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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.04.2007 Condannato per aver reso pubblica la morte di un detenuto politico
il caso di Anwar al-Bunni, perseguitato dal regime siriano

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 aprile 2007
Pagina: 14
Autore: Michele Farina
Titolo: «Condannato l'ultimo degli al-Bunni, i «fratelli dissidenti»»
Una storia di persecuzione e violazione dei diritti umani per la quale non si vede in Italia nessuna mobilitazione.
Forse perché riguarda il regime siriano, con il quale, dicono in molti (politici, giornalisti, analisti), è indispensabile "dialogare"?

Ecco la cronaca del CORRIERE della SERA del 26 aprile 2007:

Staffetta di famiglia nelle galere siriane. E' da un po' che Anwar al-Bunni e i suoi fratelli cristiani si danno il cambio: Yusef ci ha passato 15 anni, Ibrahim 5, la sorella Saha 4. Il maggiore, Akram, lo scrittore, ne ha totalizzati 17 sotto entrambi i presidenti, Assad padre e figlio. Ora tocca ad Anwar, l'avvocato dei diritti umani, incrementare il record.
L'altro ieri il Tribunale Penale di Damasco ha condannato Anwar al-Bunni a 5 anni di prigione, come aveva chiesto l'accusa. La sua colpa principale: aver diffuso notizie false che indeboliscono il morale della nazione, gettare discredito sulle istituzioni dello Stato.
«Un altro colpo ai diritti umani — denuncia Amnesty International — in un Paese dove lo stato di emergenza in vigore dal 1963 ha portato alla detenzione e alla tortura di migliaia di sospetti oppositori politici». Dopo l'immediata condanna degli Stati Uniti (la sentenza contro Al Bunni è un «triste commento sullo stato della libertà politica sotto il regime del presidente Bashar Al-Assad») la presidenza dell'Unione Europea ha manifestato la sua «profonda inquietudine per i ripetuti casi di persecuzione dei diritti dell'uomo a Damasco».
Lui, Anwar al-Bunni, 48 anni, attraverso il suo difensore Razan Zaitouneh ha fatto sapere di «essere orgoglioso di quello che ho fatto». E ancora: «Non ho commesso alcun reato, questa sentenza è fatta per chiudermi la bocca e bloccare chi vuole denunciare le violazioni che avvengono nel mio Paese». «E' un messaggio a tutta l'opposizione — chiosa Zaitouneh —. Puntate alla democrazia e vi puniremo».
Nessun commento, nessuna conferma della sentenza è arrivata — come di consueto — dalle autorità siriane. Al-Bunni è uno degli ideatori di quella «Dichiarazione Beirut- Damasco» con la quale un anno fa 300 intellettuali di entrambi i Paesi chiesero al governo del presidente Bashar al-Assad «una riforma radicale» nei rapporti con il Libano: dal riconoscimento della sua piena indipendenza alla definizione dei confini. Stanno in questo appello le inconfessate radici della sentenza contro al-Bunni? Alcuni osservatori fanno notare come la condanna dell'attivista sia arrivata nelle stesse ore in cui il Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-Moon arrivava a Damasco per discutere di una misura mal vista dai siriani, e cioè la creazione di un Tribunale internazionale sull'omicidio dell'ex premier libanese Hariri.
Ma a pesare di più è un altro affronto al «morale» della nazione. Anwar è «colpevole» di aver reso pubblica nell'aprile 2006 la morte di un giovane detenuto politico, Mohammed Chaher Haissa, motivandola con «il trattamento disumano» a cui fu sottoposto in carcere. D'altra parte i fratelli al-Bunni se ne intendono. Akram potrebbe raccontare di come in passato fu appeso a testa in giù e torturato con le scosse elettriche. Lo stesso Anwar — denuncia Amnesty — nel gennaio 2007 è stato picchiato e umiliato nel carcere di Adra, 20 chilometri das Damasco, costretto a camminare a quattro zampe con il capo rasato. Ma sempre a testa alta. «Sono orgoglioso di quello che ho fatto». Anche oggi in una cella dell'Adra, si accenderà una dopo l'altra le sue 60 sigarette quotidiane, marca Alhamraa. Come sanno i turisti, in primavera nella pacifica Siria c'è un'aria bellissima.

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