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Il Foglio Rassegna Stampa
11.05.2007 Tariq Ramadan, maestro della dissimulazione fondamentalista
un ritratto di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 11 maggio 2007
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «I due Tariq»
Dal FOGLIO dell'11 maggio 2007:

Roma. “Non è rozzo, sfrutta formule morbide che nel profondo contengono l’incitamento alla cancellazione dello stato d’Israele”. Il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, fresco di stampa con Mondadori di un nuovo libro dal titolo emblematico “Viva Israele”, non ha dubbi che sia stato un errore fatale concedere all’intellettuale islamico Tariq Ramadan una tribuna al Festival della filosofia di Roma. Una presenza che ha subito sollevato polemiche. Docente di Islamologia a Oxford e nipote di Hasan al Banna, fondatore nel 1928 dei Fratelli musulmani, Tariq Ramadan è stato difeso dal suo sponsor Paolo Flores d’Arcais, organizzatore dell’evento. “Sono il principale collaboratore di Blair per i rapporti con il mondo islamico” la replica dell’interessato. Nel giugno 2006 Ramadan doveva partecipare a un convegno di Humanity, l’ammiraglia voluta da Piero Fassino e gestita da Sebastiano Maffettone. Rinunciò all’ultimo momento. “Ramadan ha un approccio che esprime in modo sublime, dal punto di vista della capacità dell’eloquenza, l’antico precetto arabo della dissimulazione, la taqiyya” dice Magdi Allam. “In arabo dice una cosa, in francese e inglese sempre un’altra. Mantenendo saldo il tabù sullo stato d’Israele, lo manifesta in quello stile e in quella logica che può risultare civile e addirittura condivisibile da una parte dell’opinione pubblica occidentale. Usa un linguaggio tipicamente spendibile in un festival della filosofia. Il suo problema è avere strumenti culturali capaci di interpretare ciò che all’apparenza è pacifico, ragionevole e rassicurante, ma in realtà implica un’ideologia dell’odio, della violenza e della morte”. In un saggio con Alain Gresh, “Intervista sull’islam”, Ramadan dice che “nel voler imporre l’ingiustizia si producono delle bombe umane a esplosione ritardata, il cui sacrificio trova giustificazione nei decenni di sofferenza accumulata”. Allam passa alla sua ambiguità sullo stragismo. “Ramadan vuole trasformare il terrorismo in fenomeno reattivo attribuendone la colpa all’occidente e a Israele. La logica del terrorismo reattivo gli consente di renderlo comprensibile, pur prendendone le distanze. Ne comprende le ragioni, senza giustificarlo. Usa la sottile distinzione fra comprensione e non condivisione. La dissimulazione qui è geniale. Il terrorismo come perpetua reazione a un’ingiustizia. Dissenso formale, mai sostanziale”. Il cavallo di Troia dei Fratelli musulmani Il principale impegno intellettuale di Ramadan è affermare un islam che possa, entro i limiti consentiti dalla legge islamica, presentarsi con il volto accettabile in occidente fino a diventerne parte integrante. “Vuole affermare un islam identitario europeo. Si batte perché nella Costituzione europea l’islam sia considerato radice culturale. Non va mai contro la legge islamica: chiede una ‘moratoria’ sulle pene corporali ma non l’abolizione, sarebbe contraria alla sharia. E’ così che ha abbindolato l’opinione pubblica occidentale, la quale ha dimenticato il confine invalicabile nel dialogo: la sacralità della vita umana. Ramadan non stravolge mai l’interpretazione del Corano fornita dai Fratelli musulmani. E’ il cavallo di Troia della Fratellanza in occidente, è riuscito a penetrare la nostra fortezza camuffando l’estremismo islamico con la tolleranza e il pretestuoso rispetto della libertà religiosa”. In un recente convegno a Londra a cui hanno partecipato Daniel Pipes e il sindaco Ken Livingstone, Tariq Ramadan ha detto: “Il professor Pipes ha parlato di musulmani moderati e ha menzionato nel corso del dibattito un copto egiziano, come esempio di musulmano moderato. Allam è un copto. E’ un cristiano egiziano. Ma ha un nome arabo”. Replica finale dello scomunicato Allam: “Tariq Ramadan è capace di dichiarare apostata qualcuno. Lo dico per far capire quanto sia pericoloso In un forum organizzato dal Nouvel Observateur nel dicembre 2004, a domanda postagli da un lettore: “Sostiene lo smantellamento dell’entità sionista?”, Tariq Ramadan disse: “L’idea di due stati sulla base delle frontiere del 1967 è fondamentale, ma non può essere che una tappa: il traguardo deve essere la convivenza in modo ugualitario in uno stato comune”. Auspicare un solo stato, al posto di Israele e di quello palestinese, significa liquidare lo stato ebraico. Ramadan è un raffinato seduttore, un citatore di filosofi à la page, un metodo vivente. Se parla a un pubblico di miti apologeti, come il Festival della filosofia, discetta di “europeizzazione dell’islam”, è un genio nell’arte di épater le bourgeois. Se ha di fronte una platea di fieri musulmani, la capovolge in islamizzazione dell’Europa. Nei suoi discorsi trovi identità valoriale, presa di coscienza e fiducia nel passato, gergo muscolare e cieli profetici da cui fa passare il messaggio telegenico con cui ha incantato Tony Blair e Salman Rushdie. Beniamino dei movimenti antagonisti, ha ideato un nuovo format: il ramadanismo. Miscuglio di lumi rivisitati e altermondismo, retorica comunitarista e orgoglio religioso, “pudore” femminile e appello alla libertà religiosa, risveglio delle coscienze, pragmatismo e islam come “la soluzione”. Secondo lo studioso Olivier Guitta, è un pericoloso opportunista. E per Lee Smith, “il suo grido di battaglia contro l’occidente è quello di un jihad più silenzioso e mite, ma pur sempre jihad”. Uno come Daniel Pipes, che si è battuto per negare il visto americano a Ramadan, sul New York Sun avanza sette ragioni per interdirlo: il sudanese Hassan al Turabi, legato ad al Qaida, lo chiama il “futuro dell’islam”; la magistratura francese nel 1996 gli negò l’ingresso per legami col terrorismo; il giudice spagnolo Baltasar Garzon nel 1999 lo ha collegato al qaidista Ahmed Brahim; con lui ha studiato Djamel Beghal, che ha progettato un attentato all’ambasciata americana di Parigi; ha definito “interventi” le stragi di Bali e Madrid, costati la vita a quattrocento persone, ed è collegato alla Taqwa Bank, che l’intelligence americana accusa di collusione col jihadismo. “Le prove che abbiamo contro di lui sono schiaccianti” dicono dal Dipartimento di stato. L’esperto di islam Jacques Jomier non ha dubbi: “Ramadan non modernizza l’islam, islamizza la modernità”. “Most dangerous man” Quando fu invitato all’Università di Aosta, Luciano Caveri, presidente ulivista della regione, ne bloccò la visita: “Mio padre è stato ad Auschwitz, dovrei accogliere chi sostiene che Israele va distrutto?”. In un confronto televisivo del 2003 con Ramadan, Nicolas Sarkozy dichiarò che “non si scrive con la razza, ma con la testa. Dire ebreo non è come dire parigino. C’è di mezzo la Shoah”. “Most dangerous man” lo definì Bernard Kouchner. Per Ramadan se un musulmano può sposare una cristiana o un’ebrea, “un’islamica non può sposare un uomo di un’altra religione”. Non ammette il diritto a lasciare l’islam e giustifica la lotta armata (“l’Iraq è colonizzato dagli americani, la resistenza è giusta”). Sostenitore delle piscine separate, invita i musulmani a fuggire un destino di degrado, a frequentare le moschee e portare i simboli dell’homo islamicus. Gli arabi li chiama “fratelli e sorelle”. Ma il musulmano Malek Boutih di Sos Racisme gli ha dato del “fascista”. Il Consiglio francese del culto musulmano si rifiutò di pubblicare la raccolta di fatwe di Yusuf al Qaradawi, in cui invitava a “liberare al Quds” (Gerusalemme). La prefazione era firmata Ramadan. “In pubblico parla di democrazia, nelle cassette distribuite nelle banlieue divulga idee integraliste” dice il tunisino Lafif Lakhdar, su cui pesa una fatwa di Rachid Ghannouchi, amico di Qaradawi e Ramadan. Il Sun, il tabloid più letto d’Inghilterra, commentò così l’annuncio che sarebbe stato consulente. “Bandito negli Stati Uniti per i legami con il terrorismo. Bandito in Francia per i legami con il terrorismo. Benvenuto in Inghilterra alcuni giorni dopo gli attacchi di al Qaida”. Quando Robert Redeker fu colpito dalla fatwa, Ramadan definì il suo articolo “odioso, razzista, orrendo”. A Caroline Fourest, che ha scritto un libro su di lui, ha dato di “agente di Israele”. “Posso non essere d’accordo con loro, ma non si può mandarli via solo per ciò che dicono” ha detto a Torino due anni fa degli imam predicatori di morte. “Diavolo sofisticato” per il filosofo Roger Scruton, nel 1993 Ramadan partecipò al boicottaggio dell’opera di Voltaire “Mahomet ou le fanatisme”. E’ capace di far ridere il pubblico. Dice che “gli occidentali hanno una, due o tre amanti”, non siano quindi così ipocriti da bandire la poligamia. Per chi volesse saperne di più, sintonizzarsi sulla sua tribuna inglese, Shariah Tv, nomen omen.

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