Il piano saudita deve cambiare per via dei razzi di Hamas e della sua stessa debolezza: l'analisi di Anna Barducci Mahjar
Testata: Il Foglio Data: 27 aprile 2007 Pagina: 2 Autore: Anna Barducci Mahjar Titolo: «Riad ritocca il suo piano per il medio oriente con una mini road map»
Dal FOGLIO del 27 aprile 2007:
Washington. L’Arabia Saudita rilancia la propria iniziativa di pace in medio oriente. Nonostante la rottura della tahdiya (calma) da parte dell’ala militare di Hamas nell’anniversario dell’indipendenza di Israele, Riad non rinuncia agli sforzi di mediazione. Re Abdullah ha organizzato una Commissione, composta da ministri per gli Affari esteri di paesi appartenenti alla Lega araba, per cominciare i negoziati con lo stato ebraico. Il piano saudita si basa sull’offerta a Israele per ottenere la normalizzazione dei rapporti con il mondo arabomusulmano in cambio dello smantellamento dei settlement nei Territori. L’iniziativa è stata divisa in fasi. Per il momento, Riad ha proposto soltanto l’invio dei ministri per gli Affari esteri di Giordania e Egitto in Israele, iniziando così il primo, timido passo verso i negoziati. La proposta saudita, è stata però criticata dagli Stati Uniti: il Cairo e Amman hanno già firmato la pace. La visita dei due alti ufficiali a Gerusalemme non porterebbe niente di nuovo. Washington, invece, avrebbe preferito che Riad si fosse esposta maggiormente, inviando in Israele un proprio rappresentante. Nell’ultimo mese, però, il principe Saud el Faisal, ministro saudita per gli Affari esteri, ha continuato a ribadire la necessità di trattare con lo stato ebraico per trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese. I commentatori del mondo arabo dicono che la posizione saudita, per quanto minimizzata da Washington, rappresenta già una novità importante per la regione. Inoltre, pare che il premier israeliano, Ehud Olmert, e il principe Bandar, a capo della sicurezza nazionale saudita, si siano già incontrati ad Amman qualche mese fa. Olmert, visibilmente invecchiato nel giro di pochi mesi, ha applaudito l’iniziativa del re Abdullah, dichiarando il proprio sostegno. A Gerusalemme, però, gli analisti dicono che l’appoggio del premier al piano saudita non è genuino. A fine mese, infatti, Olmert, in forte calo nei sondaggi, dovrà affrontare la commissione Winograd sulle responsabilità della guerra in Libano contro Hezbollah. Il primo ministro israeliano potrebbe non sopravvivere politicamente. Olmert utilizzerebbe, quindi, l’iniziativa del re Abdullah per guadagnare punti tra l’elettorato l’elettorato nazionale, alla ricerca di una speranza per la fine del conflitto israelo-palestinese. In soccorso di Olmert va anche re Abdullah di Giordania. Il giovane sovrano sta cercando una soluzione condivisa da Israele per il ritorno dei rifugiati palestinesi. Dopotutto, nel piano originale saudita nel 2002, il ritorno non era stato inserito tra le clausole. Furono la Siria e l’ex rais, Yasser Arafat, a fare pressione su Riad nel congresso di Beirut dello stesso anno, per aggiungere il ritorno dei rifugiati in Israele, come termine fondamentale. L’Arabia Saudita si trova, adesso, impegnata su più fronti. Se da una parte il re è impegnato a rivitalizzare le trattative tra palestinesi e israeliani, dall’altro sta tentando di bloccare la minaccia nucleare iraniana. Il regno, inoltre, si è impegnato pubblicamente a mettere fine al terrorismo in Iraq. Negli ultimi mesi, Riad ha pagato guerriglieri iracheni per abbandonare le armi e il temuto principe Nayef, ministro dell’Interno, è intervenuto contro gli sheikh wahabiti, che incitavano il jihad in Iraq. Infine, Saud el Faisal, preoccupato per gli sviluppi a Beirut, ha recentemente dato un aut aut alla Siria, dichiarando che il presidente libanese, Emile Lahoud, deve andarsene. Mamoun Fandy, editorialista del quotidiano saudita, Asharq al Awsat, dice però che gli sforzi di Riad devono essere più pragmatici. In un articolo recente – trascritto dal Memri – ha scritto che il sovrano saudita deve offrire un pacchetto tangibile a Israele per trovare una reale soluzione. Fandy propone pertanto al re Abdullah di organizzare una cooperazione militare tra lo stato ebraico e i paesi della Lega araba, assicurando a Olmert la sicurezza del paese. La cooperazione dovrebbe prevedere scambi di informazioni tra servizi di intelligence, consultazioni strategiche e l’identificazione di obiettivi comuni. Inoltre, per Fandy è importante che il piano di normalizzazione dei rapporti con Israele sia promosso nei media arabi, coinvolgendo la popolazione nel progetto. L’editorialista egiziano scrive che anche se il Cairo ha firmato la pace con Gerusalemme, sono centinaia i canali televisivi del paese che continuano ancora a fare propaganda contro il “nemico sionista”.
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