Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Faurisson non doveva nemmeno entrare in Italia, ma starsene a casa sua. Abita a.. Vichy ! una brutta cronaca del giornale milanese
Testata: Corriere della Sera Data: 19 maggio 2007 Pagina: 21 Autore: Andrea Garibaldi Titolo: «Il negazionista aggredito dai figli dei deportati»
Si può essere "equidistanti" con chi inneggia al nazismo ? Se fossimo dei seguaci delle teorie dalemiane dovremmo dire di si. Ma non lo siamo, e diciamo no. Brutta pagina quella del CORRIERE della SERA di oggi, allineato però con la maggior parte dei quotidiani italiani, Sin dal titolo " Il negazionista aggredito dai figli dei deporati", una frase che trasforma Robert Faurisson da persecutore della memoria di sei milioni di morti in vittima. Peggio, nel breve testo accanto alla sua foto viene definito " noto per le sue teorie che mettono in dubbio l'esistenza delle camere a gas ", quando Faurisson ne ha sempre negato persino l'esistenza, altrochè metterle in dubbio. La cronaca di Andrea Garibaldi, così equiparativa tra mascalzoni e parenti degli sterminati è quanto meno fuori luogo e quindi riprovevole Restano le responsabilità del governo italiano che ha concesso a Faurisson di entrare in Italia. Se ne stia a casa sua, in Francia. Sarà un caso, ma abita a Vichy.
Dopo l'articolo di Garibaldi, segue il commento di Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità ebraica romana.
TERAMO — Robert Faurisson è un uomo esile, non alto, 78 anni, pochi capelli bianchi sulle tempie, doppiopetto gessato. Al bar «Grande Italia» di Teramo dice ai giornalisti: «Le pretese camere a gas hitleriane e il preteso genocidio degli ebrei formano un'unica menzogna storica». E continua: «Chi ha beneficiato di tale menzogna? Il sionismo internazionale. Chi ne ha sofferto? Il popolo tedesco e il popolo palestinese». Accanto a lui, Claudio Moffa, docente a Teramo di Storia e istituzioni dei Paesi dell'Africa e dell'Asia. Aveva invitato Faurisson che ripete le sue tesi dal 1981, a un seminario in facoltà, Scienze politiche. Il rettore ha chiuso la facoltà. Moffa ha dirottato la conferenza di Faurisson al ristorante «Acquamarina», fuori città. Mentre Faurisson e Moffa parlano al bar, arriva un gruppo di persone. Jeans e magliette. Uno si avvicina a Faurisson, Moffa si mette in mezzo, prende un colpo sul collo. L'uomo grida: «Mio padre, Di Porto Angelo, è stato a Birkenau! Sul braccio aveva il numero 180010! E' morto a 53 anni! Mi ha raccontato solo bugie?». L'uomo si chiama Cesare Di Porto, ha 57 anni, gestisce un banco di magliette "Ricordi di Roma" in giro per la capitale. I compagni, una sessantina, «tutti figli di deportati», lo tengono. Arrivano i primi poliziotti. Faurisson è impassibile. Moffa e Faurisson si allontanano su per il corso San Giorgio. Gli ebrei venuti da Roma vogliono partecipare alla conferenza, ribattere alle tesi di Faurisson, che chiede prove per l'Olocausto, per l'esistenza effettiva delle camere a gas, per i sei milioni di morti. «Siamo noi le prove!», dicono. All'improvviso, arriva davanti a Cesare Di Porto un giovane con i capelli neri e la busta della spesa in mano: «Ti sembra democrazia dare un pugno. E se ora ti rompo... ». Di Porto non reagisce, ma suo cognato strilla frasi oscene sulla moglie del giovane, che è Agostino Rabbuffo, segretario provinciale del Msi-Fiamma tricolore e fratello del vicesindaco di Teramo, An. Un paio fra i più ardenti gli danno la caccia, poliziotti e carabinieri cercano di mettersi in mezzo. Rabbuffo prende colpi al volto, il dirigente della mobile Gennaro Capasso cade, spalla fratturata. A questo punto è chiaro che la conferenza di Faurisson, ovunque avvenga, sarebbe una miccia. Il questore fa raggiungere Moffa e il francese (di madre scozzese) in un ristorante, gli fa notificare che è vietato qualsiasi evento. Faurisson viene scortato all'aeroporto di Falconara, da dove tornerà nella sua casa di Vichy. Manca l'ultimo capitolo. Uno dei ragazzi ebrei schiaffeggia un fotografo. «Sono della Digos», dice il fotografo. Ancora inseguimenti, persone trattenute, spinte e urla per tutta la piazza dei Martiri della Libertà. Tre dei romani e Rabbuffo vengono denunciati: istigazione a delinquere, lesioni. Sulla denuncia di Di Porto deciderà il professor Moffa. Poi, ci sono le dichiarazioni. Faurisson, che un tempo insegnava letteratura all'università di Lione, oggi è uno dei principali «negazionisti». Dice che da quasi trent'anni cerca le prove dello sterminio degli ebrei, che ha visitato i campi di concentramento, ha consultato periti, ma nessuno gliene ne ha fornita una, di prova. Si definisce «ateo e apolitico». Il professor Moffa è stato iscritto a Rifondazione comunista fino al 1998, ora dice che apprezza l'operato di D'Alema. Aggiunge: «Non vorrei però dargli il bacio della morte... ». E' dispiaciuto per le critiche di Mussi: «Ha sempre goduto della mia simpatia». Dice che è socialista in economia, ma sta diventando liberale in politica, tutti devono poter parlare: «I veri fascisti sono questi che ci hanno aggredito. E sia chiaro: racconteranno che mi hanno dato un nobile schiaffo, ma ho avuto solo un colpo sul collo». Quanto a Faurisson, lo inviterà di nuovo: «Deve essere ascoltato».
«A Mussi chiedo: resta in carica chi ha organizzato l'incontro?»
ROMA — «In fondo hanno dato solo quattro "cinquine", quattro manate. Non avevano pistole né manganelli». Parla Riccardo Pacifici (foto), portavoce della comunità ebraica romana. «Gli strumenti della comunità sono quelli dell'educazione. Ma quei ragazzi hanno voluto dire: siamo presenti, non abbiamo paura». Hanno ottenuto ciò che volevano. «A Teramo sono successi fatti importanti. Il rettore ha chiuso l'università. Il ministro Mussi ha approvato. Il questore ha vietato la conferenza. Certo, tutto un po' in ritardo. Ma ora si può riparare». «Facendo lezione in quell'ateneo su ciò che è accaduto. E a Mussi faccio una domanda». «Può Moffa continuare a insegnare?».
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