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La Stampa Rassegna Stampa
19.04.2007 In attesa di saperne di più, Arrigo Levi mette i puntini sulle i
a proposito della direttiva di Pio XII

Testata: La Stampa
Data: 19 aprile 2007
Pagina: 0
Autore: Arrigo Levi
Titolo: «Ebrei, c’è una velina che discolpa Pio XII»

Da La STAMPA del 19 aprile 2007, un articolo di Arrigo Levi sulla direttiva di Pio XII, nella quale Pacelli avrebbe esortato il clero cattolico a soccorrere gli ebrei  .
Levi giustamente usa espressioni dubitative circa la circolare, che ancora non è stata resa pubblica, e scrive che "si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un «puzzle» di cui mancano alcuni pezzi".
Ricorda che la didascalia dello Yad Vashem si basa su ricerche storiche basate sui documenti finora disponibili.
Ribadisce che il silenzio di PIo XII ci fu.

 Mette anche a confronto la data della direttiva (25 ottobre 1943) con quella della retata del Ghetto di Roma (16 ottobre)
"Vennero arrestati, e deportati in Germania" , scrive ," 1023 ebrei. Morirono quasi tutti ad Auschwitz. In tutta Italia vivevano allora circa 32.300 ebrei. Ne furono deportati 6806, identificati; circa 1000 non identificati. Di nuovo, morirono quasi tutti nei campi di sterminio; 322 furono uccisi in Italia prima della deportazione. Gli oltre ventimila ebrei italiani (e non solo italiani) sopravvissuti dovettero la salvezza a uno stuolo immenso di «Giusti»: della maggior parte di loro non conosceremo mai il nome."
A noi sembra la necessità di un pronunciamento (che non vi fu) contro la deportazione degli ebrei romani non sia intaccata dall'eventuale ordine di assistere quelli che ancora non erano stati deportati.
Nell'attesa che su Pio XII la storia dica qualcosa di definitivo, conclude, meglio ricordare loro.

Ecco il testo

E’ davvero singolare, quasi stupefacente, che la rivelazione dell’esistenza di una «direttiva» di Pio XII che invitava il clero cattolico «ad ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi, ad aprire gli istituti o anche le catacombe», sia avvenuta per un concatenamento di circostanze quasi casuali: che imporrebbero però, dopo un completo accertamento dei fatti, la riscrittura di innumerevoli testi storici – compreso quello ospitato al «Yad Vashem» di Gerusalemme – che giudicavano colpevole e ingiustificabile il silenzio del Papa di fronte alla Shoah.

Nel volume I Giusti d’Italia, che raccoglie le storie dei 400 e più italiani non ebrei insigniti del titolo di «Giusti tra le Nazioni» (è un libro che vorremmo diventasse testo di lettura obbligatoria in tutte le scuole italiane: ogni storia, scelta a caso, apre l’animo a una incredibile commozione, ridà fiducia nell’umanità), la più importante studiosa italiana dell’argomento, Liliana Picciotto della Fondazione Cdec di Milano, scriveva, a proposito dell’aiuto prestato dagli ecclesiastici agli ebrei perseguitati: «La carità cristiana fu dispiegata durante la guerra in maniera non specifica nei confronti degli ebrei, ma sicuramente in maniera speciale, per motivi di quantità e di particolare allarme per le loro vite. Il rifugio nei conventi e nelle case religiose, l’aiuto dei parroci nei piccoli centri, la disponibilità e il soccorso prestati da esponenti o semplici iscritti ad Azione Cattolica fu di tali proporzioni da assumere un aspetto corale, significativo sul piano ideale ma anche sul piano semplicemente dei rapporti affettivi tra le persone coinvolte. Non pensiamo che per questa opera fosse necessaria una specifica direttiva papale».
Effettivamente, la direttiva non era necessaria. L’aiuto fu dato, in innumerevoli casi, spontaneamente, da persone che certo non rispondevano a una «direttiva papale». Ma, a quanto pare, la direttiva ci fu. Solo che la Santa Sede non l’aveva finora mai resa nota. Lo ha fatto soltanto ieri, con una brevissima dichiarazione del Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, e a questo si è giunti quasi per caso. Un giovane, apprezzato studioso italiano di storia dell’arte, Sandro Barbagallo, a suo tempo diplomato in archivistica alla Scuola dell’Archivio segreto vaticano (col diploma n. 1881; la Scuola esiste, fra l’altro, dal 1881), ascoltando due giorni fa un dibattito radio in cui si discuteva su Pio XII, e la disputa fra lo Yad Vashem e il nunzio papale a Gerusalemme, chiede la parola e dice: «Io ho una velina di una direttiva papale, inviata a tutti gli istituti religiosi, l’ho vista personalmente» (anche se non negli Archivi segreti vaticani).
È stato ascoltato, e vivamente incitato da chi scrive a dire qualcosa di più. Ha consultato un’alta personalità in Vaticano. Il risultato è stato una notizia di 17 righe, titolo a una, apparsa ieri su un solo giornale italiano, che citava la frase sopra riferita del cardinale Bertone, e indicava la data della direttiva, anzi della «circolare»: il 25 ottobre 1943. Attenti alle date: la retata del ghetto di Roma avviene il 16 ottobre. Vennero arrestati, e deportati in Germania, 1023 ebrei. Morirono quasi tutti ad Auschwitz. In tutta Italia vivevano allora circa 32.300 ebrei. Ne furono deportati 6806, identificati; circa 1000 non identificati. Di nuovo, morirono quasi tutti nei campi di sterminio; 322 furono uccisi in Italia prima della deportazione. Gli oltre ventimila ebrei italiani (e non solo italiani) sopravvissuti dovettero la salvezza a uno stuolo immenso di «Giusti»: della maggior parte di loro non conosceremo mai il nome.
Il testo dello Yad Vashem (fondato, occorre dirlo, su tutta la documentazione finora resa nota; allo Yad Vashem viene peraltro reso un generoso riconoscimento ai «Giusti» italiani, molti di loro religiosi, alcuni dei quali pagarono con la vita la loro generosità), dopo avere criticato il Papa per la mancanza di reazioni alle persecuzioni naziste degli ebrei, si concludeva con le parole: «Il suo silenzio e l’assenza di direttive costrinse i sacerdoti in Europa a decidere ciascuno per suo conto su come reagire». Senza voler rimettere in discussione il silenzio pubblico di Pio XII (il silenzio ci fu), e le sue motivazioni, si deve ora registrare l’esistenza, a quanto sembra, di una direttiva ancorché riservata. In Vaticano, chi ricorda quei giorni fa presente che si riteneva possibile, qualora ci fosse stata una pubblica condanna papale dell’arresto e deportazione degli ebrei, che i nazisti occupassero la Città del Vaticano. E naturalmente, non sarebbero stati più rispettati i luoghi di rifugio religiosi di ebrei, in Italia o altrove. È noto che la stessa Città del Vaticano accoglieva in quei giorni rifugiati ebrei (in almeno un caso, che riguardava persona di famiglia, ne ebbi testimonianza diretta), così come rifugiati politici. Citiamo una prefazione di Andrea Riccardi, storico di grande prestigio, a un volume di Alessia Falifigli intitolato Salvati nei conventi, in cui si dice fra l’altro: «Il 25 ottobre del ’43 la Segreteria di Stato invia un cartello, da me ritrovato negli archivi del Vicariato di Roma, scritto in italiano e in tedesco, sormontato dalle Chiavi Pontificie, in cui si legge: “Questo edificio serve a scopi religiosi ed è alle dirette dipendenze dello Stato della Città del Vaticano. Sono interdette qualsiasi perquisizione e requisizione”».
Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un «puzzle» di cui mancano alcuni pezzi. Gli storici giudicheranno, in attesa che la Santa Sede renda nota ufficialmente la «direttiva», il suo testo e il modo in cui venne diffusa. Una più ampia informazione ci sembra oramai indispensabile. Io preferisco invitare il lettore all’acquisto e alla lettura del volume I Giusti d’Italia, pubblicato da Mondadori nel gennaio dello scorso anno, aperto da un messaggio del Presidente Ciampi e con una prefazione dell’allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini.

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