Per non scrivere che le fazioni palestinesi si massacrano a vicenda la reticente titolazione del quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 15 maggio 2007 Pagina: 8 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Gaza esplode, l'Anp anche»
Cronaca della faida interpalestinese sul MANIFESTO del 15 maggio 2007. La titolazione cerca di occultare la responsabilità del bagno di sangue:"Gaza esplode, l'Anp anche. Otto palestinesi uccisi in 48 ore. «Non ho poteri», si dimette il ministro degli interni. Gli scontri Hamas e Fatah fanno traballare il governo d'unità".
In considerazione della propaganda quotidianamentefornita ai lettori del quotidiano comunista, la titolazione sembra anzi addirittura studiata per indurre a incolpare Israele. "Gaza esplode" per colpa dell'"assedio" israeliano, penserà chi conosce il Medio Oriente solo dalle pagine del MANIFESTO. "Otto palestinesi uccisi": da Israele, ovviamente, non come in realtà è, dagli scontri tra le fazioni, . "«Non ho poteri», si dimette il ministro degli interni": ovviamente a negargli il potere è Israele (in realtà è il premier di Hamas).
Ecco l'articolo:
Il crepitio delle armi automatiche ieri sera riecheggiava ancora in vari quartieri di Gaza city nonostante l'ordine dato dal premier Ismail Haniyeh - che ha assunto l'interim degli interni dopo le dimissioni del ministro Hani Kawasmeh - dell'immediato dispiegamento delle forze di sicurezza. «Si tratta di una decisione concordata con il presidente Abu Mazen - ha spiegato il ministro dell'informazione e portavoce del governo Mustafa Barghuti -. Haniyeh garantirà personalmente l'esecuzione del piano di sicurezza. Basta scontri, non vogliamo che Gaza diventi una nuova Somalia». Ma Gaza è già una piccola Mogadiscio e ben pochi credono che il nuovo appello per la fine delle ostilità convincerà le centinaia di miliziani armati di Fatah e Hamas a mettere da parte le armi. «La tensione è ancora alta in tutta la città, anche se è meno drammatica di domenica. In giro si vedono poche persone e poche auto, mentre la polizia presidia le aree più a rischio», ci ha raccontato Lino Zambrano del Cric di Reggio Calabria, uno dei cooperanti italiani che lavorano a Gaza e che, almeno per il momento, continuano a monitorare la situazione e non intendono la Striscia. La nuova escalation di scontri a fuoco (e di sequestri di persona) tra Fatah e Hamas (almeno otto palestinesi uccisi nelle ultime 48 ore) ha convinto il ministro dell'interno Hani Qawasmeh a dare subito le dimissioni, mentre si fanno più insistenti le voci che danno per imminente la caduta del governo di unità nazionale nato dagli accordi della Mecca dello scorso 8 febbraio. «Ho detto a tutte le parti - ha spiegato Kawasmeh dopo aver dato le dimissioni - che non accetto di essere un ministro senza autorità. Sin dall'inizio mi sono trovato davanti a ostacoli». L'ex ministro ha accusato tutti gli organismi dell'Anp di non aver dato il via alle riforme necessarie affinché il suo dicastero potesse effettivamente riportare la sicurezza nei territori e controllare le milizie armate. Si dice che qualcuno stia soffiando sul fuoco del caos e dello scontro interno per ottenere le elezioni anticipate. Il 10 maggio era stato il giornale pan-arabo al-Hayat a sostenerlo, aggiungendo che diversi dirigenti di Fatah sono convinti che il governo di unità nazionale nato appena due mesi fa, sia giunto al capolinea e che solo il ricorso alle urne è in grado di causare una svolta politica. Gaza ieri era semideserta. Buona parte dei negozi ha chiuso i battenti e molti genitori hanno preferito non mandare i figli a scuola. Dopo i cinque palestinesi uccisi domenica, ieri altre quattro persone sono morte in sparatorie: due guardie del corpo di Maher Meqdah, il portavoce di Al Fatah a Gaza City; un ragazzo vittima involontaria di uno scontro tra clan rivali a Nusseirat, un passante colpito in una sparatoria tra miliziani di Hamas e Al Fatah. Inoltre un giornalista di Filastin è morto per le ferite riportate domenica. Gli scontri ieri si sono concentrati attorno all'abitazione di Maher Meqdad, un portavoce di Fatah. Nelle sparatorie che ne sono seguite sono morte due guardie del portavoce. Il movimento islamico sostiene che i suoi uomini hanno reagito dopo che militanti di Fatah avevano sparato dai tetti contro le case di esponenti di Hamas. Versione puntualmente smentita da quelli di Fatah che ricordano come tutto sia cominciato domenica mattina a Beit Lahiya, quando uomini armati hanno aperto il fuoco contro l'auto su cui viaggiavano Baha Abu Jarad, un capo locale delle Brigate dei martiri di al Aqsa, e la sua guardia del corpo. I due sono morti per le ferite riportate. Alcune ore dopo, miliziani di Fatah hanno sparato all'esterno di una moschea a Gaza City, uccidendo tre membri di Hamas. Altri scontri sono scoppiati durante il funerale di Abu Jarad. In serata poi un docente di Hamas dell'Università islamica di Gaza è stato rapito da alcuni uomini con il volto coperto. Ieri la violenza non si è placata e difficilmente le due parti riusciranno a trovare un accordo per mettere fine al bagno di sangue.
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