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Il Giornale Rassegna Stampa
17.04.2007 A Gaza sono arrivate Al Qaeda e la jihad contro tutto l'Occidente
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 17 aprile 2007
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Al Qaida in Palestina»
Dal GIORNALE del 17 aprile 2007, l'analisi di Fiamma Nirenstein sul rapimento del giornalista britannico Alan Johnston e sul radicamento di Al Qaeda a Gaza e in Cisgiordania: 

Che Al Qaida sia a Gaza e anche in Cisgiordania, non è una novità. Lo si sa dal 2000, lo annunciò Sharon, lo confermarono gli esperti. Ma che i palestinesi odino sentirlo dire e vederlo scritto sulla stampa estera è ben giustificato: il fatto contesta la rivendicazione della loro parte laica, quella che insiste nel dire che lo scontro israelo-palestinese non è né ideologico (contro l’Occidente) né religioso (islamista contro crociati ed ebrei) ma territoriale e nazionale.
Al Qaida a Gaza può alienare le simpatie europee, mette in difficoltà gli amici che sostengono il teorema «land for peace» come risolutivo, specie quando si vede il suo nesso ideologico con Hamas. Così, Ismail Hanje pochi giorni fa alla radio italiana dichiarava che Hamas non ha né ha mai avuto niente a che fare con Al Qaida. Ma questo non è vero. Hamas in particolare ha nessi ideologici e pratici molto seri con l’organizzazione di Bin Laden, ambedue unite dallo scopo di distruggere lo Stato degli Ebrei ma impegnate intanto nella guerra jihadista contro l’Occidente. Non si può non preoccuparsene e darne conto mentre trepidiamo per la sorte del collega della Bbc Alan Johnston, il giornalista rapito il 12 marzo a Gaza e di cui un messaggio delle Brigate Jihad e Tawheed rivendica l’uccisione come vendetta per il gran numero di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane (dopo, aggiungiamo noi, regolari accusa, difesa, sentenza) e come atto di forza per chiedere di liberarli. Johnston, è un giornalista quarantatreenne che vive da tre anni a Gaza e che racconta con molta passione la vita dei palestinesi. Aveva ottimi rapporti con loro. Che l’organizzazione rivendichi la sua uccisione testimonia l’appeal dello stile Bin Laden: indiscriminato odio antioccidentale. Il nome con cui il volantino è firmato, è noto in Irak come organizzazione terrorista qaidista.
A Gaza ultimamente c’è uno stile Bin Laden che è addirittura di moda (copricapi e braghe stile Bin Laden), e che è aumentato verticalmente da quando nell’estate di due anni fa apertosi il confine fra Gaza e l’Egitto, sono penetrati armi e terroristi e il nesso con gli uomini dei vari attentati di Sharm El Sheik e di Taba, tutti «qaidisti», ha creato proselitismo. Lo stesso stile della reazione fobica e religiosa (con la distruzione delle sinagoghe) e antioccidentale (distruzione delle serre) del dopo sgombero, è stata giudicata dagli esperti una scelta elettorale di Hamas, ma anche un prodotto di importazione.
Oggi, ci sono giovani a Gaza che si rifanno a Abu Mussa al Zarqawi, il vice di Bin Laden ucciso l’anno scorso in Irak, minacciano regolarmente di assassinio Abu Mazen, pare abbiano costruito tunnel e portato esplosivi e armi sofisticate non solo contro gli israeliani, ma contro quella che hanno dichiarato gestione fantoccio, filoamericana dell’Autonomia. Abbas da Bin Laden e da Aiman Al Zawairi era stato descritto come un collaborazionista, le milizie Jundallah nel 2005 prima del ritiro da Gaza si erano preparate allo scontro e avevano anche attaccato e ferito in proprio quattro soldati israeliani a Rafah. Ma le prime presenze si segnalano già nel 2000. Nel settembre 2003 un ventisettenne in uscita verso l’Afghanistan arrestato aveva rivelato un gruppo di giovani palestinesi che erano stati indottrinati, poi arruolati in loco e poi mandati a allenarsi in Afghanistan. La presenza di Al Qaida è stata segnalata nei campi profughi palestinesi in Libano; nel 2000 fu sventato il piano di far saltare il ponte di Allenby e di attaccare pellegrini cristiani; nel 2002 salta per aria l’Hotel Paradise in Kenya, pieno di turisti israeliani (ne muoiono 13) e un missile quasi colpisce un volo El Al; nel 2003 due terroristi inglesi di origine pakistana fecero saltare il bar Mike Place di Tel Aviv. Nel marzo Hamas distribuiva gli scritti del mentore palestinese di Bin Laden, Abdullah Azzam e nel 2004 Hamas distribuiva un Cd con terroristi ceceni e Bin Laden in copertina, in cui si spiegava la guerra santa per l’Islam.
Salman al Auda, un chierico teorico del terrorismo suicida, è maestro sia di Hamas che di Al Qaida. Nell’agosto dello sgombero appare un sito di Al Qaida intitolata «Dalla vetta della gobba del cammello» e spiega che «i sionisti sono un obiettivo da colpire». Il 9 agosto la democrazia viene dichiarata sullo stesso sito fuori della prospettiva islamica. Se si viene al giorno d’oggi, internet café e negozi di musica nell’Autonomia rischiano di brutto: ultimamente ne sono stati distrutti due e anche una libreria, Bible society, che appartiene a protestanti americani. La firma Al Qaida è presente non solo a livello di armi e nascondigli, ma anche a livello sociale, dove la base islamista estrema di Hamas, oggi allargata alquanto da una rete televisiva che predica già l’avvento della terza Intifada e la distruzione di Israele, è pronta al messaggio.
L’annuncio, speriamo del tutto falso dell’assassinio di Johnston, è avvenuto nel giorno del secondo incontro fra Abu Mazen e Ehud Olmert. Certo, non è un buon viatico. E comunque, la prospettiva di una Gaza «qaidizzata» da cui con un volo di pochi minuti un aereo pilotato da un terrorista suicida possa arrivare a Tel Aviv, è fra le più cupe da immaginarsi, e va prevenuta.

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