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Il Giornale - Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
24.04.2007 Aprire ad Hamas: il governo italiano si renda conto che è una pessima idea
un'intervista all'ambasciatore israeliano Gideon Meir e due commenti

Testata:Il Giornale - Il Foglio - L'Opinione
Autore: Alessandro M. Caprettini - la redazione - Dimitri Buffa
Titolo: ««L’Europa non finanzi i terroristi di Hamas» - Prodi balla da solo con Hamas - Prodi apre ad Hamas»
Dal GIORNALE del 24 aprile 2007, un'intervista all'ambasciatore d'Israele in Italia Gideon Meir:

Il sogno nel cassetto? Quello di portare l’interscambio Italia-Israle da 2,5 a 8,4 miliardi di dollari. «E cioè pareggiare quello tra Italia e Iran...», ride divertito. Materia per collaborazioni ce n’è: medicina, tecnologie di alto livello, cultura e tanto altro. Ma il presente resta grigio. E alla festa per i 59 anni del suo Paese, proprio oggi, Ghideon Meir, ambasciatore di Gerusalemme a Roma da solo 7 mesi, si presenta più allarmato che felice. «In tutti questi anni non è cambiato nulla. Anzi, forse le minacce alla nostra esistenza sono aumentate visto che a quelle ben note si aggiunge ora anche quella nucleare e che quello che facciamo per difendere le nostre case, nessuno, anche tra gli amici, lo ha fatto né lo farà mai...».
Paesi amici. L’Italia lo è?
«Diciamo che c’è un buon dialogo con l’attuale governo, che abbiamo apprezzato quando è stato il primo a dirsi disponibile a inviare truppe nel sud del Libano, dopo gli scontri dell’anno scorso. Certo, questo non vuol dire che ci sia accordo su tutto. Ma nel corso di incontri con Prodi e D’Alema ho trovato interlocutori attenti, come del resto lo erano Berlusconi e Fini che ebbero anzi un ruolo fondamentale per fare inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche».
Capisco che di Hamas continuate a non fidarvi...
«Si fiderebbe di un movimento che sostiene in maniera per nulla implicita che Israle va distrutto? Guardi che lo dicono ad alta voce, anche dopo la formazione del governo di coalizione con Fatah. Loro non dicono “due popoli e due Stati” come ormai accettano tanti in Israele e anche in qualche Stato arabo: loro pretendono “un solo Stato”. Il che presuppone la disintegrazione di Israele».
È per questo che vi opponete alla riapertura dei rubinetti finanziari europei ai palestinesi, che Abu Mazen (oggi arriva a Roma, ndr) va perorando?
«Chi ha posto condizioni per riavviare i finanziamenti ai palestinesi non siamo stati noi, ma la comunità internazionale. E però accade troppo spesso che se l’Onu o la Ue avanzano una nuova idea per la pace e Israele dice sì e i palestinesi al contrario dicono di no, ecco che le stesse comunità internazionali cominciano a pressare noi, e non chi si oppone... Strano? Purtroppo è così. E dunque se si riavviassero i finanziamenti europei al governo palestinese dove Hamas domina, ecco che si fornirebbero soldi non per la pace, ma al terrorismo».
Ne è sicuro?
«La striscia di Gaza è un arsenale pronto a esplodere. Nelle ultime settimane abbiamo sventato due enormi attentati e sappiamo che aumenta il numero dei missili Kassam che vengono nascosti. Solo il nostro esercito e la nostra intelligence riescono a sventare le minacce che ci sono portate quotidiamente».
Ma il piano di pace saudita? Credete o no che possa cambiare lo stato delle cose?
«Alcune cose, come i due Stati, paiono positive. Ma nel recente vertice a Beirut della Lega Araba si è tornati all’idea del “diritto di ritorno” che esclude che possano esserci due Stati. Una pura pretesa di sparizione dello Stato ebraico che per noi è inammissibile. Spero l’Europa ne tenga conto».
Ambasciatore Meir, perché alcuni in Europa, e anche in Italia, non amano Israele?
«Intanto perché trasformare la vittima in aggressore, sana i sensi di colpa, come dimostra il fatto che spesso accomunano le nostre azioni militari a quelle dei nazisti! Poi resta una robusta dose di antisemitismo, spesso mascherato da antisionismo. Ancora, ci si giudica con gli occhiali del colonialismo europeo e naturalmente c’è di mezzo la crescita dell’Islam nel Vecchio continente. Non siamo anti-musulmani, ma non possiamo far finta di niente davanti a un integralismo che si fa antisemita e vuole distruggerci».
Una cura possibile?
«Maggiore conoscenza di quel che siamo: una democrazia vera, tant’è che la nostra Corte suprema ha vietato partiti razzisti anti-arabi e che nel nostro Parlamento sono eletti arabi che vogliono la fine dello Stato di Israele. Più interscambi, culturali, commerciali, turistici. Sapere che noi vogliamo la pace davvero. Ma che troppo spesso ci troviamo davanti a un muro».
Ultima questione: il Libano. Funziona la forza d’interposizione europea?
«Con la guerra siamo riusciti ad allontanare Hezbollah dai nostri confini e a distruggere i loro arsenali missilistici. Confidiamo che il contingente Unifil esegua il compito affidatogli sotto il comando italiano perché altrimenti si potrebbe nuovamente arrivare allo scontro. Sappiamo che i rifornimenti d’armi dalla Siria al terrorismo sono ripresi e abbiamo anche fornito prove. Quel che accadrà prossimamente nel Libano del sud è un interrogativo aperto di cui si discute molto anche a Gerusalemme. Ci auguriamo tutti che l’Europa si renda conto del ruolo vitale che sta giocando là, a cominciare dal governo italiano».

Dal FOGLIO, un edoriale:

Prodi ha deciso di marcare ancora una volta una differenza radicale tra l’Italia e la comunità internazionale. In un’intervista al quotidiano arabo Al Sharq Al Awsat il premier italiano ha reso note le idee che ha sviluppato nei suoi colloqui a Riad e altrove: “Il ruolo ideale dell’Europa è sforzarsi di favorire l’ulteriore evoluzione di Hamas verso l’accettazione del riconoscimento del diritto all’esistenza dello stato di Israele, che considero un traguardo più che una precondizione. Gli altri due principi, la cessazione della violenza e il riconoscimento degli accordi precedenti, sono stati già accolti in qualche modo”. Prodi, dunque, si distacca da Onu, Ue, Usa e Russia, che continuano a ribadire che il riconoscimento pieno di Israele è una precondizione imprescindibile allo stesso riconoscimento del governo Hanyeh, non un “traguardo”. Quanto all’affermazione che Hamas avrebbe cessato l’uso della violenza, Prodi si supera in cinismo: Hamas tiene sempre prigioniero il caporale israeliano Shalit e si rifiuta di restituirlo, e ogni giorno spara (o fa sparare dal Jihad islamico) razzi su Israele, mentre si rifiuta di “riconoscere i trattati” siglati dall’Olp, limitandosi a “rispettarli”, che è tutt’altra cosa. Non una divaricazione italiana dalle posizioni della Casa Bianca, dunque, ma un plateale disconoscimento della gestione della crisi mediorientale da parte del quartetto.
Come da mesi fa con l’Iran, Prodi fa aperture di credito tali ai fondamentalisti da rompere la solidarietà occidentale ed europea. Una scelta tanto più grave perché non esiste neanche l’alibi di una presunta opzione da apripista, per favorire il dialogo: Egitto e Giordania sono state incaricate ufficialmente dalla Lega araba di trattare con Israele sullo stato palestinese, mentre la stessa Casa Bianca ha aperto contatti con i ministri di Abu Mazen. Ma Ue, Onu e Usa continuano a chiedere a Hamas, come all’Iran, il rispetto delle precondizioni stabilite: riconoscimento di Israele da parte del gruppo palestinese, sospensione immediata dell’arricchimento dell’uranio da Teheran. Prodi lascia intendere di ritenerle carta straccia.

Da l'OPINIONE:

Quando si dice il tempismo politico della politica estera del governo Prodi! Domenica arrivava la notizia dell'apertura di credito del presidente del Consiglio in visita di stato in Arabia Saudita al movimento terroristico di Hamas, ieri giungeva invece l'ennesima doccia fredda da parte di uno degli uomini politici più rappresentativi del partito di Haniyeh, cioè l'ex ministro dell'Interno, Sa'id Siam, che dalla tv Al Aqsa, quella del movimento integralista che fa riferimento ai Fratelli mussulmani, invitava i miliziani armati palestinesi a compiere altri sequestri di soldati e di cittadini israeliani per trattare da posizioni di forza con lo stato ebraico il rilascio di "tutti i fratelli detenuti nelle carceri del nemico sionista". E questa sua presa di posizione veniva ribadita poche ore dopo dal "Comitato per i prigionieri detenuti in Israele" in seno al Consiglio legislativo palestinese, praticamente una commissione parlamentare di quello stato eternamente in fieri. Come Prodi si illuda di addomesticare una realtà politico esistenziale come quella di Hamas rimane quindi un mistero.

Forse il troppo entusiasmo per essere stato ricevuto a Ryad con gli onori di un capo di Stato, invece che di governo, devono avergli dato alla testa. E poi Hamas, purtroppo, non é mai stato isolato nella Ue, come azzardatamente diceva lo stesso Prodi per farsi bello tra gli arabi che dicono a parole di volere trattare il riconoscimento di Israele ma che in realtà continuano a volere mirare alla distruzione di quella che chiamano "l'entità sionista". Infatti i palestinesi durante il governo precedente di Hamas hanno addirittura incrementato le entrate dovute ad aiuti europei ed americani. E il ringraziamento di tutto ciò è quello di avere aumentato gli atti di guerriglia ostili non solo a Israele ma anche agli altri occidentali presenti in Medio Oriente.
Ne sa qualcosa il reporter della Bbc Johnston, che per quanto filo palestinese rischia di fare la fine degli ostaggi in Iraq e in Afghanistan.


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