Ritratto di Azmi Bishara deputato alla Knesset, vuole la distruzione di Israele. Accusato di aver passato informazioni a Hezbollah, è fuggito e si dice perseguitato.
Testata: Agenzia Radicale Data: 27 aprile 2007 Pagina: 0 Autore: Elena Lattes Titolo: «Azmi Bishara»
Dal sito Nuova AGENZIA RADICALE:
Qualcuno è arrivato a definirlo (prendendo, come sempre invece di coniarne di nuovi, termini, paragoni e modelli dall’odiato Israele) l’Herzl dei palestinesi, per molti israeliani è invece un teppista razzista: Azmi Bishara è di fatto un arabo cristiano, cittadino israeliano, membro della Kneset che si considera un palestinese “perseguitato” dagli “occupanti” e “aggressori” israeliani.
Eletto nel 1996 nelle fila del partito arabo Balad, alleatosi all’epoca con un altro di estrema sinistra, il Hadash, e candidato al posto di Primo Ministro, nel 1999, non ha mai mancato di esprimere il suo sostegno ai peggiori nemici dello Stato di cui è (o dovrebbe essere) un esponente di spicco. Nel giugno del 2000 - dopo aver definito, nel 1999, l’esercito del Sud del Libano e i cristiani maroniti, alleati di Israele, “dei mercenari e traditori che è inconcepibile che vivano tra di noi” - lodò gli Hezbollah come una “forza nazionale coraggiosa che ha dato una lezione ad Israele, diventando l’avanguardia del mondo arabo desideroso di sacrificarsi per amore dell’obiettivo finale”. Pochi mesi dopo, all’indomani del disimpegno dal Libano, affermò che “gli Hezbollah hanno vinto e, per la prima volta dal 1967, possiamo assaggiarne la vittoria. Gli Hezbollah possono sentirsi orgogliosi di esser riusciti ad umiliare Israele”.
Nel dicembre 2005 lo stesso Bishara definì Israele “il più grande furto del ventesimo secolo”, aggiungendo: “ridateci la Palestina e prendetevi la vostra democrazia. Noi, arabi, non sappiamo che farcene”. Nel settembre scorso in occasione di una sua visita in Siria e in Libano, sostenne che la vittoria degli Hezbollah nella guerra appena conclusasi aveva sollevato lo spirito arabo. Un membro dello stesso partito, Zahalka, scrisse in un articolo che “la fondazione del Balad [risalente al 1995] ha bloccato l’israelizzazione che gli Arabi stanno affrontando come risultato del processo di pace di Oslo presentandosi come unica opzione per i cittadini arabo-palestinesi.” Un caso quindi, quasi unico, poiché perfino il parlamentare inglese George Galloway, che ha lodato le organizzazioni islamiche fondamentaliste, non ha mai auspicato la distruzione della Gran Bretagna.
In realtà nel 1999 e nel 2003 Bishara fu squalificato dalla Commissione elettorale centrale. Ma l’Alta Corte di Giustizia, la stessa che decretò l’illegalità del partito Kach per il suo razzismo antiarabo e cacciato il suo leader Rav Kahana che fu poi ucciso negli USA, decise di interpretare la legge in maniera meno restrittiva, permettendo al Balad di partecipare alle elezioni.
Recentemente è di nuovo scoppiato il caso, allorché Bishara, già inquisito per i suoi viaggi illegali in Siria e in Libano, e in aperta violazione della Legge, è andato nello Yemen e in Qatar, altri due Stati che non hanno relazioni diplomatiche e non sono in buoni rapporti con Israele. Il regolamento, infatti, prevede che i membri della Kneset debbano essere autorizzati dal capo del Governo o dal Ministro degli Interni per poter andare in Paesi nemici. La Commissione parlamentare, quindi sta ora valutando il caso di revocare alcuni benefici di cui godono tutti gli eletti, quali la gratuità dei giornali e il ricevimento di fondi statali. Non sembra tuttavia in discussione la sua esclusione dalla Kneset, né il suo stipendio da parlamentare, sebbene alcuni suoi colleghi, soprattutto del Likud, l’abbiano chiesto a gran voce.
Dal canto suo Bishara aveva più volte espresso il desiderio di dimettersi: “durante la guerra [della scorsa estate], quando i miei amici in Libano stavano soffrendo, era per me psicologicamente difficile entrare nella Kneset. Sono un palestinese, non un israeliano. Ho deciso di dimettermi, ma non ancora quando farlo”, sebbene poi, avesse aggiunto di voler rimanere all’interno del Partito e di continuare ad essere politicamente attivo.
Infine, domenica 22 aprile, ha presentato le sue dimissioni all’ambasciata israeliana del Cairo dove attualmente si trova. Non si sa ancora se tornerà o no, ai suoi amici ha espresso il timore di un processo, sebbene nei giorni scorsi aveva detto che il suo arresto non lo preoccupava affatto e che in prigione avrebbe potuto approfittare del tempo libero per completare i suoi scritti. La stampa araba ha subito approfittato dell’occasione per additare Israele come uno stato razzista che discrimina la minoranza non ebraica, descrivendo Azmi Bishara come un martire ed evitando accuratamente di parlare del suo atteggiamento distruttivo.
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