Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il fondamentalismo islamico, tra dissimulazione e terrorismo il dibattito tra Tariq Ramadan e Hanif Kureishi, un editoriale di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera Data: 14 maggio 2007 Pagina: 14 Autore: Alessandro Capponi - Magdi Allam Titolo: «Scintille all'incontro sull'Islam Litigano Kureishi e Ramadan - Moschee, è l'ora dei provvedimenti»
Dal CORRIERE della SERA del 14 maggio 2007, una rticolo sul dibattito tra Tariq Rmadan e Hanif Kureishi, al Festival della Filosofia di Roma :
ROMA — La stretta di mano, alla fine, è l'unico segno di pace. Il titolo dell'incontro organizzato nell'ultimo giorno del Festival della Filosofia prometteva bene, «Tariq Ramadan vs Hanif Kureishi», ma sia chiaro: in polemiche, in momenti di tensione, in reciprochi attacchi, il dibattito supera ogni previsione. Ne rimane coinvolto persino il pubblico dell'Auditorium di Roma, quando, pochi minuti dopo l'inizio, Tariq Ramadan si rivolge proprio alla platea, e, semplicemente, la rimprovera: «Kureishi ha appena detto una cosa molto pericolosa, e anche quest'applauso che avete fatto lo è, è pericoloso». Nella sala Sinopoli, qualcuno, dall'ultima fila, urla parole che, sul palco, arrivano incomprensibili. Fortunatamente, forse. Di certo, quelle urla non rimarranno le uniche: gli spettatori, spesso, ascoltano ciò che viene detto e proprio non riescono a trattenersi. Ma quando Ramadan afferma che «oggi si dice dei musulmani che hanno una rete internazionale, che dicono una cosa e ne pensano un'altra, che si infiltrano nella società: ecco, fateci caso, è esattamente ciò che negli anni Trenta si diceva degli ebrei... L'Europa sta rischiando ripetere l'errore di allora», quando Ramadan dice così, in sala, non ci sono grida, né mani alzate, né contestazioni. Solo un brusio, malunghissimo. Da una parte lo scrittore, drammaturgo e regista anglo-pakistano Hanif Kureishi, dall'altra l'islamologo ginevrino Tariq Ramadan. C'erano già state polemiche quando era stato diffuso l'elenco degli invitati: quel nome, Ramadan, non era piaciuto né alla comunità ebraica di Roma - «presenza imbarazzante» - né ad alcuni del centrodestra. «Voglio rispondere a queste critiche politiche - disse in conferenza stampa Paolo Flores D'Arcais, docente di Etica alla Sapienza e curatore scientifico del Festival insieme con Giacomo Marramao - a queste accuse che arrivano da Daniela Santanché di An e Gabriella Carlucci di Forza Italia, cioè da due autorevoli esponenti del pensiero contemporaneo...». Risate in platea, in un'atmosfera completamente diversa da quella di questa domenica. E pensare che il moderatore, Paolo Di Giannantonio del Tg1, prova a esordire con una battuta: «Come nel West, andiamo nel saloon a bere». Tentativo fallito all'istante: Kureishi si dice «disposto, volentieri, ma temo che lui non beva» e l'altro, serissimo, replica che «invece sì, bevo: non alcol, ma altro, un thé, in ogni caso è sbagliato dire che non bevo». Da quel momento, è chiaro: altro che battute, bisogna fare attenzione alle virgole. Ma ogni tentativo risulterà vano: per fare solo un esempio, i protagonisti si accusano più volte della stessa cosa. «Ciò che dici è pericoloso». E quando il moderatore legge, senza rivelare il nome dell'autore, la frase nella quale, in sintesi, si afferma che l'Islam è l'ideologia del XXI secolo, pericolosa anche nella versione moderata perché basata su un unico testo, la risposta di Ramadan è a voce alta e tesa: «Tutto ciò non viene detto per ignoranza ma per un preciso programma politico, costruire la minaccia islamica. Chi dice questo è xenofobo, e razzista». L'autore della frase è proprio lì accanto, è Kureishi, e la replica è immediata: «La verità è che l'Islam è pericoloso per le fragili libertà che l'Occidente ha conquistato nel secolo scorso, pericoloso perché si basa su un unico testo. A voi la letteratura fa paura». Argini dialettici travolti, per Ramadan «Kureishi è pericoloso, fa terrorismo intellettuale, è lui il dogmatico». Tariq Ramadan - al quale il pubblico dell'Auditorium tributa anche applausi convinti - è personaggio complesso. Nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani, l'egiziano Hassan al-Banna, e intellettuale controverso nell'Occidente post 11 settembre: gli Usa gli negano il visto d'ingresso, l'Inghilterra lo paga come consulente, la Francia prima lo mette al bando perché sospettato di vicinanza col Gia algerino, poi accetta il successo che riscuote, anche nelle banlieues; per Alain Finkielkraut, André Gluksman e Bernard-Henry Levi è antisemita; per Flores D'Arcais, che pure l'ha difeso a inizio festival, «sulla questione dei rapporti tra fede e laicità di uno stato democratico il suo atteggiamento è inaccettabile quanto quello del cardinal Ruini. In lui, c'è un deficit di laicità analogo a quello di Bagnasco».
L'editoriale di Magdi Allam sulla propaganda fondamentalista e terrorista nelle moschee:
Il vertice dei ministri dell'Interno di Stati Uniti, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna e Polonia, svoltosi l'11 e il 12 maggio a Venezia, ha coinciso con una fase particolarmente critica per la sicurezza internazionale. Il 30 aprile a Londra sono stati condannati all'ergastolo cinque musulmani britannici che si apprestavano a compiere degli attentati terroristici contro una serie di obiettivi, tra cui la sede del Parlamento, la rete di distribuzione elettrica e del gas, supermercati e locali notturni. Sempre a Londra, all'inizio di aprile, il ministro della Sicurezza americano Michael Chertoff ha confessato che gli Stati Uniti temono un nuovo 11 settembre scatenato da kamikaze islamici con cittadinanza europea. Contemporaneamente assistiamo a una recrudescenza dell'attività terroristica di Al Qaeda e di gruppi jihadisti in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Arabia Saudita, Marocco, Algeria, Turchia, Egitto. Nel suo intervento il titolare del Viminale, Giuliano Amato, ha fatto un' analisi corretta del fenomeno del terrorismo globalizzato individuando un legame organico: «Siamo in presenza di un network e dobbiamo essere network anche noi. Un network legale, rispettoso dei principi dello Stato di diritto, ma funzionale nel suo insieme a fronteggiare il network di chi dobbiamo combattere». Ugualmente ha centrato il fulcro del problema denunciando senza mezzi termini «l'abuso e l'uso sbagliato delle moschee, dei luoghi di religione e di pratica religiosa, che talora vengono utilizzati per fini diversi». Immagino che Amato si riferisse anche alle immagini registrate dalle telecamere nascoste della trasmissione Anno Zero della Rai lo scorso 29 marzo e di Controcorrente di Sky Tg24 dello scorso primo febbraio, che attestano in modo inequivocabile che nelle moschee italiane si predica l'odio contro i cristiani e gli ebrei e si educa alla repressione delle donne e al rifiuto dell'integrazione. Eppure, almeno finora, non c'è stata alcuna sanzione né da parte della magistratura né da parte dell'esecutivo. Così come non vi fu alcuna sanzione dopo che, il 7 settembre 2005, la telecamera nascosta di Matrix di Canale 5 registrò una delirante apologia dei terroristi suicidi palestinesi e di Bin Laden fatta da Nabil Bayoumi, direttore della moschea An Nur di Bologna, legata all'Ucoii. Ed ora il sindaco Cofferati sembra voler premiare l'Ucoii affidandole la costruzione di una mega-moschea a Bologna su un terreno in parte regalato dal Comune. Ebbene Amato, in un intervento in Parlamento lo scorso 11 aprile, ha sostenuto che «non è possibile espellere qualcuno sulla base di una trasmissione televisiva». Eppure si tratta di un documento che ritrae la realtà oggettiva, così come lo sono le immagini dei due aerei che si schiantarono contro le due Torri gemelle l'11 settembre, e non è una fiction così come vorrebbero far credere i fautori della teoria del complotto della Cia e del Mossad. Dobbiamo quindi decidere se vogliamo accettare la realtà oggettiva e avere il coraggio di agire di conseguenza, oppure metterla in discussione pur di avallare una tesi ideologica o più semplicemente perché abbiamo paura di affrontare gli estremisti islamici che hanno occupato le moschee d'Italia. Forse è il caso che l'Italia faccia proprio l'insegnamento che emerge sempre più dalla tragica esperienza della Gran Bretagna, il Paese europeo maggiormente infiltrato dall' estremismo islamico al punto da essersi trasformato in una «fabbrica di kamikaze». Al riguardo il direttore della tv Al Arabiya, Abdel Rahman Al Rashed, ha scritto sul quotidiano Asharq Al-Awsat: «La Gran Bretagna dovrebbe accettare ciò che hanno già fatto i Paesi musulmani: combattere gli estremisti togliendo loro l'ossigeno, che corrisponde ai loro giornali, radio, televisioni, pulpiti, moschee e siti Internet». E affrontando il nodo cruciale del rapporto tra sicurezza e diritto, Al Rashed precisa: «La soluzione è nelle mani dei legislatori titubanti. Concretamente oggi siamo alla vigilia di una guerra del terrorismo ed è preferibile perseguire gli estremisti islamici oggi che non dover perseguire l'insieme dei musulmani domani».
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