Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Partono dai campi profughi palestinesi per cedere un rene in cambio di alcune migliaia di dollari un reportage di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 02 giugno 2007 Pagina: 1 Autore: Davide Frattini Titolo: «I profughi palestinesi vendono organi agli arabi ricchi»
Dal CORRIERE della SERA del 2 giugno 2007:
BAQAA (Giordania) — Partono a decine, probabilmente a centinaia dai campi profughi palestinesi, lo fanno per cedere un rene. Riceveranno qualche migliaio di dollari, soldi che si consumeranno in fretta, per consentire ad arabi dei Paesi vicini di affrancarsi dalla schiavitù della dialisi. I trapianti costano, a chi se li può permettere, fra i 20 e i 50 mila dollari. I mediatori prima facevano perno su Bagdad, oggi la destinazione è soprattutto l'Egitto. Per chi vende il suo rene, il rischio dell'arresto in Giordania e il disprezzo della comunità.
Il brutto è quando ti chiedono di alzare la maglietta e sul fianco, da parte a parte, compare il sorriso sghembo di uno scherzo cattivo che ti sei fatto da solo. Il peggio è che in tanti possono chiederlo: la polizia per arrestarti, i tuoi genitori che non ti parleranno più per mesi, i genitori della fidanzata per sapere «se sei uno di quelli». Resta solo la cicatrice, i soldi sono andati, quasi tutti e quasi subito, i ricordi stanno rintanati. I ricordi di come è cominciato il viaggio, di chi ha iniziato questa catena di Sant'Antonio dove i santi vanno all'inferno, di un vicino di casa che è stato via per un paio di settimane ed è tornato un po' ricco. Il campo rifugiati di Baqaa è grande e sovrappopolato. Non ci sono segreti per i 130 mila palestinesi che ci vivono ammassati. I blocchi di cemento stanno appiccicati uno sull'altro, tra le vie strette rotolano il pattume e i pettegolezzi. «È stato facile — racconta Ahmad —. Ho chiesto a qualcuno, che sapeva di qualcun altro, un cugino, un parente. Ho detto "portatemi, voglio venire anch'io". Adesso non lo rifarei, allora sembrava una soluzione: vendere un rene e con il guadagno aprire un ristorante». Allora Ahmad era ancora più giovane, 23 anni. «Alla fine del 2000 sono arrivato a Bagdad, in autobus da Amman. Ho eseguito i test, il mediatore ha cercato un cliente compatibile con i miei tessuti e il mio gruppo sanguigno». Qualcuno disposto a pagare fino a 20 mila dollari per comprarsi la libertà dalla macchina per la dialisi. Il ministero della Sanità ha rivelato che ottantuno giordani sono andati all'estero — tra Iraq, Egitto, Pakistan, Cipro, Libano — a vendere un organo. La maggior parte vengono da Baqaa e come Ahmad sono giovani sotto ai trent'anni, senza lavoro, che credono di aver trovato una scorciatoia per uscire dalla miseria. Il ministro Saad Kharabsheh non vuol parlare di «fenomeno sistematico». I medici sanno che i casi potrebbero essere centinaia, nel dossier sono finiti solo gli episodi arrivati in tribunale. «Il 99% sono uomini, il 46% è sposato, il 43% vive sotto il livello di povertà, il 60% non ha finito le scuole», spiega il nefrologo Mohammed Lozi, tra i fondatori dell'organizzazione che promuove le donazioni legali. La legge favorisce gli scambi tra parenti e vieta il commercio di organi: i trafficanti rischiano fino a sei mesi di carcere, una multa di 6-8 mila dollari (quest'anno sono già state arrestate dieci persone). L'intermediario di Ahmad è un libanese con passaporto iracheno e contatti in tutto il Medio Oriente. «Talal, così si chiama o si chiamava. Ho saputo che è stato arrestato, forse l'hanno condannato a morte. Da quando è scoppiata la guerra nel 2003, in pochi hanno corso il rischio di andare a Bagdad per vendersi un rene. Non abbiamo più notizie. Se arrivavi e non eri convinto, ci pensava lui dissuaderti. Elegante, giacca e cravatta, un uomo d'affari. Ti fidi. Dicono che muovesse armi, droga, esseri umani». Fino a quattro anni fa, il 70% del traffico illegale dalla Giordania andava verso l'Iraq. «Adesso la destinazione è soprattutto l'Egitto — continua il dottor Lozi — dove è vietato comprare un rene da un egiziano ma è consentito se il donatore viene dall'estero. Al Cairo ti operano anche in un appartamento, cliniche improvvisate, gli standard medici e igienici sono bassissimi, c'è il rischio di infezioni. Dopo pochi giorni, il donatore viene minacciato e buttato fuori dal Paese, non riceve le cure necessarie». Ahmad è rimasto a lungo a Bagdad. E non è stata una fortuna. Ha lo sguardo furbo di chi vuole divertirsi e lo sguardo indurito di chi ha capito che non può prendersi un pezzo della torta neppure se dà via un pezzo del suo corpo. «Vivevo in un appartamento con altri quattro giordani, due da Baqaa e due da Salt. Talal ha pagato le spese per un mese, fino a quando ha trovato il cliente, uno yemenita. Ho voluto incontrarlo, abbiamo parlato per quasi un'ora. Ho pensato "lo sto aiutando, vivrà più a lungo". Una mattina mi hanno svegliato e mi hanno detto che era il giorno dell'operazione. Ho avuto paura. Talal mi ha pagato 6 mila dollari, lui ne ha intascati 20 mila. Dopo l'intervento, ho vissuto là un altro mese e ho speso tutto. Talal è proprietario di nightclub, ristoranti. Il mio rene se n'è andato in alcol e ragazze». Decide di tornare a casa, ha bisogno di soldi. «Il libanese mi ha promesso 500 dollari per ogni persona che gli avessi portato, sono ripartito sette giorni dopo con due palestinesi di Baqaa. Adesso ho smesso, ho capito che è sbagliato». Ahmad ha smesso, i viaggi della disperazione continuano. Nel campo rifugiati raccontano di un cameriere che è andato al Cairo otto mesi fa e ha venduto l'occhio sinistro, per un trapianto di cornea. «Non avrebbe mai risparmiato quella cifra in tutta la vita», dicono. I «privilegiati» hanno il gruppo sanguigno «0 negativo», più raro, alla Borsa degli organi un loro rene può valere 50 mila dollari. «Stiamo cercando di ridurre il fenomeno con una campagna di educazione — spiega El-Lozi —. Abbiamo portato in televisione chi ha mercanteggiato un organo per far capire quanto è pericoloso. Allo stesso tempo, vogliamo favorire le donazioni in Giordania, partendo dal consenso per gli espianti da cadaveri». Alcuni leader musulmani, preoccupati dal traffico clandestino tra i Paesi arabi, sostengono che gli imam debbano pronunciarsi con una fatwa per fermare lo scambio illegale. Solo sua madre ha provato a fermare Ibrahim. Quando ha capito che stava andando in Iraq, lo ha denunciato alla polizia. «La segnalazione è arrivata alla frontiera troppo tardi — racconta lui, 27 anni — e sono riuscito a passare. Sono stato arrestato al ritorno, mi hanno interrogato per sapere il nome del mediatore». Nel 2002 il rene di Ibrahim è passato a un palestinese venuto dalla Cisgiordania. «Ho ricevuto 3 mila dollari, la metà li ho spesi a Bagdad». Il corpo è minuto, fragile, non ha più i muscoli che si era costruito in palestra, istruttore per chi se lo poteva permettere, pochi che pian piano sono diventati nessuno e Ibrahim ha perso il lavoro. Si sente fortunato, è sposato da sei mesi, la moglie Doha è incinta. «Quando ci siamo fidanzati, ho raccontato ai genitori di aver venduto un rene. L'avrebbero saputo da altri, comunque. La gente di Baqaa mi scruta con occhi diversi, con disprezzo. Ogni sera guardo la cicatrice e penso: "I soldi vanno e vengono, il mio rene non ritorna"».
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