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Il pessimo articolo di Igor Man 14/06/2007
Una lettera inviata alla Stampa il 13 giugno 2007, e da non ancora  pubblicata.

Gentile  Direttore,
 
Così  come ieri   ho  voluto   complimentarmi  con Francesca Paci,  non posso fare a meno  di  notare  il pessimo  articolo di Igor Man oggi  su 'la follia fratricida  di  Gaza'.    Riterrei prova    di  grande  correttezza   da parte de  La Stampa'  se  volesse pubblicare anche questa mia lettera,   pur  se necessariamente   lunga.
 
Perchè  mi  permetto di giudicare pessimo  l'articolo di un  grande editorialista   come  Igor Man?  Provo a spiegarlo.
 
Si tratta di una  presentazione riassuntiva  e  sintetica  della  situazione,  che  nulla aggiunge alla   conoscenza  dei fatti  da parte del lettore.   Se il lettore  non fosse già  ben  informato sui fatti,  avrebbe   difficoltà a capire  di chi si  parla.     Un lettore   poco informato avrebbe  difficoltà a capire   che  il 'raiss in piena ansia elettorale'  è Mubarak -   che quel  'presidente-pasdaran'  è  Ahmadinejad  -  che  'il partito di Dio  creato nella Bekaa  dai pasdaran'    sta  per Hezbollah,   vista come  creazione   degli Iraniani in  Libano.  
E che dire   dei 'guru  di Zamalek' ?   Che percentuale di lettori  può  sapere a chi si allude?   Io  ho dovuto andare  a  far ricerche su Wikipedia,  e non credo di essere   la lettrice  più  disinformata   sulle questioni medio orientali.
 
In che consiste dunque  l'essenza   dell'editoriale  di Igor Man?    Nella  sua  capacità di   creare   uno  scenario  schematizzato,  in cui  la   descrizione  ed interpretazione  dei  fatti  viene  sostituita   da  giudizi impliciti nelle definizioni dei personaggi.    Fatti e personaggi non vengono quasi mai  raccontati,  ma   posizionati sulla scena  con una  maschera  che ne suggella   l'identità   e  già  la giudica  moralmente,   ma  fra le righe,  senza  parere.      Vediamo  gli esempi.
 
  Abu  Mazen  è  il  'ricco palazzinaro per bene',  'l'ex palazzinaro miliardario'   che  grida alla radio  'Difendete  la vostra dignità,  il vostro onore',   e  accetta   l'idea  che 'un giorno,   non certo vicino,  potrebbero esserci in Terra Santa  due stati : Israele  (grande potenza atomica) e Palestina ('principato turistico'  sul modello monegasco)'.    Aggiungiamoci    che  Abu  Mazen   sostiene   che   'l'unica guerra che non prevede sconfitte  si combatte col realismo della ragione',  e  che  è consapevole   che   Israele  è capace  di   superare  le crisi  interne.  ' Dunque è pura follia  pensare di ottenere  un minimo di giustizia combattendo',   scrive Igor  Man.  E   non si capisce  se si tratta dell'opinione  di  Abu Mazen,  o se si tratta  dell'opinione di Igor Man,  o  di chi...     E' una  breve  frase  buttata lì,   legata a quella precedente  da  un ' dunque'   che a  una lettura rapida  porta ad attribuire il giudizio,  che probabilmente è  di Igor Man,   ad Abu  Mazen.   E il gioco è fatto.   Il carattere  è costruito  e  giudicato  come  un  ' palazzinaro'  senza  ideali e senza  fierezza,   benchè   Igor Man non paia   prendere  una  posizione chiara ed esplicita.     Un articolo che nei primi paragrafi  partiva  da una  presentazione apparentemente  positiva  di Abu Mazen   come paladino della razionalità  (anche  se la prima goccia   di veleno    era già   in   quel  definirlo  'presidente della cosiddetta  Autorità palestinese,   che   può  alludere  sia  all'impotenza  dell'Autorità  Palestinese  come istituzione,   sia  alla mancanza di autorità  di Abu Mazen),   finisce  col  proporre   una  valutazione  politicamente  e  moralmente   negativa  di Abu Mazen,    senza mai dirlo esplicitamente.
-  Ma in questa 'follia fratricida  di  Gaza'    Abu  Mazen non  può   essere  l'unico personaggio,  deve   essere  rappresentato   anche  il  capo dell'altra  fazione, ovviamente:    Ismail Haniyeh.   Che ci dice  di lui Igor Man?    Che   fu soltanto grazie al suo deciso intervento  'se  il parlamento palestinese  bocciò una mozione di maggioranza  che,   sia pure con  un tortuoso giro di parole,  accusava Abu Mazen  d'essere  un Quisling,  il servo del 'sinistro duetto' : Usa-Israele.'   Di lui  si narra soltanto un  gesto positivo  di lealtà e di pacificazione degli animi  (e nel frattempo si  inserisce  un  tassello negativo alla percezione di Abu Mazen  da parte del lettore).    Poi di lui  non si dice  più nulla.  Possibile?   Ma  allora  chi    sta combattendo  questa guerra  fratricida  contro  Abu Mazen  e il suo Fatah?     Igor Man  ci dice  che 'alla radice della  piccola   (sic!)  guerra civile' ...' troviamo il giuoco infernale di Hezbollah'.   Finalmente  ci siamo,  pensa  il lettore superficiale ma ansioso di capire.  Ora    sapremo  chi è l'altro personaggio, che rappresenta   l'altro combattente.    Invece ecco che  cosa segue: 
' Il partito di Dio,  creato nella  Bekaa  dai pasdaran  subito dopo la vittoria  di Khomeini, ha combattuto contro il vertice  libanese (sic!)
per conto terzi  (leggi la Siria);  oggi, con le armi  e le vesti di Hamas, è sceso in campo a  Gaza  per  un golpe  che tuttavia  non  sembra tale se non  fosse per il disperato  proclama di Abu Mazen'.   Che cosa  ha capito  a questo punto  il lettore  frettoloso?   Che   l'altro  fratello  combattente  non è  Hamas,  ma qualcuno  venuto da fuori,   che usa  i panni di Hamas,   ma che tutto sommato non fa nulla  di male.   Soltanto  Abu  Mazen  giudica  questa intrusione  un 'golpe' e  fa nascere  tutta questo can can...  soltanto Abu  Mazen   ne fa scaturire  una guerra  fratricida  'da parte degli irriducibili di Hamas  che non ascoltano nessuno'.    Viene da  pensare  con  tenerezza   al povero Haniyeh  che voleva  la pace,  ma  per colpa  dei  proclami di Abu  Mazen  non riesce a fermare... chi?  Altri Palestinesi  rappresentati da  Haniyeh stesso?   No!   Questo  'partito di Dio'  creato  dai pasdaran  che usa le armi e le vesti di   Hamas,  e che  il lettore  medio,    come  abbiamo già  visto,   non   è  probabilmente  in grado  di capire  chi  sia.    
 
Se  Igor Man avesse semplicemente scritto  in  favore  di  Hamas e contro Abu   Mazen,  la Stampa avrebbe pubblicato  il suo editoriale? Presumo di no.     L'aver camuffato   la  sua  opinione  sotto  l'apparente    equidistanza  e l'apparente condanna della guerra civile  ha permesso ad Igor Man di  pubblicare   un 'autorevole' editoriale  su di un autorevole quotidiano.   E  gli  permette di  influenzare   l'opinione dei lettori   frettolosi   con   uno stile  di scrittura  che  dice senza dire,  che   suggerisce  e  insinua    facendo finta di non prendere  posizione,  e di   dolersi  della lotta fratricida.      Dafinirei  questo stile, questo modo di  far    capire  le cose  senza  dirle  esplicitamente  come uno stile  mafioso.   E l'unico termine che mi viene in mente.
 
Dottor Anselmi,  miu vuole  dire  per favore  se  e   perchè  La Stampa  accetta questo stile  di  giornalismo?
 
Cordialmente
 
Laura Camis de Fonseca
Associazione Italia Israele Torino

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