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La Repubblica Rassegna Stampa
28.05.2007 Al Fatah però è innocente
Alberto Stabile alla cronaca aggiunge l'apologia dei terroristi "buoni"

Testata: La Repubblica
Data: 28 maggio 2007
Pagina: 23
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «"Io, dirottatore dell´Achille Lauro insieme all´Al Qaeda del Libano"»
Dalla REPUBBLICA l'articolo di Alberto Stabile su Nahr el Bared, il sequestratore dell'Achille Lauro che ora combatte al fianco di Al Qaeda. l'argomento è lo stesso di Frattini sul CORRIERE, ma Stabile aggiunge sue considerazioni personali che nulla hanno a che fare con i fatti.
"Che nel campo assediato vi sia una presenza di miliziani fedeli all´al Fatah della tradizione, è possibile ma che contino qualcosa è da escludere." assicura, e bisogna credergli sulla parola.
Inoltre
"quel che dice al Ashker interessa solo perché descrive un percorso comune a molti palestinesi che negli anni passati hanno militato nei gruppi della guerriglia e del terrorismo internazionale ed ora, fatalmente, sono tornati da dove erano partiti." E qui non si tratta di credergli o  non credergli, ma di acconsentire o meno. All'idea che l'episodio non sia significativo perché indica la responsabilità morale e politica di chi liberò gli assassini di Leon Klinghoffer.

Ecco l'articolo:


BEIRUT - Nella babele di Nahr el Bared c´è anche uno dei terroristi dell´Achille Lauro. Bassam al Ashker, 39 anni, ha detto all´agenzia France Press di non avere niente a che spartire con i miliziani jihadisti di al Fatah al Islam, asserragliati nel campo profughi a nord di Tripoli e assediati dall´esercito libanese, ma ha spiegato di aver addestrato giovani «di tutte le organizzazioni» alla guerriglia in Iraq e di aver egli stesso combattuto contro gli americani a Falluja e a Ramadi.
Ai tempi del sequestro dell´Achille Lauro (7 ottobre 1985) Bassam al Ashker aveva 17 anni, un adolescente finito nei ranghi del Fronte di Liberazione della Palestina, guidato da Abu Abbas, mandante e stratega di un dirottamento insolito che avrebbe tenuto il mondo per giorni in tensione. Era la prima volta che un gruppo di terroristi s´impossessava di una nave da crociera e vollero subito dimostrare la crudeltà delle loro intenzioni uccidendo un turista ebreo di 68 anni, Leon Klinghofer, costretto su una sedia a rotelle, gettandone in mare il cadavere. Qualche giorno dopo, a sequestro finito, Al Ashker venne arrestato assieme ad altri complici e rinchiuso in un carcere italiano, mentre il suo capo Abu Abbas, riuscì ad approfittare del conflitto che si aprì tra il governo italiano e quello americano per farla franca. Abu Abbas, sarebbe stato trovato morto nell´aprile del 2003, probabilmente stroncato da un infarto, nella sua casa di Bagdad dove viveva da 18 anni, proclamando la sua fedeltà a Yasser Arafat e la sua gratitudine al regime di Saddam Hussein. Il giovane Bassam, invece, avrebbe dovuto scontare sei anni di carcere, in Italia prima di ottenere la libertà con l´obbligo di non allontanarsi.
Figuariamoci. Nel 1991, subito dopo esser uscito dal carcere, racconta lui stesso alla France Presse, grazie alla misteriosa ragnatela di percorsi, appoggi e complicità intessuta dall´internazionale palestinese, Al Ashker raggiunge l´Iraq dove risiederà per 14 anni. Inquadrato nel «braccio armato» di Al Fatah, definizione troppo generica per voler dire qualcosa di preciso, «ho addestrato - rivela - giovani palestinesi reclutati per combattere gli americani al fianco della resistenza irachena. Io stesso ho combattuto a Falluja e a Ramadi e ne sono fiero». Bassam rivendica la sua appartenenza all´al Fatah "ufficiale" e nega d´avere legami con i jihadisti (al Fatah al Islam) che da lunedì tengono sotto scacco l´esercito libanese. Come professionista della guerriglia, ne riconosce il valore e arriva ad ammettere che «se potesse servire a combattere Israele sarei pronto a stare al loro fianco». Ma li giudica dei «fanatici che credono soltanto nella loro religione».
Che nel campo assediato vi sia una presenza di miliziani fedeli all´al Fatah della tradizione, è possibile ma che contino qualcosa è da escludere. A nord di Tripoli sono gli uomini di al Fatah Intifada che controllano i campi, la stessa organizzazione filosiriana da cui si sono separati i jihadisti di al Fatah al Islam. In realtà, quel che dice al Ashker interessa solo perché descrive un percorso comune a molti palestinesi che negli anni passati hanno militato nei gruppi della guerriglia e del terrorismo internazionale ed ora, fatalmente, sono tornati da dove erano partiti. Grazie al regime di extraterritorialità di cui godono, i campi profughi libanesi sono diventati zone franche, in cui sono riusciti a infiltrarsi guerriglieri dal passato ingombrante, nuove reclute della Jihad globale. E mentre la maggior parte dei civili se ne va per sfuggire alle bombe, molti se ne stanno lì a vedere come andrà a finire, o semplicemente perché non potrebbero superare il primo posto di blocco senza essere arrestati.

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