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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Foglio Rassegna Stampa
01.06.2007 L'intesa strategica tra Israele e Azerbaigian
fondata sulle forniture di petrolio e su un problema comune: l'Iran

Testata: Il Foglio
Data: 01 giugno 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Gerusalemme accerchiata vive grazie al petrolio di Baku»
Dal FOGLIO del 1 giugno 2007:

Gerusalemme. Nel luglio del 2001 una nave da guerra iraniana minacciò la piattaforma di esplorazione azera nel Caspio, la Geophysic 3. La Turchia si dichiarò pronta a difendere l’Azerbaigian. Una settimana prima, in visita ad Ankara, il premier israeliano, Ariel Sharon, aveva annunciato l’intenzione di intensificare le relazioni con i due paesi. Non erano parole di circostanza. L’auspicio fu messo alla prova e, quando lo scontro diplomatico con Teheran raggiunse il culmine, Baku fu rassicurata: Gerusalemme si sarebbe schierata dalla sua parte. Il triumvirato contro l’aggressione iraniana era nato. La convergenza israelo-azera è stata confermata in questi anni da scambi di intelligence e dall’installazione di “centrali di ascolto” israeliane lungo il Caspio e il confine con l’Iran, dove sono stati posizionati anche i radar statunitensi che tanto impensieriscono Teheran. Nell’agosto 2004 un gruppo di ufficiali iraniani si è recato a Baku con la missione di rompere un asse strategico che oltre a Turchia e Israele comprende anche la Georgia. Il tentativo è stato vano. Le alleanze di Baku sono la conferma di una scelta di campo strategica che mira a inserirla tra i paesi amici dell’occidente. Da una parte c’è l’Iran, che teme le rivendicazioni indipendentiste della sua regione azera e l’attrattiva laica rappresentata da Baku; dall’altra l’Azerbaigian, indipendente, turcofono e sciita, che teme il contagio fondamentalista persiano. In questa chiave, è facile comprendere come intorno al conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian sul Nagorno Karabakh si giochi la sfida di potere nella regione: da una parte Ankara e Gerusalemme, dall’altra Teheran e Mosca. Dal ’92 al ’94 gli uni hanno armato Baku, gli altri Yerevan. Per Israele, l’Azerbaigian – punto di partenza dell’oleodotto che da Baku, passando per Tblisi, arriva al porto turco di Ceyhan – è sia la porta d’ingresso al “corridoio energetico” che va dall’Asia centrale al Caspio, sia un potenziale “corridoio aereo” verso l’Iran e l’Afghanistan. Il legame con Baku ha permesso a Gerusalemme di espandere la sua influenza sul Caucaso, contrastando le ambizioni dell’Arabia Saudita e dei paesi del Golfo Persico. Israele è il secondo acquirente di petrolio azero dopo l’Italia e la sua posizione apre all’Azerbaigian un porto meridionale decisivo per il sudest asiatico e la Cina. Sono in corso negoziati per realizzare un oleodotto sottomarino che unisca Ceyhan al porto di Ashqelon, un’operazione che collegherebbe Baku ad Eilat. Tra i più convinti fautori della politica israeliana nella regione, a partire dalla fine degli anni 90, c’è il leader del Likud e potenziale candidato premier, Benjamin Netanyahu. Tra il 2000 ed il 2005 Israele è passato da decimo e quinto partner commerciale azero. Attualmente la fornitura di petrolio a Gerusalemme frutta a Baku circa 700 milioni di dollari all’anno, ma sono consistenti anche gli investimenti israeliani in Azerbaigian. Bakcell – il secondo operatore di telefonia mobile dopo la turca Turkcell, nata come joint venture israelo-azera – da gennaio è passata interamente nelle mani dall’israeliana Gtib. Eppure, permangono le resistenze politiche. Israele ha un ambasciatore a Baku, ma l’Azerbaigian, dopo sedici anni di rapporti diplomatici, ancora tentenna. I dubbi potrebbero presto essere vinti grazie ad un cavallo di Troia: una lobby di ebrei azeri, Azis, parola che unisce le iniziali dei due stati e significa caro, amato. “Subito dopo la nascita di Azis, il 12 aprile – racconta il presidente dell’organizzazione, Yosef Shagal – il ministro dei Trasporti israeliano, Shaul Mofaz, ha invitato in Israele il collega azero”. Sempre grazie ad Azis, il ministro per le Infrastrutture, Binyamin Ben-Eliezer, ha avuto contatti diretti con Baku superando i tempi dei canali tradizionali. Il primo obiettivo della lobby, che aspira a riunire sotto il suo ombrello tutti gli ebrei azeri, circa 80 mila persone, è quello di elevare la rappresentanza diplomatica dell’Azerbaigian a Gerusalemme. Secondo Victoria Dolinsky, membro del board di Azis, il suo paese ha finora tratto soltanto benefici dalle sue relazioni con lo stato ebraico. Per questo è convinta che la svolta sia vicina e cita un detto azero: “Sposare una donna russa è un disastro, sposare un’ebrea, una benedizione”.

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