Gli eroi del dissenso nel mondo islamico Fiamma Nirenstein li ha incontrati a Praga
Testata: Il Giornale Data: 08 giugno 2007 Pagina: 12 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Praga riunisce i dissidenti di tutto il mondo»
Dal GIORNALE dell'8 giugno 2007, un articolo di Fiamma Nirenstein :
Un dato certo su una costellazione molto composita: credono in se stessi ma sperano forte anche nell’intervento concreto degli Stati Uniti. Dell’Europa non parlano molto. Un secondo dato certo, solo eroi, con storie da brivido e da lacrime, ricche di una vita degna di questo nome. E magari non sarà beata la terra che ne ha bisogno, ma beato chi ha incontrato come me a Praga i dissidenti pervenuti da tutto il mondo per i due giorni della conferenza su “Democrazia e sicurezza” indetta da due eroi più un politico coraggioso: Vaclav Havel, che vinse alla testa del popolo cecoslovacco la rivoluzione democratica nel 1989, Nathan Sharansky, refusenik rinchiuso per un decennio nelle carceri sovietiche, e Josè Maria Aznar. La conferenza, dice Vera Golobesky, che è la responsabile degli affari esteri del centro Shalem di Gerusalemme dove siede Sharansky, deve essere una pietra di riferimento, un punto di partenza che non si può ignorare : uomini solitari e in pericolo di vita promuovendo la democrazia a casa loro, dalla Siria alla Bielorussia, a Burma, a Cuba , all’Arabia Saudita, promuovono anche la nostra sicurezza. Sharansky l’ha scritto e Bush l’ha compreso: una democrazia non attacca un’altra democrazia. Loro fanno tanto per noi: vediamo cosa siamo in grado di fare per loro.”
Gli eroi intervenuti a Praga certamente quando ieri sono tornati a casa o al loro esilio, hanno trovato condizioni di sicurezza ancora più delicate del solito. Il professore egiziano Saad Eddin Ibrahim, il più famoso fra i combattenti per i diritti umani nel mondo arabo, ha gli occhi brillanti e il sorriso sulle labbra: “Quando nel 2000 mi condannarono a sette anni e mi buttarono in carcere, ho deciso di sorridere sempre, per dimostrare ai tiranni che sono più forte di loro”. Farid Ghadri, giovane leader democratico siriano sicuro che sia giunto il tempo del cambio di regime degli Assad, sta per andare in visita addirittura in Israele, dove parlerà alla Knesset: “Gli israeliani non devono parlare con i dittatori come Assad o, a suo tempo, Arafat, i democratici sono per Israele, la via per la pace. Sa che Gerusalemme è una meta davvero pericolosa: “Ma c’è stata una volta in cui ho capito cos’era la tirannia araba: quando in Arabia Saudita il muezzin chiamò alla preghiera, e il corpo dei guardiani della fede mi picchiò duro per strada perché non mi ero affrettato a piegarmi”. Farid spiega che il vero eroe a cui bisogna guardare è il piccolo gentleman con giacca e cravatta nera che non parla inglese, un deputato siriano ora rifugiato in Libano, dove pure vive nell’insicurezza a causa degli Hezbollah, e che ha passato anni di galera per aver tenuto al Parlamento discorsi sui diritti umani. Homsy ha buon seguito personale a Damasco e Bush l’ha indicato ad esempio nel suo discorso pubblico con una dissidente cinese. Dice: “La Siria è essenziale, è il nodo fra Iran, Hezbollah, terrorismo in Irak, pace in Israele”. Anche gli iraniani ripetono che dobbiamo muoverci, che lo si faccia per noi stessi se non per loro, perché Ahmadinejad prepara la bomba atomica: sembra un bambino Amir Abbas Fakhravar, perché ha cominciato giovanissimo, da capo degli studenti a essere arrestato e torturato. E’ stato cinque anni in carcere. “La rivoluzione è pronta, qualcuno però deve schioccare le dita, aiutare, dare il segnale del cambio di regime”. L'Irak è il problema di tutti, perché suggerisce tutte le difficoltà della democrazia anche dopo il cambio di regime. Ma è pieno di coraggio anche un grande uomo come il deputato Mithal Alalussi, perseguitato a suo tempo da Saddam, i cui due figli sono stati uccisi sotto i suoi occhi dopo un viaggio in Israele: "Gli iracheni ce la stanno mettendo tutta e guai se gli americani li abbandonderanno. E comunque, l'Iran è la chiave - spiega Alalussi - se qualcuno non fa qualcosa, siamo finiti". Ognuno merita un romanzo: i bielorussi, i burmensi, i latino americani. L'estremismo micidiale che aiuta le dittature è il nemico comune.
Nessuno, dice l’intellettuale dissidente più famoso, Walid Fares, deve provarci con i dissidenti libanesi dicendo che gli Hezbollah sono un partito legale, o con le elezioni legali di Hamas, che non sono frutto di democrazia, ma di sfruttamento cinico delle sue vie, che in Sudan le stragi sono frutto di scontri etnici. Tutti, per aiuto e giusto riconoscimento, guardano all’America, tutti chiedono di non trattare con i dittatori, tutti spiegano che sono loro il nuovo interlocutore storico per evitare anche la nostra rovina. Così ripetono anche i palestinesi Bassam Id, attivista dei diritti umani, e il bussinessman Issam Abu Issa. Deciso e duro, con la sua coda di cavallo e la sua vita internazionale, Eli Khouri, il giovane iniziatore della rivoluzione dei cedri, che vive tra Beirut e il mond, spiega l’”sms è il primo strumento della rivoluzione democratica e anche un po’ di carta e una tipografia volenterosa, molto cuore e apertura mentale. Ma soprattutto, sostegno internazionale, quale che debba essere, costi il rischio che costa. E’ nel vostro interesse”
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