di Gaza'. Riterrei prova di grande correttezza da parte de La Stampa' se volesse pubblicare anche questa mia lettera, pur se necessariamente lunga.
Perchè mi permetto di giudicare pessimo l'articolo di un grande editorialista come Igor Man? Provo a spiegarlo.
Si tratta di una presentazione riassuntiva e sintetica della situazione, che nulla aggiunge alla conoscenza dei fatti da parte del lettore. Se il lettore non fosse già ben informato sui fatti, avrebbe difficoltà a capire di chi si parla. Un lettore poco informato avrebbe difficoltà a capire che il 'raiss in piena ansia elettorale' è Mubarak - che quel 'presidente-pasdaran' è Ahmadinejad - che 'il partito di Dio creato nella Bekaa dai pasdaran' sta per Hezbollah, vista come creazione degli Iraniani in Libano.
E che dire dei 'guru di Zamalek' ? Che percentuale di lettori può sapere a chi si allude? Io ho dovuto andare a far ricerche su Wikipedia, e non credo di essere la lettrice più disinformata sulle questioni medio orientali.
In che consiste dunque l'essenza dell'editoriale di Igor Man? Nella sua capacità di creare uno scenario schematizzato, in cui la descrizione ed interpretazione dei fatti viene sostituita da giudizi impliciti nelle definizioni dei personaggi. Fatti e personaggi non vengono quasi mai raccontati, ma posizionati sulla scena con una maschera che ne suggella l'identità e già la giudica moralmente, ma fra le righe, senza parere. Vediamo gli esempi.
Abu Mazen è il 'ricco palazzinaro per bene', 'l'ex palazzinaro miliardario' che grida alla radio 'Difendete la vostra dignità, il vostro onore', e accetta l'idea che 'un giorno, non certo vicino, potrebbero esserci in Terra Santa due stati : Israele (grande potenza atomica) e Palestina ('principato turistico' sul modello monegasco)'. Aggiungiamoci che Abu Mazen sostiene che 'l'unica guerra che non prevede sconfitte si combatte col realismo della ragione', e che è consapevole che Israele è capace di superare le crisi interne. ' Dunque è pura follia pensare di ottenere un minimo di giustizia combattendo', scrive Igor Man. E non si capisce se si tratta dell'opinione di Abu Mazen, o se si tratta dell'opinione di Igor Man, o di chi... E' una breve frase buttata lì, legata a quella precedente da un ' dunque' che a una lettura rapida porta ad attribuire il giudizio, che probabilmente è di Igor Man, ad Abu Mazen. E il gioco è fatto. Il carattere è costruito e giudicato come un ' palazzinaro' senza ideali e senza fierezza, benchè Igor Man non paia prendere una posizione chiara ed esplicita. Un articolo che nei primi paragrafi partiva da una presentazione apparentemente positiva di Abu Mazen come paladino della razionalità (anche se la prima goccia di veleno era già in quel definirlo 'presidente della cosiddetta Autorità palestinese, che può alludere sia all'impotenza dell'Autorità Palestinese come istituzione, sia alla mancanza di autorità di Abu Mazen), finisce col proporre una valutazione politicamente e moralmente negativa di Abu Mazen, senza mai dirlo esplicitamente.
- Ma in questa 'follia fratricida di Gaza' Abu Mazen non può essere l'unico personaggio, deve essere rappresentato anche il capo dell'altra fazione, ovviamente: Ismail Haniyeh. Che ci dice di lui Igor Man? Che fu soltanto grazie al suo deciso intervento 'se il parlamento palestinese bocciò una mozione di maggioranza che, sia pure con un tortuoso giro di parole, accusava Abu Mazen d'essere un Quisling, il servo del 'sinistro duetto' : Usa-Israele.' Di lui si narra soltanto un gesto positivo di lealtà e di pacificazione degli animi (e nel frattempo si inserisce un tassello negativo alla percezione di Abu Mazen da parte del lettore). Poi di lui non si dice più nulla. Possibile? Ma allora chi sta combattendo questa guerra fratricida contro Abu Mazen e il suo Fatah? Igor Man ci dice che 'alla radice della piccola (sic!) guerra civile' ...' troviamo il giuoco infernale di Hezbollah'. Finalmente ci siamo, pensa il lettore superficiale ma ansioso di capire. Ora sapremo chi è l'altro personaggio, che rappresenta l'altro combattente. Invece ecco che cosa segue:
' Il partito di Dio, creato nella Bekaa dai pasdaran subito dopo la vittoria di Khomeini, ha combattuto contro il vertice libanese (sic!)
per conto terzi (leggi la Siria); oggi, con le armi e le vesti di Hamas, è sceso in campo a Gaza per un golpe che tuttavia non sembra tale se non fosse per il disperato proclama di Abu Mazen'. Che cosa ha capito a questo punto il lettore frettoloso? Che l'altro fratello combattente non è Hamas, ma qualcuno venuto da fuori, che usa i panni di Hamas, ma che tutto sommato non fa nulla di male. Soltanto Abu Mazen giudica questa intrusione un 'golpe' e fa nascere tutta questo can can... soltanto Abu Mazen ne fa scaturire una guerra fratricida 'da parte degli irriducibili di Hamas che non ascoltano nessuno'. Viene da pensare con tenerezza al povero Haniyeh che voleva la pace, ma per colpa dei proclami di Abu Mazen non riesce a fermare... chi? Altri Palestinesi rappresentati da Haniyeh stesso? No! Questo 'partito di Dio' creato dai pasdaran che usa le armi e le vesti di Hamas, e che il lettore medio, come abbiamo già visto, non è probabilmente in grado di capire chi sia.
Se Igor Man avesse semplicemente scritto in favore di Hamas e contro Abu Mazen, la Stampa avrebbe pubblicato il suo editoriale? Presumo di no. L'aver camuffato la sua opinione sotto l'apparente equidistanza e l'apparente condanna della guerra civile ha permesso ad Igor Man di pubblicare un 'autorevole' editoriale su di un autorevole quotidiano. E gli permette di influenzare l'opinione dei lettori frettolosi con uno stile di scrittura che dice senza dire, che suggerisce e insinua facendo finta di non prendere posizione, e di dolersi della lotta fratricida. Dafinirei questo stile, questo modo di far capire le cose senza dirle esplicitamente come uno stile mafioso. E l'unico termine che mi viene in mente.
Dottor Anselmi, miu vuole dire per favore se e perchè La Stampa accetta questo stile di giornalismo?
Cordialmente
Laura Camis de Fonseca
Associazione Italia Israele Torino