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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.04.2007 Ayaan Hirsi Ali, l'"infedele" in fuga dall'islam
un'intervista di Alessandra Farkas

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 aprile 2007
Pagina: 39
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Io, l'infedele Hirsi Ali: in fuga dall'Islam»
Dal CORRIERE della SERA del 25 aprile 2007

NEW YORK — La scollatissima receptionist afroamericana della Soho House non vuole farla accedere al bar dell'hotel, ma più per un senso di rivalità femminile che per eccesso di precauzione antiterrorista. «Ho rischiato di perdere l'intervista», scherza Ayaan Hirsi Ali, che arriva in ritardo, scortata da una mastodontica guardia del corpo incaricata di vigilare sulla sua tournée per promuovere l'autobiografico Infedele, edito in Italia da Rizzoli e già bestseller in molti Paesi. Se la sua statuaria bellezza le ha già procurato gli anatemi, in odore di machismo, di Timothy Garton Ash («Se fosse bassa, tozza e strabica, nessuno l'ascolterebbe»), quando Ayaan rivela l'interesse di Hollywood a portare la sua storia sul grande schermo, è difficile pensare ad un'attrice altrettanto bella e intensa che possa vestirne i panni.
«Non posso certo dire che la mia esistenza sia stata semplice o noiosa», esordisce l'autrice, figlia di Hirsi Magan Isse, noto intellettuale somalo in passato leader dell'opposizione al dittatore Siad Barre. Reduce dall'inferno dell'infibulazione, in soli 37 anni di vita Ayaan ha abiurato l'Islam, scaricato due mariti ed è stata ripudiata dalla famiglia. Oltre a scrivere una sceneggiatura per un film di 11 minuti costato la vita all'amico Theo van Gogh. E ad essere eletta e poi «licenziata» dal Parlamento olandese, in seguito ad uno scandalo che ha fatto crollare il governo, costringendo lei, oggetto di una fatwa, a scappare in Usa. «Mi sento ancora in colpa per la morte di Theo e penso a lui tutti i giorni», racconta. «Se mi avesse dato retta quando lo supplicavo di non firmare quel film, sarebbe ancora vivo. "Questa è l'Olanda, il mio Paese", ripeteva, "e un regista non può restare anonimo né girare col gorilla"». Come lei, che anche in America è costretta a vivere sotto scorta: «Me la paga il governo olandese, che però vorrebbe scaricare l'onere sugli americani. Immorale».
Nella sua nuova patria, Ayaan è contesa dalla destra e dalla sinistra: «Mi considero bipartisan. Lavoro per l'American Enterprise Institute, un think tank neocon di cui apprezzo l'agenda contro lo Stato sociale. Ma sul piano dei diritti umani sono più in sintonia con i democratici. E mi piacerebbe incontrare Hillary». Per l'Europa non prova rimpianti: «La sinistra europea mi ha tradito. Così come gli intellettuali islamici e presunti liberal. Sull'Economist Deborah Scroggins mi ha distrutto. E dalle pagine di
Newsweek, Lorraine Ali mi accusa di essere "più l'eroina degli islamofobi che delle donne musulmane"». Ma l'attacco più virulento viene dall'avvocatessa iraniana Shirin Ebadi, Nobel per la Pace, che in un'intervista l'accusa di «fare il gioco dei mullah». «Shirin pensa che l'Islam possa essere riformato solo dall'interno, ma poi si rifiuta di ammettere che ci sia qualcosa di sbagliato nel Corano. E non osa toccare il dogma dell'infallibilità del profeta Maometto, che ci costringe a vivere con la moralità del VII secolo. Io al contrario ripudio l'Islam dalla A alla Z e penso che chiunque abbia il diritto di sfidarne i dettami, contribuendo al suo tracollo». Una crociata che combatte quasi da sola. «L'intellighenzia islamica è quasi tutta ortodossa. Tranne un piccolo gruppo di cui fanno parte Salman Rushdie, Irshad Manji, Magdi Allam, Wafa Sultan, Walid Phares, Tawfik Hamid. Il nostro maestro è Ibn Warraq, nom de plume di uno scrittore che da anni abita in Usa. Anche loro, come me, vivono sotto scorta, costantemente minacciati di morte». Ma l'aspetto più bruciante della sua rocambolesca esistenza, confessa, «è stata la rottura coi genitori». Che l'accusano di aver inventato la storia del matrimonio combinato dalla famiglia con uno sconosciuto, per impietosire il governo olandese e ottenere la cittadinanza. «Appena il clamore si sarà placato, sono certa che ci rappacificheremo. Lo spero davvero».
Uno dei temi centrali del suo libro è l'infibulazione, cui fu sottoposta a cinque anni, per volontà della nonna. «Sfidò il veto di papà, contrario alla pratica, ma a quei tempi prigioniero di Siad Barre. Ricordo tutto di quel giorno. I grandi che mi tenevano ferma mentre urlavo, il dolore, il sangue, il colore dell'antisettico. E ricordo quando la stessa cosa successe a mia sorella e alle mie cuginette ed amiche. In Somalia è normale. Tutti sono circoncisi, tranne i poveri e i diseredati. Dopo l'operazione, i rapporti sessuali sono impossibili fino alla defibulazione». Che, in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. «È una pratica crudele, che ha lo scopo di conservare la verginità al futuro sposo e di rendere la donna una specie di oggetto sessuale, incapace di provare piacere». Dopo ogni parto viene effettuata una nuova infibulazione, per ripristinare la situazione prematrimoniale. «In realtà questa circoncisione non rimuove il desiderio o la capacità di provare piacere sessuale. In Somalia, Sudan e Egitto le giovani donne perdono la verginità prima del matrimonio e poi tornano in clinica a farsi ricucire. Dando vita ad un mercato nero di ricatti tra amiche, che minacciano di rivelare tutto al futuro marito. È un sistema crudele, che non funziona e uccide».
L'Onu e altre organizzazioni vorrebbero intervenire. «Sarebbe inutile, perché l'infibulazione rispecchia il maschilismo e l'insicurezza degli uomini del mondo musulmano. Serve una rivoluzione culturale che distrugga il mito omicida della "sposa vergine", che condanna tante donne innocenti alla lapidazione. Questo Shrin Ebadi non lo dice. I musulmani dovrebbero seguire l'esempio del mondo cattolico, dove la verginità un tempo sacra, oggi non conta più nulla».
Che cosa pensa Ayaan dell'islamofobia, secondo alcuni imperante nel mondo? «È vero il contrario. L'Europa ha letteralmente calato le braghe di fronte all'Islam: con i soldi pubblici costruisce moschee e mette al bando Winnie the Pooh dalle scuole perché inviso ai musulmani. Questo assurdo filoislamismo causerà il ritorno dei partiti fascisti, che tra dieci anni saranno i soli, insieme all'Islam radicale, a spartirsi il Vecchio Mondo». La situazione non è migliore in Usa: «Purtroppo l'Islam americano è altrettanto radicale e dogmatico. Emancipazione economica non è sinonimo di assimilazione culturale. Più ricchi e colti sono i leader islamici, e più sono letali nel condurre la jihad. Oggi nel mondo i musulmani violenti superano i non violenti».
Tesi forti, che hanno spinto il Washington Post a paragonarla a Oriana Fallaci. «Non merito un simile onore, perché non ho realizzato neppure una frazione di quanto ha fatto lei. Per me è stata un'ispiratrice: la pioniera che già negli anni Settanta ha saputo capire cosa sarebbe accaduto». Alcuni mesi prima di morire, la Fallaci invitò Ayaan nella sua casa di New York. «Ricordo una donna minuscola in un appartamento enorme. Fuori faceva freddo e il cuore mi si strinse. Mi supplicò di fare figli, presto. "Perché l'unico grande sbaglio della mia vita è stato quello di non avere un bambino", disse. Alla sua morte provai pietà e vergogna per il modo in cui l'Italia l'aveva fatta vivere e morire. Sola come un cane».

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