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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.05.2007 Riemerge l'antiamericanismo della maggioranza di governo italiana
l'analisi di Angelo Panebianco

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 maggio 2007
Pagina: 1
Autore: Angelo Panebianco
Titolo: «POLITICA ESTERA: LA FRAGILE TREGUA»

Dal CORRIERE della SERA del 14 maggio 2007:

Dopo una breve tregua la politica internazionale torna a essere il solito incubo per il governo italiano. Le questioni sono sempre le stesse: l'Afghanistan, il rapporto con gli Stati Uniti. Ogni notizia dal fronte afghano, quelle cattive come quelle buone, accentua i brontolii minacciosi delle componenti antioccidentali della maggioranza di governo.
In Afghanistan la guerra continua con alterne vicende. L'uccisione, in combattimento, del mullah Dadullah, il capo talebano responsabile del sequestro Mastrogiacomo e la cui stella, secondo alcuni osservatori, stava addirittura per oscurare quella del mullah Omar quale punto di riferimento politico della galassia talebana, è un indubbio successo del legittimo governo dell'Afghanistan e della coalizione antitalebani ma, ovviamente, non pone termine alla guerra. Non c'è stata fino ad oggi la preannunciata e temuta offensiva in grande stile dei talebani ma i combattimenti proseguono in tutto il Sud del Paese, e anche nella zona di Herat dove sono acquartierati gli italiani. L'incursione di alcune settimane fa degli americani in quella zona contro forze talebane ha creato nuove tensioni con il governo di Roma che teme un coinvolgimento non sporadico, come fino ad oggi è stato, ma permanente, dei nostri soldati nei combattimenti. La situazione però è sul filo del rasoio e il ministro della Difesa Arturo Parisi, nonostante gli ostacoli politici che ciò comporta, ha risposto positivamente alle sollecitazioni dei comandi militari promettendo più mezzi al nostro contingente. Il governo si muove su un terreno politicamente minato e la sua sopravvivenza è legata alla piega che prenderanno gli avvenimenti in quel teatro di guerra.
I problemi che l'esecutivo ha sempre incontrato nella vicenda afghana sono parte di un più generale contenzioso fra le componenti moderate e massimaliste della maggioranza, e che riguarda il rapporto con gli Stati Uniti. Tra meno di un mese, il 9 giugno, Bush verrà in visita in Italia. Verrà accolto, oltre che dalle pubbliche autorità, da una grande manifestazione antiamericana che è già in corso di allestimento e che minaccia di essere, per la stabilità del governo, ancor più pericolosa di quella di alcuni mesi fa contro l'ampliamento della base americana di Vicenza. Non solo nell'organizzazione della manifestazione è già coinvolto (a titolo personale, viene detto) un esponente di rilievo dei comunisti italiani, Marco Rizzo, ma è probabile che tutta l'area massimalista della maggioranza, pur stretta fra la necessità di non affossare il governo e quella di non perdere il contatto con il proprio elettorato, finirà per essere presente. Che si verifichino o meno certi consueti episodi (bandiere americane bruciate, Bush effigiato come un criminale di guerra, eccetera), è certo che la partecipazione di partiti della maggioranza darà un'altra batosta alla credibilità internazionale del governo: sarà difficile spiegare all'opinione pubblica, nazionale e internazionale, come si concilino l'immutato rapporto di amicizia e di alleanza con gli Stati Uniti, e la nostra presenza nella Nato, con il comportamento di alcuni partiti di governo.
Nell'ipotesi migliore, l'esecutivo ne verrà fuori con una grossa ammaccatura in più. E con nuova conferma della debolezza strutturale di una sinistra che sui temi di fondo della pace, della guerra, delle alleanze, sa imbastire solo fragili tregue fra le sue componenti ma nessuna vera sintesi.

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