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La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
23.04.2007 A Riad Prodi apre ad Hamas
alla Siria e all'Iran: la politica estera italiana è contro Israele

Testata:La Repubblica - L'Unità
Autore: Alix Van Buren - Umberto de Giovannangeli
Titolo: «Prodi: : "Ora uno Stato palestinese"» - Prodi a Riad sbagliato emarginare Hamas»

Trattare con Hamas, con la Siria, con l'Iran, escludere a priori l'opzione militare, considerare la questione palestinese l'origine dell'instabilità mediorentale.
E' questa la politica italiana nella regione, delineata dal premier Romano Prodi nella sua visita a Riad. 

In merito, Informazione Corretta ha già pubblicato una critica, che si può leggere a questo link .

Di seguito, riportiamo invece le cronache del tutto acritiche di due quotidiani italiani.

Alix Vab Buren, nella cronaca pubblicata da REPUBBLICA sembra scorgere una particolare saggezza in queste posizioni  e conclude con l'immagine di un Prodi messaggero di pace, che torna a Roma "con un incarico affidatogli dalla Corte: consegnare all´Europa il senso di una nuova urgenza, la fretta di colmare quel vuoto diplomatico da cui potrebbe scaturire una nuova occasione di pace. Oppure uno sconvolgimento senza precedenti degli equilibri regionali
."

Ricordiamo che Hamas è un'organizzazione terroristica che vuole distruggere Israele, obiettivo condiviso da Siria e Iran, che il terrorismo lo sostengono.
Sulla Siria, è utile ricordare una notizia di oggi, che riprendiamo dal CORRIERE della SERA: solo il 12% della popolazione  si è presentata alle urne nel primo giorno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Forte deve essere la sensazione di partecipare a una farsa: su 10000 candidati annunciati, 7500 si sono ritirati o sono stati esclusi per "irregolarità". Su 250 seggi dell'assemblea 167 sono riservati al Partito Baath.
E' questo il regime che Prodi che considera un affidabile e indispensabile interlocutore per portare la pace in Medio Oriente.
E' chiaro dinque che la politica estera italiana voluta da Prodi ignora totalmente le ragioni di sicurezza di Israele.
Nella cronaca dell'incontro di Riad, ci sembra, almeno un accenno a questo punto sarebbe stato necessario.


RIAD - Il presidente del Consiglio Romano Prodi, al secondo giorno della sua ricognizione alla corte degli Al Saud, è un torrente in piena. Reca con sé il folto dossier delle questioni mediorientali: la Palestina, il Libano, l´Iraq, l´Iran, la corsa al nucleare, il radicalismo islamico, l´indebolimento dell´influenza americana.
Quando arriva la guerra d´Iraq, Prodi non camuffa più la propria avversione: «Le mie forti perplessità», dice all´assise del Parlamento, il Majlis Ash Shura, riunito ad ascoltarlo su invito di re Abdullah bin Abd-al-Aziz al-Saud. «Purtroppo i miei modesti consigli sono rimasti inascoltati», confida sapendo di trovare un orecchio amico. Finché riassume, spostando a sorpresa: «In questi anni, non una delle crisi che tormentano la regione è stata risolta. Anzi, si sono aggiunti nuovi focolai». Adesso in Somalia, paese verso il quale l´Italia, avverte, «ha un dovere di responsabilità».
Il Prodi d´Arabia nella culla dell´Islam, reduce da un lungo pranzo con il sovrano, da un incontro fiume con il principe Faisal al-Saud, il ministro degli Esteri, guarda il marasma mediorientale da un osservatorio ravvicinato. La Palestina è appena oltre l´altipiano dell´Hejaz. «E´ giunto il momento», dice, «di dare ai palestinesi uno Stato sovrano, indipendente, vitale e con continuità geografica che viva in pace e sicurezza accanto allo Stato d´Israele». Cita la saggezza del re, la «lungimirante guida» nell´indicare l´unica via percorribile verso la pace, quella del Piano arabo riaffermato con solennità a Riad tre settimane fa: «Il rinnovato impulso internazionale del Regno sta producendo speranze e aspettative su tutti i fronti: dal Libano ai territori palestinesi, dall´Iraq alla sicurezza e stabilità del Golfo». La proposta del sovrano «ha modificato il linguaggio e l´orizzonte di riferimento della diplomazia nella regione».
Prodi delinea la diplomazia scaturita dal nuovo attivismo saudita, sostenuta dalla potenza politica ed economica della Corte. Disegna una teoria di cerchi ruotanti attorno alla mediazione nella contesa palestinese-israeliana: «Dal Libano all´Iraq all´Iran, tutto è legato a quel conflitto».
Con pochi eufemismi, sottolinea il distinguo con l´amico e alleato di Washington: il governo di unità nazionale palestinese, nato con l´accordo della Mecca, «simbolicamente raggiunto nella più santa delle città dell´Islam» è tutt´altro che una «complicazione», come suggerito dal dipartimento di Stato. Piuttosto, «ha ricomposto il quadro politico palestinese, portando un prezioso elemento di stabilità, condizione fondamentale per portare avanti un processo di pace proficuo con Israele». Quanto ai rapporti con Hamas, ricalca la posizione saudita: «Non si può trattare soltanto con una parte del governo».
Attorno al nucleo della disputa arabo-israeliana, s´affaccia l´apertura alla Siria, ufficiata da Riad con la consegna a Damasco della prossima presidenza della Lega araba: «Ho sempre insistito affinché la Siria venisse realisticamente associata alla soluzione dei diversi conflitti della regione. Mi auguro che la leadership siriana sappia cogliere questa opportunità».
Dalla Corte saudita si alza anche un sì forte e chiaro al dialogo con Teheran, come unico strumento «in grado di pervenire a soluzioni eque, soddisfacenti e durature nel rispetto dei diritti e delle aspettative di tutti». Poi ecco l´affondo contro le tentazioni di un ricorso alle armi: «Gli strumenti militari sono e saranno sempre inaccettabili e controproducenti».
Il premier in serata è già in volo verso Roma. Torna con un incarico affidatogli dalla Corte: consegnare all´Europa il senso di una nuova urgenza, la fretta di colmare quel vuoto diplomatico da cui potrebbe scaturire una nuova occasione di pace. Oppure uno sconvolgimento senza precedenti degli equilibri regionali.

Apprezzamento per le aperture di Prodi ad Hamas anche nella cronaca di Umberto De Giovannangeli sull'UNITA', giornale che per altro conduce da tempo una campagna per la revoca del blocco dei finanziamenti all'Autorità palestinese dopo la vittoria elettorale della formazione fondamentalista. 
Il capoverso finale omette il "particolare" che il palestinesi sono morti durante scontri a fuoco con le truppe israeliano.
Il "fuoco israeliano" non è diretto contro palestinesi inermi.

omette di precisare che le azioni israeliane avevavo per
«L’ITALIA SPINGE per un Hamas democratico e cooperativo piuttosto che per emarginarlo anche perché una sua eliminazione appare poco realistica». A sostenerlo è Romano Prodi. Il premier svolge questa importante considerazione parlando davanti al-
l’assemblea del Consiglio consultivo saudita, una delle tappe più significative della sua missione di due giorni nel Regno. «Conosciamo la complessità di Hamas - aggiunge Prodi - ma riteniamo che sia un elemento durevole del panorama politico palestinese». Tema scottante, questo, su cui Prodi ritorna nel corso della sua missione in terra saudita. Riferendo delle impressioni ricavate dal colloquio dell’altro ieri con il sovrano saudita Abdullah, il premier osserva che se da una parte il governo di unità nazionale palestinese deve seguire una politica che «sia compatibile con i grandi obiettivi e le condizioni per far ripartire il processo di pace», dall’altra - riferisce ancora Prodi - «è emerso che sul fronte israeliano non si può riconoscere solo un pezzo di governo (palestinese, ndr) e non riconoscerne un altro. Questa - sottolinea- è la posizione dei sauditi». Da Riad, il presidente del Consiglio rilancia l’iniziativa diplomatica italiana in Medio Oriente. «È ormai giunto il momento, dopo tutto questo tempo, di dare ai palestinesi quel chiaro orizzonte politico che da tempo invocano e che deve consistere in uno Stato sovrano, indipendente, vitale e con continuità geografica che viva in pace e sicurezza accanto allo Stato di Israele», rimarca Prodi. «A questo traguardo - spiega - dovrà corrispondere lo stabilimento di normali relazioni tra tutti gli Stati della regione con Israele».
Il premier sottolinea l’importanza dell’accordo della Mecca che ha consentito la formazione di un governo di unità nazionale palestinese: «Un successo - afferma Prodi - che ha evitato il rischio disastroso di una guerra civile». La formazione del governo di unità nazionale palestinese e il piano di pace saudita rilanciato nell’ultimo vertice della Lega Araba proprio a Riad stanno disegnando uno scenario nuovo per tutto il Medio Oriente: si è finalmente «attivata una dinamica», è stato il ragionamento del presidente del Consiglio dopo gli incontri tra l’altro ieri e ieri con i vertici del Regno, «che sarebbe colpevole non cercare di agevolare».
Soprattutto dopo le aperture di Israele, che a differenza del 2002 - quando fu presentato per la prima volta, a Beirut - ha lasciato spiragli significativi sul piano che la diplomazia saudita ha fatto accettare a tutta la Lega Araba: creazione di uno Stato palestinese, ritiro di Israele entro i confini del ’67 e una soluzione «equa» della questione dei profughi in cambio del riconoscimento di Israele da parte di tutti gli Stati arabi.
Prodi ritiene il premier israeliano Ehud Olmert «un valido interlocutore» e sprona a fare «passi in avanti» nel processo di pace, perché «si è attivata una dinamica che sarebbe colpevole non cercare di agevolare» per tutta l’area: «Tutto si tiene in Medio Oriente - rileva il premier - dove tutti i problemi e le soluzioni hanno un legame strettissimo tra di loro».
Parla di una pace equa, Prodi. Ma intanto la violenza torna a scuotere i Territori. È di almeno nove il numero complessivo dei palestinesi uccisi dal fuoco israeliano nelle ultime 24 ore in Cisgiordania e a Gaza. Durissima è la reazione di Hamas. «Chiediamo alle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas, ndr) e alle altre fazioni armate di agire in maniera coordinata e di tralasciare le divergenze passate; dichiara Fawzi Barhum, portavoce del movimento islamico. «Le fazioni - prosegue - devono usare tutti i mezzi a loro disposizione per reagire ai massacri israeliani in un modo che soddisfi i palestinesi, le famiglie degli uccisi, dei prigionieri e dei combattenti». La conclusione suona come l’annuncio di una imminente vendetta: «Il sangue del nostro popolo non si versa gratis».

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