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La Stampa Rassegna Stampa
21.05.2007 Benzina razionata in Iran
ma non vuol dire che il nucleare civile sia necessario

Testata: La Stampa
Data: 21 maggio 2007
Pagina: 16
Autore: Claudio Gallo
Titolo: «Pieno di benzina? Un sogno a Teheran»
Nonostante sia il quarto paese produttore di petrolio al mondo, l'Iran razionerà il carburante.
Il programma nucleare potrebbe dunque servire a porre rimedio a questa difficile situazione ?
E' quanto suggerisce l'articolo di Claudio Gallo pubblicato dalla STAMPA del 21 maggio 2007. Insieme all'idea che l'Occidente non dovrebbe preoccuparsi troppo  di questo programma.
Gallo dimentica vari fatti: innanzitutto che secondo tutti gli esperti investimenti minori di quello sul nucleare, volti a migliorare l'efficienza dell'estrazione petrolifera, consentirebbero all'Iran di indirizzare una sufficiente parte della produzione al consumo interno.
Poi che l'Iran ha ingannato la comunità internazionale sull'arricchimento dell'uranio. Perché, se i suoi scopi sono solo pacifici?
Infine che il presidente iraniano Ahmadinejad ha chiaramente indicato quali sono gli scopi del regime: cancellare Israele dalla carta geografica.

Ecco il testo:

Cadesse il mondo oggi si fa, parola del viceministro del petrolio Mohammadreza Nematzadeh. Ma in Iran specialmente quando si parla di benzina, ormai quasi una droga nazionale che costa meno dell'acqua minerale, il fare si volatilizza come una nuvola di ossido di carbonio, il gas di scarico delle automobili che a Teheran sta rimpiazzando l'ossigeno. Nematzadeh ha detto che è tutto pronto per l'approvazione al Majlis, il parlamento, del piano di razionamento della benzina, un tormentone che angoscia gli iraniani da un paio di anni. Sarà la volta buona? Ci sono ragioni per essere scettici anche se tutti concordano che non si può più andare avanti con la benzina a 1000 rial al litro, cioè a 10 centesimi di dollaro. Secondo il ministro dell'Economia Davud Danesh-Jafari il costo reale è quasi 6 volte tanto, 0,57 cents.
L'economia assistenziale che Ahmadinejad ha cavalcato per andare al potere non ce la fa più. Lo scorso anno (che per il calendario iraniano è finito il nostro 20 marzo 2007) la repubblica islamica ha speso oltre 4 miliardi di dollari per comprare benzina, specialmente dagli Emirati e dall'India. Un bello smacco per il quarto produttore di petrolio al mondo. Il problema è che le vecchie raffinerie del Paese, disastrate e senza pezzi di ricambio, dopo anni di embargo americano, non ce la fanno a stare al passo con i consumi nazionali. Secondo stime ufficiali, solo il 5 maggio si sono consumati 84 milioni di litri, di cui quasi 14 sono finiti nella nuvolaglia grigia seduta sopra Teheran. Il consumo interno divora il 44,5 della produzione di greggio sottraendo alle casse dello Stato una montagna di denaro. Il solito Nematzadeh ha detto che se i prezzi rimarranno artificialmente bassi, in 20 anni si arriverà a bruciare 318 milioni di litri al giorno. E il Paese sarà ricoperto da una coltre di fumo nero come la Malaysia quando bruciano le foreste indonesiane.
Il gran bazar, nel Sud plebeo della capitale, dove i voti per Ahmadinejad piovevano, è il cuore del conservatorismo. Il presidente pasdaran aveva promesso di far cascare sulle tavole degli iraniani i soldi del greggio. Ma non è andata così. L'inflazione ufficiale è al 15 per cento (il 50 per cento secondo il sindacalista Mansour Ossanlou, che entra e esce dalla galera) e gli affitti nelle grandi città sono saliti del 40 per cento. Un appartamento medio a Teheran costava 500 euro al metro quadro, adesso 3-4 volte di più. Abol Fazl, 62, barba bianca e il camiciotto sintetico grigio che trattiene una dignitosa pancia, vende abbigliamento per bambini sotto le arcate in stile Qajar, a un passo dalla preziosa moschea dedicata a Khomeini, nel cuore del mercato. Si capisce subito da che parte sta: «Ahmadinejad non ha mai detto quella frase, è solo propaganda». Poi si gratta la testa e dice: «Ci hanno dato questa tessera per la benzina». Tira fuori una specie di bancomat azzurro. Poi sghignazza: «Non credo proprio che la useremo mai».
Uno tra i tanti motivi per cui oggi non sarà facile approvare il razionamento è che un milione di quelle schede devono ancora arrivare ai destinatari. Di più, nessuno sa ancora come si useranno, anche se la prima ipotesi era che valessero per tre litri al giorno al prezzo attuale di 10 cents. E poi? Chi volesse superare la quantità razionata, ha detto ieri Nasser Sudani, del comitato energetico del Majlis, pagherebbe la benzina fino a 21 centesimi. E poi via con il mercato nero che arricchirà sempre i soliti. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, partendo da una media di 15 milioni di auto e di 78 milioni di litri al giorno (ma sono già di più), ad ogni automobilista servirebbero circa 5,2 litri al giorno, ben di più di quanto stabilito dal governo. «Il piano di razionamento - spiega l'Aie - è una mossa intelligente verso l'adozione di un sistema di prezzi di mercato. Tuttavia il cambiamento rischia di provocare gravi problemi politici e sociali».
Scettico, ma da sinistra, è il direttore della rivista politica «Future View», Ali Reza Saghafi, 54 anni che abita in un palazzo nella Teheran Nord da dove si vede il monte Alborz innevato e quasi sembra di respirare: «Credo proprio che oggi il presidente del parlamento chiederà una sospensione del provvedimento: troppo impopolare e il governo non è preparato all'ondata di malcontento». Sembra confermare le sue parole Mohammad Khoshchehreh, del comitato economico parlamentare, su «Tehran Times»: «Sarà un miracolo se il provvedimento passerà alla scadenza prevista». La media e piccola borghesia della capitale gufa furiosamente contro la legge: l'esercito di impiegati malpagati che fanno i tassisti abusivi come secondo mestiere, i pensionati che usano l'auto perché i mezzi pubblici fanno schifo, i giovani, tutti si vedono davanti una vita peggiore. «Non mi fregano più - dice Hussein classe 1979, figlio della rivoluzione, che lavora in un negozio di alimentari nell'enorme viale Vali Asr -, non vado più a votare. L'ultima volta avevo votato Khatami ma non è servito a nulla. Siamo sempre più poveri».
Il populismo esasperato di Ahmadinejad, ma anche dei suoi predecessori, ha portato a un difficile stallo che tutti sanno non durerà in eterno. L'Iran bersagliato dalle sanzioni vede con crescente nervosismo la dipendenza dall'estero per il carburante. La voracità interna di energia (il ministro per l'Energia Parviz Fattah ha chiesto ieri un aumento del prezzo dell'elettricità, anch'essa pesantemente sovvenzionata) è il principale argomento per la costruzione del programma nucleare civile iraniano che tanti allarmi solleva in Occidente. Lo scorso anno, il governo ha speso 16 miliardi di dollari per sussidi all'energia, di cui il 40% per la benzina. Alla fine sarà impossibile non aumentare il prezzo del carburante, con o senza razionamento. Ma quando? Domani dice il bazar, domani.

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