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La Repubblica Rassegna Stampa
19.05.2007 Abu Mazen fa appello agli Usa
c'è da spanciarsi a leggere il perchè

Testata: La Repubblica
Data: 19 maggio 2007
Pagina: 28
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Gaza, Abu Mazen fa appello agli Usa»

Segnaliamo da REPUBBLICA di oggi, 19/05/2007, a pag.28, l'articolo di Alberto Stabile, dal titolo "Gaza, Abu Mazen fa appello agli Usa", un titolo che riprende quanto scritto da Stabile nelle ultime righe.Eccole : "Al di là delle ipotesi di la da venire, Israele ha continuato anche ieri ha fronteggiare militarmente la polveriera di Gaza. Hamas e i gruppi federati del fronte irriducibile sono riusciti a lanciare una decina di razzi Qassam contro il Negev. L´aviazione israeliana ieri ha risposto con cinque raid, e in uno di questi contro un´auto dove viaggiavano esponenti di Hamas sono state uccise 3 persone. In totale, da giovedì, le incursioni aeree hanno provocato 11 vittime, sette delle quali sarebbero militanti integralisti. Quanto basta, per spingere Abu Mazen a telefonare al segretario di Stato Usa Condoleezza Rice per chiedere a Israele di fermarsi. Questa conclusione di Stabile, ridicola, se si pensa che Abu Mazen ricorre all'Onu per .... fermare Israele,che ha il solo torto di voler impedire che Hamas lanci i missili Kassam contro le città isareliane, mentre dovrebbe allarmarsi per il terrorismo dei suoi, invece tale vergognoso appello diventa il titolo di tutto l'articolo. REPUBBLICA non si smentisce mai, il quotidiano dell'Ing. Carlo de Benedetti, se si tratta di disinformare su Israele, è sempre in prima linea. Complimenti Ingegnere !

Ecco l'articolo:

DAL NOSTRO INVIATO
AMMAN - «Quello che succede per le strade di Gaza è la pagina più nera della nostra storia», dice con evidente ripulsa il capo dei negoziatori palestinesi Saeb Erekat. Per un uomo del dialogo come lui, che per anni ha incarnato l´opzione diplomatica della causa palestinese, prima vicino ad Arafat, poi ad Abu Mazen, un intero mondo sta crollando, e «non è una situazione sorta dalla sera alla mattina», aggiunge amareggiato.
Siamo al Centro congressi sulle rive del Mar Morto, sponda giordana, dove, sotto il patrocino della corona ashemita, ha preso il via il World economic Forum sul Medio Oriente. Doveva essere un occasione per pianificare un futuro migliore, in una fra le più difficili regioni del mondo, quello che re Abdallah ha sintetizzato nello slogan, «il day after della pace». E´ la carneficina di Gaza, invece, ad oscurare la scena.
Sulle radici della violenza intestina che dilania i palestinesi Erekat ha le idee chiare. «E´ una situazione orribile in parte dovuta al mancato rispetto del primato della legge. Dunque, se si vuole fermare la violenza bisogna innanzitutto reintrodurre il dominio della legge e rispettare il principio che deve esserci una sola autorità e una sola forza armata. Aggiungo poi che bisogna ascoltare il presidente Abu Mazen e realizzare il piano di sicurezza da lui proposto ed approvato dal governo».
Chiediamo se Hamas, a suo giudizio, applicherà mai il piano. «Il premier Haniyeh, che è attualmente ministro dell´interno ad interim ha avallato le misure proposte da Abu Mazen, sarebbe singolare che poi non le metta in pratica». Abu Mazen, assicura il capo negoziatore palestinese «intende andare a Gaza», per tentare l´ennesima riconciliazione.
Di tregue, la guerra civile palestinese ne ha viste almeno una dozzina in pochi mesi, fino a quella proclamata mercoledì sera e continuamente violata. Ieri, una serie di sparatorie hanno provocato cinque morti, fra i quali uno studente e un pescatore incappati nel fuoco incrociato. Ma, a parte gli scontri per le strade, ieri è stato rapito il capo dell´ufficio di corrispondenza da Gaza della tv satellitare di Abu Dhabi, il primo giornalista arabo sequestrato a Gaza, poi liberato in serata. Mentre, da due mesi, Alan Jonston della Bbc, continua ad essere tenuto in ostaggio.
Davanti all´anarchia imperante nella Striscia, a più riprese s´è parlato della possibilità di un intervento della comunità internazionale a Gaza. Ipotesi, prospettata, a certe condizioni, anche dal ministro D´Alema. «Non credo che una forza internazionale possa servire in questa fase», risponde Erekat. «Noi palestinesi dobbiamo innanzitutto aiutare noi stessi. Se non saremo capaci di risolvere i nostri problemi, nessuno potrà aiutarci».
Per una singolare coincidenza, il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, s´è mostrata, su questo punto, possibilista. Incontrando un gruppo di diplomatici stranieri, sulla questione della presenza internazionale nella Striscia il ministro ha ribadito la tesi a suo tempo espressa dal premier Olmert. Israele, che non ha mai accettato l´idea di un intervento della comunità internazionale nei territori palestinesi, potrebbe cambiare idea a condizione che la «forza di pace» sia pronta a perseguire le milizie radicali. Sia cioè, nelle parole di Tzipi Livni, una forza «efficace», pronta a «perseguire terroristi, cercare armi», e così via.
Al di là delle ipotesi di la da venire, Israele ha continuato anche ieri ha fronteggiare militarmente la polveriera di Gaza. Hamas e i gruppi federati del fronte irriducibile sono riusciti a lanciare una decina di razzi Qassam contro il Negev. L´aviazione israeliana ieri ha risposto con cinque raid, e in uno di questi contro un´auto dove viaggiavano esponenti di Hamas sono state uccise 3 persone. In totale, da giovedì, le incursioni aeree hanno provocato 11 vittime, sette delle quali sarebbero militanti integralisti. Quanto basta, per spingere Abu Mazen a telefonare al segretario di Stato Usa Condoleezza Rice per chiedere a Israele di fermarsi.

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