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Una lettera a Giulia Vola 13/06/2007
Una lettera inviata alla STAMPA, a proposito dell'articolo che abbiamo criticato qui:

Ho letto con dolore profondo il suo articolo, e desidero spiegarle la
ragione di ciò.
Lei inizia col parlare dell'uccisione di un bambino palestinese: questa è
sempre una tragedia, e lo è soprattutto per un israeliano: sappia che là
tutti hanno profondo il senso della sacralità della vita di tutti, ma
soprattutto dei bambini. Ma in guerra, purtroppo, accadono delle cose che
sono giustificate dal fatto che, senza quelle, probabilmente, le disgrazie
sarebbero state ancora più grandi.
Lei scrive dei bambini che volano oltre i muri; che belle parole che trova,
dimenticando però, per esempio, come sempre ha fatto nella sua carriera, che
anche i bambini di Gilo vissero a lungo protetti da un muro che è ancora là,
coi loro disegni, per proteggerli ....dalle fucilate chissà di chi.
E' certo vero che il futuro della Palestina è in mano ai bambini di oggi,
come scrive lei: sarebbe bene, però, se un pò tutti, giornali, TV, imam,
cinema, libri scolastici non inculcassero loro tutte quelle idee che portano
inevitabilmente alla creazione di shahid. E' questo che lei vuole, signora
Vola?
Parla poi di vittoria democratica, lei. Ma forse dimentica che, per parlare
di democrazia ci vuole una libertà di tutto, di stampa e di espressione e di
pensiero che in Palestina non esiste.
Scrive poi che, avendo perso gli aiuti internazionali i palestinesi hanno la
pancia vuota. Vede, signora Vola, se solo si informasse un pochino, saprebbe
che, da quando gli aiuti sono stati bloccati, le entrate sono raddoppiate. E
allora, come la mettiamo con la pancia vuota? E' vero, è vuota per quasi
tutti, ma pensi un pochino chi se la riempie, e provi magari ad avere il
coraggio di denunciarli.
Non so se lei è stata così cortese da arrivare alla fine di questa mia
lettera, ma se si, impari da quelli che, più onestamente di lei, dicono ai
palestinesi che, se vogliono davvero stare tranquilli, in un paese
democratico e in pace, devono smetterla con il terrorismo (Bertinotti
docet). Anche l'Egitto, acerrimo nemico di Israele, è stato capace di
riconoscere l'esistenza del suo vicino, e ha ricevuto indietro tutto quello
che aveva perso con le sue guerre sconsiderate. A già, tutto tranne Gaza,
che non ha proprio voluto indietro per gli abitanti impossibili che ospita,
come non è così difficile da scoprire, se non si ha il paraocchi.
Emanuel Segre Amar

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