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La Stampa Rassegna Stampa
29.05.2007 L'America chiede all'Iran di non sostenere il terrorismo
la risposta è una condanna dell'"occupazione" dell'Iraq

Testata: La Stampa
Data: 29 maggio 2007
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Usa e Iran 350 minuti allo stesso tavolo»
Dalla STAMPA del 29 maggio 2007:

Non vi sono stati sorrisi ma neanche litigi. Il primo incontro ufficiale fra gli Stati Uniti e l’Iran dopo 27 anni di gelo si è svolto a Baghdad di un’atmosfera segnata da estrema concretezza e timide aperture che, date le forti tensioni bilaterali, può essere considerata un piccolo passo avanti. Il faccia a faccia fra le delegazioni guidate dall’ambasciatore americano Ryan Crocker e l’inviato iraniano Hassan Kazemi Qomi avrebbe dovuto terminare dopo due ore ma a conti fatti è durato ben più a lungo. Tutto si è svolto nella sala delle conferenze dell’ufficio del premier iracheno Nuri Al Maliki che dopo aver dato il formale benvenuto si è chiuso la porta alle spalle. E’ stato allora che, come ricostruito da Crocker e Kazemi Qomi, ci si è parlati «come avviene negli incontri di business».
Entrambi hanno iniziato esprimendo le rispettive opinioni sulla situazione in Iraq e per Crocker «la loro lettura non è molto diversa dalla nostra». Poi è stato l’iraniano a prendere l’iniziativa, suggerendo la creazione di un «gruppo di lavoro trilaterale per consultazioni sull’Iraq». Crocker ha reagito, assicurando che «sarà Washington a esaminare la proposta» ma il fatto stesso che Teheran l’abbia avanzata viene interpretato come un segno di apertura. L’ipotesi della creazione di un «meccanismo di sicurezza trilaterale» fra Usa, Iran e Iraq è stata proposta da Kazemi Qomi al fine di creare un forum di consultazione permanente con Washington. Prima di accettare la Casa Bianca vuole però appurare le intenzioni di Teheran in ragione del fatto che durante il colloquio le prime frizioni vi sono state quando Kazemi Qomi si è offerto di «addestrare ed equipaggiare l’esercito iracheno» e Crocker gli ha prontamente ribattuto: «Lo stiamo facendo da tempo ed abbiamo investito letteralmente miliardi di dollari».
Altro momento di fibrillazione si è verificato quando Crocker ha chiesto alla controparte di «porre fine al sostegno alle milizie che attaccano le truppe irachene e della coalizione, all’invio di esplosivi adoperati per gli attentati ed alle attività di gruppi come la Forza Al Qods dei pasdaran». La reazione iraniana è stata di lamentare le conseguenze negative della «presenza di truppe americane nelle terre irachene occupate». Nel complesso il dossier-Iraq è stato sviscerato a lungo evitando di far riferimento a temi bilaterali molto spinosi che avrebbero potuto portare a una situazione di impasse: dalla detenzione di pasdaran da parte dell’esercito Usa all’arresto di cittadini americani in Iran, dal programma nucleare di Teheran alle manovre dell’Us Navy nel Golfo Persico. Al termine è stato Al Maliki a tornare nella sala, facendo sapere agli ambasciatori che in tempi brevi Baghdad estenderà un «nuovo invito» per poter continuare i colloqui.
«Quando lo riceveremo lo prenderemo in considerazione», ha risposto Crocker. A colloqui conclusi è stato il ministro degli Esteri iraniano, Manoucher Mottaki, a farsi sentire da Teheran auspicando una «ammissione americana degli errori commessi nella regione» con toni assai più moderati rispetto al linguaggio adoperato dai portavoce governativi nei giorni precedenti. Crocker e Kazemi Qomi si sono parlati come avveniva ad americani e sovietici durante la Guerra Fredda: rispetto dell’agenda concordata, nessuna concessione e porte aperte a nuovi incontri.
A giornata finita fonti diplomatiche a Washington parlavano di un «inizio da verificare» constatando tuttavia con toni positivi che non vi è stato alcun corto circuito. Saranno le prossime settimane a dire quanto i 360 minuti di Baghdad hanno schiuso le porte ad una possibile cooperazione trilaterale sulla sicurezza in Iraq e dunque ad una diminuzione della tensioni nel Golfo. Ma quanto avvenuto è comunque sufficiente a Nancy Pelosi, presidente democratico della Camera dei Rappresentanti, per plaudire da Berlino ad «un evento molto importante» perché «ciò di cui vogliamo essere sicuri è che ogni possibile rimedio diplomatico in Iraq sia stato esplorato».

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