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Il Manifesto Rassegna Stampa
26.04.2007 Bishara il perseguitato, Olmert il cinico sul baratro
una cronaca caricaturale e faziosa

Testata: Il Manifesto
Data: 26 aprile 2007
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Guerra in Libano e mazzette, Olmert sulla via del tramonto»

Olmert "si avvicina al baratrro", riceve "un colpo secco allo stomaco" e replica debolmente alle accuse di corruzione che gli vengono mosse affermando di aver "perso completamente la fiducia" nel giudice.
Per contro, il deputato arabo-israeliano, fuggito all'estero e accusato di aver fornito informazioni a Hezbollah, "nega tutto con fermezza" e si dichiara  "vittima, ormai da molti anni, di una campagna sistematica contro la sua persona e la sua idea di trasformazione di Israele da Stato ebraico a «Stato di tutti i suoi cittadini".
Bishara ha anche esortato Hamas a non fare concessioni a Israele, ha lodato Hezbollah per 
"aver sollevato con la guerra lo spirito Arabo" e per le promesse di distruggere Israele. (vedi l'articolo di Fiamma Nirenstein ): le sue idee non sono mai state pacifiche come vorrebbe farci credere Giorgio.

Il quale, per altro, condivide con il deputato arabo-israeliano la propensione a giustificare  la violenza e scrive  "terrorismo" rigorosamente tra virgolette, riferendosi a quello antisraeliano. Certamente secondo  lui sarebbe  più adeguata la parola "resistenza".

Le reazioni israeliane al terrorismo sono invece sempre ingiustificabili e mai compiute realmente per difesa.

Gli "ultimi attacchi israeliani che hanno fatto nove morti a Gaza e in Cisgiordania" non sembra siano stati compiuti contro terroristi, stando all'articolo di Giorgio.
Le eliminazioni mirate colpiscono "militanti".
I razzi kassam sono "artigianali".
I premier israeliani in difficoltà spesso usano cinicamente "il pugno di ferro contro i palestinesi per riguadagnare consensi interni".

Olmert ha però bloccato "la prevista ampia operazione militare contro la Striscia di Gaza". E' solo perché sa che non gli servirebbe a riguadagnare consensi, ci assicura Giorgio, senza spiegare com'è giunto a questa conclusione.

Ecco il testo:

Lentamente ma inesorabilmente il premier israeliano Ehud Olmert si avvicina al baratro. Di recente ha cercato con tentativi diplomatici inconsistenti sul fronte palestinese e arabo di rendere un po' più brillante la sua immagine di leader perdente, ma la sua carriera politica è comunque vicina alla conclusione.
Ieri, mentre i media erano impegnati ad affilare le armi in vista della presentazione (lunedì prossimo), da parte della Commissione Winograd, dei verbali delle deposizioni sulla fallimentare offensiva israeliana in Libano della scorsa estate, il giudice israeliano incaricato di verificare l'operato delle istituzioni pubbliche (Controllore dello Stato) ha raccomandato l'apertura di un'inchiesta penale nei confronti del premier per un possibile conflitto di interessi all'epoca in cui era ministro dell'industria e del commercio.
Per Olmert è stato un colpo secco allo stomaco che, con ogni probabilità, spegne il suo estremo tentativo di resistere alla richiesta di dimissioni che molti si preparano a formulare dopo la presentazione dei verbali integrali della Commissione Winograd. Il premier infatti è già sotto indagine per il caso della privatizzazione della Banca Leumi nel 2005, quando era ministro del Tesoro nel governo di Ariel Sharon.
Il giudice Micha Lindenstrauss ha stabilito l'esistenza di un possibile conflitto di interessi in un affare da milioni di dollari che nel 2003 ha coinvolto Olmert, all'epoca ministro, il quale avrebbe concesso finanziamenti pubblici per la creazione di un'azienda vicino a Dimona diretta da uno dei suoi fedelissimi, l'avvocato Ori Messer. Le sovvenzioni concesse alla società «Silikat», che avrebbe dovuto fabbricare pneumatici, sarebbero arrivate fino a 10 milioni di dollari ma la ditta non ha mai visto la luce del giorno. Stando alle conclusioni di Lindenstrauss «i rapporti del ministro Olmert con la direzione dell'azienda, il suo intervento determinante in diversi ambiti legati allo sviluppo del progetto, nonostante un conflitto d'interessi, suscitano dei sospetti sulla sua integrità».
Commentando a caldo la notizia, Olmert ha affermato di aver «perso completamente la fiducia in Lindenstrauss». Il caso però rischia di travolgerlo. Il suo destino è ancora una volta nelle mani del procuratore generale dello stato, Menahem Mazuz, il solo a poter ordinare l'avvio di un'inchiesta penale contro il premier.
Non servirà molto ad Olmert usare, come spesso fanno i primi ministri israeliani in difficoltà, il pugno di ferro contro i palestinesi per riguadagnare consensi interni. Il premier lo sa e per questo ieri a sorpresa ha deciso, nel corso di una riunione d'emergenza con i vertici della difesa, di non lanciare la prevista ampia operazione militare contro la Striscia di Gaza. Ciò non significa che le forze armate israeliane rimarranno immobili. Olmert infatti ha autorizzato l'esercito a compiere operazioni «limitate» (assassinii mirati di attivisti palestinesi?) per fermare i lanci di razzi artigianali da Gaza. Le Brigate Ezzdin Qassam, braccio armato di Hamas, due giorni fa avevano annunciato che per loro «la tregua è finita» dopo gli ultimi attacchi israeliani che hanno fatto nove morti a Gaza e in Cisgiordania.
Intanto, come le indiscrezioni indicavano da giorni, ieri la magistratura ha comunicato che il deputato arabo israeliano nonché leader carismatico del partito Tajammo, Azmi Bishara, è indagato, perché sospettato di aver aiutato Hezbollah durante l'offensiva israeliana della scorsa estate contro il Libano, di aver finanziato il «terrorismo» e di aver riciclato denaro.
Accuse gravissime che potrebbero costargli una condanna a decine di anni di reclusione. Secondo un giurista della radio israeliana, in considerazione dello stato di guerra, rischierebbe in teoria perfino la pena di morte (sospesa in Israele). Bishara nega tutto con fermezza e dal Qatar, dove si trova, in un'intervista alla televisione Al Jazeera, ha detto di essere vittima, ormai da molti anni, di una campagna sistematica contro la sua persona e la sua idea di trasformazione di Israele da Stato ebraico a «Stato di tutti i suoi cittadini».

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