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La Stampa Rassegna Stampa
23.04.2007 E dell'Ucoii, cosa pensa il professor Bormans ?
a proposito di una conferenza dello studioso cattolico di islam

Testata: La Stampa
Data: 23 aprile 2007
Pagina: 19
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «“Gli imam italiani manovrati dagli arabi"»
Giacomo Galeazzi  sulla STAMPA del 23 aprile 2007 riporta le dichiarazioni dell'islamologo cattolico Maurice Borrmans durante una conferenza all'Università della Santa Croce.
Tra dichiarazioni interessanti, ve n'è una che si stenta a comprendere, almeno a giudicare dall'articolo di Galeazzi. Perché, a proposito dell'islam italiano, attaccare il Coreis(organizzazione che condanna terrorismo e fondamentalismo), e non denunciare il fondamentalismo e il filo-terrorismo dell'Ucoii, affiliata ai Fratelli musulmani ?
Il fatto che il Coreis sia  scarsamente rappresentativo dell'ilslam italiano attuale lo si deve anche al proliferare incontrollato di imam improvvisati e ruotanti nell'orbita del fondamentalismo che lo stesso Bormans denuncia.
Per arrivare a proporre come modello positivo quello del controllo di stato sulle moschee, tipico dei paesi islamici. Non certo un esempio di rappresentatività.

Ecco il testo:


I governi musulmani controllano gli imam in Italia e in Occidente. I Consigli regionali del culto musulmano creati da Sarkozy in Francia sono l’esempio da seguire, mentre qui i predicatori sono fuori da ogni responsabilità anche penale».
A lanciare l’allarme, in una conferenza alla Pontificia Università della Santa Croce (l’ateneo dell’Opus Dei), è il massimo esperto vaticano di Islam, monsignor Maurice Borrmans: «Attenti a capire che Islam si sta formando in Italia. Nessuna sigla può dirsi rappresentativa dei 500 mila musulmani della penisola. C’è troppa faciloneria: Yahya Pallavicini del Coreis, per esempio, ha preteso di accreditarsi come il portavoce dell’Islam italiano e purtroppo ci hanno creduto anche alcuni vescovi».
Sullo sfondo, lo scontro di potere per l’intesa con lo Stato. «La nostra è una società con antiche radici culturali e forte tradizione cristiana - ammonisce Borrmans-. Tale società è portatrice di valori importantissimi, frutto di secoli di storia, di lotte per i diritti umani, Non si possono barattare questi valori in nome di una presunta “multiculturalità” a senso unico e senza reciprocità». Un «J’accuse» verso un approccio superficiale e ingenuo.
«In ogni Paese l’Islam viene regolato dallo Stato, in Italia no - avverte Borrmans -. In Marocco consentono l’apertura delle moschee solo per la preghiera e la laicissima Francia ha istituito 25 consigli per le questioni delle prediche, delle moschee, dei cimiteri e delle feste. Il governo turco ha una direzione che controlla la predicazione degli imam all’estero. I Paesi musulmani vigilano sull’Islam fuori dai loro confini». La società musulmana è «frantumata e un terzo dei musulmani vive in Paesi non islamici». Da quando fu abolito da Ataturk nel 1924, il Califfato politico-religioso è stato la «tentazione di tutti, dal re d’Egitto a quel Bin Laden che rappresenta il 3% dell’Islam». E’ in corso il tentativo di raggruppare l’Islam «sul modello dell’Onu per organizzare ovunque la società civile secondo la sharia».
Intanto in Italia nessuno controlla i testi su cui si formano «gli autoproclamati imam», né le loro prediche, accrescendo così il rischio di una «libanizzazione» delle nostre città e della «rottura dell’unità della legislazione nazionale attraverso la richiesta di leggi di statuto personale. Va bene offrire accoglienza, ospitalità, comprensione verso le tradizioni altrui, ma non dobbiamo “svendere” le nostre».
Lo scenario è l’unificazione in corso della Umma, la grande comunità internazionale dell’Islam, secondo la convinzione che «non si possa essere buoni musulmani senza far parte dell’Umma e applicare la sharia». Né c’è un diritto naturale perché il «Corano viene da Dio» ed è la legge perfetta per organizzare la società. «La sharia è anche dogma, perciò codificare è un’innovazione da rifiutare - evidenzia Borrmans -. Il Corano è anche corpus giuridico e codice penale, quindi la legge civile cede il passo. Sull’organizzazione della convivenza, la morale, le prescrizioni alimentari, la donna e la famiglia». E’ tanto più grave, perciò, il fatto che se un imam predica l’odio in Italia «è irresponsabile perché il governo non ha strumenti per regolarne l’azione».
Anche il dialogo è problematico. «Dobbiamo cercare parole che non feriscano i musulmani ma diano conto della nostra fede e della falsa rappresentazione coranica di Gesù che per l’Islam non è né crocifisso né verbo incarnato», osserva. Quando il musulmano dice di credere in 4 libri, la Torah, i Salmi, il Vangelo e il Corano, «egli vuol dire che crede nella Torah dettata da Allah a Mosè, al Vangelo dettato da Allah a Gesù, nel Corano dettato da Allah a Maometto». Gesù, secondo il Corano è «uomo come gli altri». Ha una madre «consacrata a Dio», ma lui non ha nulla di divino. Non muore sulla croce. E’ Giuda il traditore a finire crocifisso». La bufera provocata dal discorso del Papa a Ratisbona dimostra le difficoltà del dialogo. Anche se, riconosce Borrmans, non era opportuna la citazione anti-islamica di un imperatore bizantino «senza tenere conto della sensibilità attuale».

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