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L’eredità di Bella Kugelmann Minka Pradelski
Traduzione di Francesco Porzio
Neri Pozza Euro 15,50
Che cosa lega Bendzin, un villaggio polacco vicino a Katowice e Tel Aviv, una moderna città israeliana? Quale filo invisibile unisce le esistenze della giovane e stralunata Zippy Silberberg, una ragazza ebrea di Francoforte e dell’anziana Frau Kugelmann, scampata allo sterminio nazista e trasferitasi in Israele molti anni fa?
Una cassetta foderata di velluto rosso contenente otto forchette e nove coltelli è ciò che resta di un servizio da pesce: un’eredità davvero bizzarra quella che la zia Halina morendo lascia alla nipote Zippy, la quale per prenderne possesso non esita ad intraprendere un lungo e faticoso viaggio da Francoforte a Tel Aviv.
“Una mattina di buon’ora, Frau Kugelmann si presenta senza preavviso nella stanzetta che ho ricevuto in cambio di quella che avevo prenotato…dichiara di essere stata mandata dalla direzione dell’Hotel per controllare se la stanza va bene….esamina il sapone, la polvere negli armadietti, la pulizia dei portacenere, poi all’improvviso accosta una sedia al letto”. E comincia a raccontare i piccoli e grandi avvenimenti che accadevano a Bendzin prima della guerra, i momenti di gioia e di dolore, la povertà e la ricchezza che scandivano la vita quotidiana dei suoi abitanti.
Nella stanza di Zippy non è entrata solo Frau Kugelman ma l’intera cittadina di Bendzin, con i suoi abitanti, le bellissime vie del passeggio “la sontuosa Malachowskiego e l’elegante Kollontaja”, il prestigioso liceo Furstenberg dove anche Bella Kugelmann aveva trascorso i giorni spensierati della sua adolescenza prima che l’orrore si abbattesse sulle loro vite.
I sapori, i profumi, le atmosfere di questo piccolo borgo ebraico si insinuano, suo malgrado, nella vita solitaria e malinconica della giovane Zippy portandovi una ventata di freschezza e riportando alla luce i ricordi di una felicità perduta.
Quasi in punta di piedi, condotti per mano da Frau Kugelmann che ha fatto dell’arte narrativa una ragione di vita, entrano nella stanza di Zippy, incantata dal fascino affabulatorio di Bella, Jacob Teitebaum, “il venditore più abile e veloce della città, capace di accaparrarsi tutti i contadini ma nessuno sapeva perché”; Abrahm Furstenberg, un uomo ricco ma generoso, “lo chiamavano il bell’ebreo benché fosse calvo e grasso, perché era un benefattore, un mecenate, un uomo che faceva del bene”. Con una parte del suo patrimonio sovvenzionò la Jawneschule, una scuola con una impostazione laica e aperta al progresso; Chaia, la fiera polacca, orgogliosa e amante della libertà che non è mai riuscita ad accettare la perdita di Weinreb, il giovane di cui era innamorata, e di tutti gli altri innocenti morti asfissiati nelle camere a gas”; il “mio bell’Adam” il ragazzo di cui Bella si invaghisce “un vero patriota, un nazionalista, pieno d’amore profondo per la patria, il ragazzo più desiderato della scuola”; Mietek, “il più giovane della combriccola era molto amato a scuola ma a casa nel tetro caseggiato dove abitava le cose gli andavano decisamente male….era disprezzato e schernito da tutti i ragazzacci dell’ancor più povero caseggiato”; Occhiodigrasso, così soprannominato per via della sua passione per gli “occhi di grasso” del brodo che si gustava insieme alla zuppa; il dottor Goldstaub, dal cuore d’oro “il medico che curava i poveri gravemente ammalati senza prendere un soldo, sempre per quel sentimento di solidarietà che era così forte a Bendzin”; l’astuto Gonna, che in realtà si chiamava Simon, era un giovane molto intelligente – tanto che i suoi amici volevano chiamarlo Spinoza - ma anche modesto che non amava esibire il suo talento né mettersi troppo in mostra. “Divorava i libri più in fretta di chiunque altro…..aveva sempre un libro fra le mani, leggeva in piedi, sdraiato, mentre camminava”.
La difficoltà per gli ebrei di accedere alle facoltà umanistiche spinge Gonna ad andarsene da Bendzin per studiare filosofia in Palestina. Con uno stratagemma riesce “a partire per la Palestina il 20 agosto 1939, undici giorni prima dell’invasione e così senza saperlo si salvò la vita”.
Alla fine l’orrore giunge anche a Bendzin spezzando le amicizie e distruggendo la vita di tutti i suoi abitanti.
L’autrice con uno stile cadenzato ed elegante, passando da un registro tragico ad uno umoristico sonda con straordinaria concretezza tutti i personaggi anche quelli secondari e riesce a trasmettere nelle descrizioni dei contesti ambientali, nel racconto della vita quotidiana che si svolgeva in quel piccolo borgo ebraico, lo spaccato indimenticabile di un’epoca che ha conosciuto la gioia e la felicità nelle piccole cose e nei semplici gesti di solidarietà prima che la ferocia degli uomini rendesse possibile l’immane tragedia della Shoah.
Il messaggio sull’importanza della trasmissione della memoria che aleggia fra le pagine del romanzo di Minka Pradelski e arriva a noi attraverso la narrazione di Bella Kugelmann, è racchiuso anche nelle parole della scrittrice israeliana Nava Semel:
“ Lo scrittore è come un pescatore, seduto sulle rive di un lago oscuro ma invece di pesce pesca ricordi: questo è il suo compito e la sua responsabilità, riscattare dall’oblio le memorie che altrimenti andrebbero perdute e trasmetterle alla generazione successiva. Già troppo è andato perduto, uomini, cose, non possiamo permetterci di perdere anche il loro ricordo, se non lo trasmettiamo la loro voce non sarà più udita”.
Giorgia Greco |
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