Bat Ye'Or è uno degli storici più illustri del fondamentalismo islamico. Oriana Fallaci l'ha pubblicamente ringraziata per avere, con i suoi scritti, aperto gli occhi all'occidente addormentato. E' uscito in italiano il suo libro "Eurabia" (editore Lindau) del quale consigliamo fortemente la lettura. Pubblichiamo dal FOGLIO del 14/04/2007 la recensione di Giulio Meotti.
Il suo nome in ebraico significa “figlia del Nilo”. Bat Ye’or è diventata celebre per aver coniato una manciata di termini, dalla “dhimmitudine”, la sorte dei non musulmani che si sottomettono all’islam per avere salva la vita, all’“Eurabia”. Espulsa con la famiglia dal Cairo nel 1955, Bat Ye’or oggi vive e lavora a Ginevra. Questo libro, il più famoso e che ha ispirato la furia di Oriana Fallaci, è il racconto di uno sfregio, di una caduta, di un declino. Il volto deturpato è quello dell’Europa sottomessa all’incudine della “grande offensiva filoaraba e filoislamica”. E sempre per usare le sue parole, un continente in balia della paura, del silenzio, della dissimulazione e della diffamazione, che non aveva ormai più niente a che vedere con l’Europa”. Nelle terre cristiane conquistate dal jihad, le popolazioni dhimmi venivano tollerate in cambio dei servigi che rendevano alle forze arabe minoritarie, poiché consolidavano la loro occupazione. Questi servigi erano obbligatori e specificati nei patti di dhimma. Il tributo collettivo, divenuto poi una tassa pro capite, la jiza, era un contributo finanziario forzoso. Ecclesiastici, uomini della finanza e notabili gestivano il lavoro e le imposte dei cristiani destinati al servizio della ummah. Oggi basta leggere il sito in arabo del Patriarcato caldeo in Iraq (ankawa.com), per capire che si tratta di una tradizione rinvigorita dall’offensiva dell’islam radicale. Ankwa riferisce come gli islamisti sunniti in Iraq stiano imponendo ad alcune comunità cristiane l’antica tassa per non musulmani, la jiza. “I sudditi non musulmani devono pagare il tributo al jihad se vogliono avere il permesso di continuare a vivere e professare la loro fede in Iraq”. Gli estremisti sunniti, che Mosul hanno una delle loro roccaforti, cercano di instaurare una sorta di emirato islamico che comprenda le province di Salahaddin, Anbar, Diyala, Baghdad parte di Wasit. Mosul dovrebbe esserne capitale. Molte chiese e conventi hanno subito attentati o esplosioni. Vescovi sacerdoti sono stati rapiti. Sono più di novanta i cristiani iracheni uccisi da gruppi integralisti islamici dall’aprile 2003 ad oggi. Sei mesi fa Amer Iskander, prete siro- ortodosso, fu ritrovato decapitato, la testa staccata e le braccia mutilate, in nome dell’odio anticristiano dei fanatici islamisti che puntano a cacciare dall’Iraq chiunque non sia di fede islamica, in particolare i “cani cristiani”. Nell’agosto del 2004 si registrò il picco dell’offensiva anticristiana nella “terra dei due fiumi”. Cinque chiese attaccate a Baghdad e Mosul e la decapitazione del coreano Kim Sun-il, rivendicata come un gesto contro “un cristiano che voleva evangelizzare la terra dell’islam”. A leggere la cronaca della dhimmitudine globale si trova conferma dell’analisi drammatica di Bat Ye’or, che da trent’anni racconta la sorte di cristiani, ebrei e pagani nelle terreterre dell’islam. “La costante rivendicazione del ‘dialogo tra eguali’ cela in realtà la disuguaglianza di fondo tra musulmani e non musulmani” scrive l’autrice. Oltre alla censura cui sono sottoposti i libri di religione, che devono ricevere il “nulla osta” del ministero della Cultura, in Iran sono sbarrate ai non musulmani tutte le professioni che riguardano l’assetto politico della polis musulmana. Nell’Afghanistan degli emiri talebani, tutti i non musulmani dovevano farsi riconoscere, mettendo uno straccio giallo alle abitazioni. Se in Iran o in Afghanistan, come in Sudan, per l’apostasia e la “fitna”, la sedizione, è prevista la morte, in Tunisia un missionario sorpreso a far opera di proselitismo viene immediatamente espulso. In Indonesia oltre 500 chiese sono state attaccate o distrutte tra il 1996 e il 2002. Alla fine del secondo millennio, più di 500 mila cristiani erano stati deportati, più di 5.000 uccisi e circa 7.000 convertiti con la forza all’islam. In Marocco, l’unico paese islamico in cui ci sono stati deputati ebrei eletti in liste non riservate a minoranze, la legge penale non vieta di convertirsi dall’Islam a un’altra religione, ma per chi cerca di “persuadere” i fedeli a cambiar credo sono previste pene dai tre ai sei mesi di carcere. In Egitto, dove il cristiano Boutros Boutros-Ghali è diventato segretario generale dell’Onu, proselitismo e apostasia, pur non vietati formalmente dalla legge, sono stati puniti col carcere sulla base degli articoli del codice che vietano le “offese alla religione”. In Arabia Saudita restano interdetti ai non musulmani non solo la cittadinanza e l’ingresso alle città Sante di La Mecca e Medina, ma anche i riti pubblici della loro fede. In Qatar, le prime chiese sono state costruite a partire dal 1999. Più grave ancora è la situazione in Pakistan, dove in teoria il proselitismo è permesso, ma il minimo gesto considerato “offesa all’islam” o “bestemmia” può comportare il rischio di condanna a morte. Nel Sudan, la ribellione delle popolazioni non musulmane del Sud contro l’islamizzazione imposta dal Nord musulmano è stata schiacciata con le tattiche classiche del jihad nelle zone rurali: “Incendio e distruzione di villaggi, furto di bestiame, massacro di uomini, riduzione in schiavitù di donne, bambini e adolescenti, esodo forzato di interi popoli”. Ma l’Europa fa finta che il jihad non esista. “L’Europa sarà costretta a includere Hamas nel Partenariato. Gli europei, che in gran parte ignorano questa politica ma ne subiscono le conseguenze, saranno disposti ad allearsi con un movimento il cui statuto dichiara che ‘gli infedeli non sono che un’unica nazione’: il dar al-harb?”. Nel frattempo, scrive Bat Ye’or, l’autoaccusa unilaterale delle lobby euro-filoarabe recupera e conferisce consistenza alla “visione tradizionale del dar al-harb come entità che il jihad è moralmente legittimata a eliminare”. Per meglio illustrare l’inferiorità dei non musulmani, cartografi arabi del medio evo, come ’Al- Idrisi, collocavano il nord, l’Europa, sotto il sud, il Maghreb. (Giulio Meotti)