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Il Giornale - Avvenire - La Repubblica - Il Messaggero - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
13.04.2007 In difesa di Pio XII
rassegna di quotidiani

Testata:Il Giornale - Avvenire - La Repubblica - Il Messaggero - Il Sole 24 Ore
Autore: Massimo Introvigne - Gian Mario Vian - Orazio La Rocca - Franca Giansoldati - Maria Lombardi - Ugo Tramballi
Titolo: «Vaticano-Israele per Pio XII ritorna il gelo - Non fu il»
Dal GIORNALE del 13 aprile 2007:

Il delegato apostolico cattolico di Gerusalemme, monsignor Antonio Franco, ha deciso di non partecipare all’annuale cerimonia di commemorazione della Shoah, che si terrà la prossima settimana al museo dell’Olocausto a Gerusalemme. Si tratta di una protesta per il rifiuto di rimuovere una foto di Pio XII esposta con una didascalia che condanna la posizione del Pontefice, definita «ambigua», sull’uccisione degli ebrei durante la Shoah. Autorità israeliane hanno risposto, con una certa durezza, che «la verità storica» su Pio XII non può essere cambiata e che «altre istituzioni», anziché reagire come la Chiesa, hanno chiesto pubblicamente scusa per le loro complicità con l’Olocausto.
Questa volta qualcuno in Israele sbaglia. Con Giovanni Paolo II - subito seguito da Benedetto XVI - Roma si è adoperata per svellere le radici teologiche dell’antisemitismo, denunciare certe asprezze antigiudaiche del passato, riconoscere il ruolo degli ebrei come «fratelli maggiori» nel piano di salvezza di Dio.
Ma la questione di Pio XII è diversa, proprio quanto alla «verità storica». Oggi in Italia perfino La Repubblica dà notevole spazio ai ritrovamenti di archivio e alle conclusioni di storici sia cattolici - ma di impeccabile autorevolezza e credenziali accademiche, come il gesuita Pierre Blet - sia non cattolici secondo cui la propaganda contro Pio XII che si è scatenata a partire dal dramma del 1963 di uno scrittore tedesco socialista (dopo essere stato in gioventù nazista), Rolf Hochhnuth, Il Vicario, è ampiamente infondata. Se si guarda alle tante pubblicazioni che seguono quella mediocre opera teatrale, ci si rende conto che l’attacco usa gli ebrei come pretesto. In realtà, si vuole colpire in Pio XII l’intransigente difensore dei dogmi della Chiesa contro la nascente teologia progressista e della sua dottrina sociale contro il comunismo, l’artefice del miracolo elettorale italiano del 18 aprile 1948 rievocato in un libro di Marco Invernizzi che esce in questi giorni da Ares.
Quanto all’Olocausto, uno dei maggiori studiosi ebrei della questione resta il diplomatico Pinchas Lapide - già console israeliano a Milano - il quale nel libro del 1967 Roma e gli ebrei scriveva che Pio XII «fu lo strumento di salvezza di almeno 700.000, ma forse anche 860.000, ebrei che dovevano morire per mano nazista». Prima di Hochhnut e delle sue menzogne, il primo presidente di Israele Weizmann, il rabbino capo Herzog, il primo ministro Sharett ringraziarono pubblicamente Pio XII, che molti annoverarono fra i «giusti d’Israele», i non ebrei che più si erano impegnati per salvare le vittime della Shoah. L’ebreo Einstein scrisse che «solo la Chiesa ha sbarrato pienamente il cammino alla campagna hitleriana per la soppressione della verità. Prima d’ora non ho avuto alcun interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento un grande affetto e ammirazione per essa».
Oggi qualcuno in Israele cade vittima di una campagna che attacca la Chiesa per ragioni che non c’entrano nulla con l’Olocausto e molto con le sue posizioni odierne in tema morale. Forse farebbe meglio a ricordare le parole del grande storico (e rabbino) americano David G. Dalin: «Il Talmud insegna che “chiunque salva una vita, è considerato dalla Scrittura come se avesse salvato il mondo intero”. Pio XII ha adempiuto questo detto talmudico più di ogni altro leader del secolo XX, quando fu in gioco la sorte dell’ebraismo europeo. Nessun altro papa è stato così largamente apprezzato dagli ebrei, ed essi non si sbagliarono».

Da AVVENIRE, l'analisi di Gian Maria Vian:

Anche a Pio XII accusato di ambiguità (o, peggio, di connivenza) nei confronti della Shoah le ricerche storiche stanno rendendo giustizia. Questo dato, infatti, va progressivamente emergendo dai documenti e, su questa base, dagli studi che si moltiplicano su uno dei Pontificati più controversi del Novecento. In modo meno strumentale di qualche anno fa, anche se l'immagine di un Papa filonazista e antisemita diffusa per decenni resiste pervicacemente in molti ambienti e nella mentalità comune. In origine, per opera della propaganda politica e mediatica sovietica, nata già durante la seconda guerra mondiale. Con il tempo la propaganda comunista ha finito per influenzare anche la storiografia - in primo luogo quella militante e meno avvertita dal punto di vista scientifico, ma non solo - e soprattutto l'immagine del pontefice nell'opinione pubblica.
Per reagire alla diffusione di questa rappresentazione, storicamente infondata, di Pio XII, già all'inizio del 2006 la Nunziatura in Israele aveva chiesto di modificare la didascalia relativa a una fotografia di papa Pacelli esposta sin dalla fine del 2005 a Yad Vashem. I responsabili del museo che a Gerusalemme ricorda lo spaventoso sterminio del popolo ebraico e promuove ricerche in proposito risposero negativamente, chiedendo l'apertura degli archivi vaticani. Per questo motivo l'arcivescovo Antonio Franco ha comunicato che non prenderà parte all'annuale commemorazione della Shoah. Suscitando reazioni da parte dell'istituzione israeliana e commenti più cauti da parte del governo e della diplomazia dello Stato ebraico.

Il «Vicario», menzogna in scena
Un nuovo ostacolo, dunque, interviene nei rapporti tra Israele e la Santa Sede e si aggiunge ai recenti intoppi nell'applicazione di accordi bilaterali previsti già nel 1994, quando furono allacciate le relazioni diplomatiche. La difficoltà tuttavia risale al 1963, quando la rappresentazione del dramma Der Stellvertreter («Il vicario») di Rolf Hochhuth - ultimo frutto della propaganda sovietica e comunista contro Pio XII - ebbe l'effetto di modificare radicalmente un atteggiamento che da parte ebraica era stato fino ad allora in prevalenza benevolo nei confronti di papa Pacelli, come risultò dalle reazioni di cordoglio al momento della morte del Pontefice nel 1958. A questa vera e propria campagna mediatica reagì con energia uno dei più stretti collaboratori di Pio XII, il cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, in una lettera alla rivista «The Tablet» scritta pochi giorni prima di entrare nel Conclave dal quale nel 1963 sarebbe uscito Papa con il nome di Paolo VI.

Montini, il coraggio della verità
Il cardinale di Milano difese il comportamento di Pio XII di fronte alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, crimini di cui il Papa sarebbe stato corresponsabile per non averli condannati, secondo la tesi di Hochhuth: «Un atteggiamento di condanna e di protesta, quale costui rimprovera al Papa di non avere adottato, sarebbe stato, oltre che inutile, dannoso; questo è tutto», scriveva tra l'altro, e concludeva: «Non si gioca con questi argomenti e con i personaggi storici che conosciamo con la fantasia creatrice di artisti di teatro, non abbastanza dotati di discernimento storico e, Dio non voglia, di onestà umana. Perché altrimenti, nel caso presente, il dramma vero sarebbe un altro: quello di colui che tenta di scaricare sopra un Papa, estremamente coscienzioso del proprio dovere e della realtà storica, e per di più d'un Amico, imparziale, sì, ma fedelissimo del popolo germanico, gli orribili crimini del Nazismo tedesco. Pio XII avrà egualmente il merito d'essere stato un "Vicario" di Cristo, che ha cercato di compiere coraggiosamente e integralmente, come poteva, la sua missione; ma si potrà ascrivere a merito della cultura e dell'arte una simile ingiustizia teatrale?».

Le parole, la preghiera, il gesto
La difesa di Pacelli fu ripetuta da papa Montini davanti alle autorità dello Stato ebraico a Gerusalemme, il 5 gennaio 1964, con parole che meritano di essere ricordate: «Noi nutriamo verso tutti gli uomini e verso tutti i popoli solo pensieri di benevolenza. La Chiesa infatti ama allo stesso modo tutti. Il nostro grande predecessore Pio XII l'affermò con forza, e ripetute volte, durante l'ultimo conflitto mondiale, e tutti sanno quanto ha fatto per la difesa e la salvezza di tutti coloro che erano nella prova, senza alcuna distinzione. E tuttavia, voi lo sapete, si è voluto gettare sospetti, e persino accuse contro la memoria di questo grande Pontefice. Siamo felici di avere l'occasione di affermarlo in questo giorno e in questo luogo: nulla è più ingiusto di questo attacco a una tanto venerabile memoria. Quanti, come noi, hanno conosciuto da vicino questa anima ammirabile sanno fin dove potevano arrivare la sua sensibilità, la sua compassione nei confronti delle sofferenze umane, il suo coraggio, la sua delicatezza di cuore». E mentre Paolo VI parlava, il cardinale Eugène Tisserant, decano del collegio cardinalizio, rese onore alla memoria dei sei milioni di vittime della Shoah nel luogo sacro al loro ricordo, accedendovi simbolicamente sei lumi prima di recitare una preghiera.
La linea scelta da papa Montini - difesa storica del suo predecessore, memoria della Shoah, dialogo sincero con gli ebrei - è stata sviluppata con tenacia da Giovanni Paolo II e confermata da Benedetto XVI, che ad Auschwitz nel 2006 ha pregato Dio affinché «la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio». In questo quadro storico si devono inserire gli studi su Pio XII e la loro divulgazione. Senza preclusioni, certo, ma anche senza deformazioni.

Da La REPUBBLICA l'intervista di Orazio La Rocca al   vescovo Brian Farrell, vice presidente della Commissione per i rapporti con l´ebraismo:

CITTÀ DEL VATICANO - La consegna nei palazzi vaticani è: «silenzio assoluto». Sulla improvvisa crisi esplosa tra Israele e Santa Sede, dalla Segreteria di Stato fanno sapere che, «per ora», non ci saranno reazioni ufficiali. Un scelta di basso profilo per tenere lontano Benedetto XVI dalle polemiche. Anche se è impossibile pensare - si vocifera in Curia - che il gesto del nunzio non sia stato approvato dal Papa. «Il Santo Padre ha dovuto farlo per difendere la memoria di un suo predecessore da accuse infondate e storicamente mai provate», spiegano in Segreteria di Stato.
In Vaticano, però, c´è anche chi - come il vescovo Brian Farrell, vice presidente della Commissione per i rapporti con l´ebraismo - spera che «presto si possa arrivare ad un chiarimento perché il dialogo deve, comunque, andare avanti».
Monsignor Farrell, perché è così ottimista?
«Perché sono convinto che ormai i rapporti tra Santa Sede e Israele non possano che migliorare, malgrado le incomprensioni di questi giorni».
Che pensa delle accuse rivolte a Pio XII in merito al suo presunto silenzio sull´Olocausto?
«Credo che si tratti di mancanza di conoscenza delle verità storiche. Eppure negli ultimi tempi molti storici, di qualsiasi orientamento politico-religioso, hanno messo in luce l´opera svolta da Pacelli per salvare gli ebrei dalla follia nazista».
E come spiega che una istituzione come Yad Vashem parli ancora di «atteggiamento ambiguo» di Pio XII?
«Penso che sia solo una parte israeliana che non ha ancora preso atto delle verità storiche su Pacelli. Per questo il dialogo con Israele deve continuare. Lo dimostra l´ottimo lavoro che la Commissione per i rapporti con l´ebraismo ha fatto con il Gran Rabbinato di Gerusalemme e che proprio la scorsa settimana ha portato alla sottoscrizione di un importantissimo documento sulla libertà di religione in Israele. L´incomprensione non ci fermerà. Anzi, sono certo sarà da stimolo per entrambe le parti per approfondire la conoscenza storica su Pio XII».
In sintonia con la speranza di monsignor Farrell, dal fronte cattolico è partita una nuova campagna storica su Pio XII e gli ebrei. Il gesuita tedesco Peter Gumpel, postulatore della causa di beatificazione di papa Pacelli, ha annunciato che «dall´inizio di aprile i documenti della positio su Pio XII sono al vaglio dei cardinali e vescovi della Congregazione per le cause dei Santi»: sei tomi di 3.000 pagine con «tante rivelazioni sull´opera svolta da Pacelli per salvare gli ebrei dal nazismo, frutto di lunghe ricerche a cui - sottolinea padre Gumpell - hanno collaborato anche storici israeliani». Lunedì prossimo, la casa editrice Edizioni Studium, fondata da Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, presenterà il libro «La Santa Sede e la questione ebraica (1933-1945)» dello storico Alessandro Duce. «È un volume con tanti inediti che gettano nuova luce su Pio XII», preannuncia Giuseppe Lazzaro, direttore della casa editrice.

Il MESSAGGERO pubblica un'intervista al postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, il padre gesuita Peter Gumpel, che ovviamente difende Pacelli, e una ad Agostino Giovagnoli, ordinario di storia contemporanea alla Cattolica di Milano, più cauto, ma contrario alla sospensione del processo di beatificazione, provvedimento che, ritiene, non avrebbe senso.

Scorretto  sul SOLE 24 ORE , l'articolo di Ugo Tramballi, che vede nella didascalia di  Yad Vashem  non una posizione magari opinabile, ma legittima, avanzata da  storici seri, ma  l' "insulto a un Papa". E coglie l'occasione per polemizzare con "l'uso politico dell'Olocausto, in chiave antipalestinese" che sarebbe stato fatto da "più di un governo israeliano, quelli a guida del Likud".
Vale la pena di ricordare che il terrorismo palestinese uccide gli ebrei. E li uccide in quanto tali. Valgano a dimostrarlo lo statuto di Hamas, che invoca lo sterminio degli ebrei nel giorno del giudizio e l'omicidio di Leon Klinghoffer uscciso, appunto, solo perché ebreo dai killer di Arafat. Ricordare questo, e il nesso che dovrebbe avere con l'impegno solenne a non permettere "mai più" le persecuzioni antiebraiche è forse una "strumentalizzazione" della Shoah ?

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