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Deborah Fait
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Ci siamo abituati alla ferocia 10/04/2007
Quando e' nato mio figlio ho sperato, come tutti i genitori , che potesse vivere in un mondo tranquillo fatto di sogni, di desideri e speranze. 
Io sono  nata alla fine della 2 Guerra Mondiale, la mia giovinezza e' stata segnata dai racconti della Shoa' e dalla vista dei tremori di mia madre se alla televisione parlavano di nazisti e di lager.
Ricordo ancora il suo viso diventare come una maschera  di rassegnata disperazione e la sua voce farsi dura mentre diceva "Spegni".
Ho sperato tanto che, dopo quella vergogna di cui si era macchiato l'uomo, mio figlio potesse vivere senza guerre e violenza in un mondo reso pacifico, per forza e suo malgrado, dalla vista delle ceneri dei morti su cui camminava, dal fumo delle anime passate per i camini che respirava, dal fungo della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki che gli occhi si rifiutavano di guardare. 
No, l'orrore non e' stato abbastanza e siamo arrivati ad assistere urlando a quelle due Torri implose quando quattro ali diaboliche le hanno colpite sciogliendo in un colpo solo i corpi di 3000 persone e le speranze del mondo civile. 
No, nemmeno quell'orrore e' stato  abbastanza e oggi mio figlio e i suoi figli, tutti noi, ci troviamo a vivere in un mondo dove gruppi di non persone sgozzano e decapitano la gente come se nulla fosse e dove ascoltiamo queste orrende  notizie mentre sediamo a tavola e magari qualcuno nemmeno smette di mangiare.
Cosa siamo diventati? Come ci hanno ridotti?
Non era questo che volevo!
Non era questo che volevamo! 
 
Ricordo il primo sgozzamento di un occidentale , quello di Daniel Pearl: "Sono ebreo, mia madre e mio padre sono ebrei" e poi il rantolo nel suo sangue, ricordo la disperazione che mi prese e che prese tutti per la barbarie cui stavamo assistendo ancora dopo Auschwitz.
Ricordo l'attacco a Israele di Saddam Hussein e la paura della fine.
Credevamo, speravamo fosse l'ultimo ma quando e' nato il mio primo nipote l'ospedale ha consegnato ai genitori una maschera antigas per neonati.
Non posso dimenticare  il brivido che provai e la ribellione che mi prese al solo pensiero che qualche mostro arabo potesse metterci in condizioni di rinchiudere un piccolo bambino la' dentro.
Non era finita.
Ricordo il bagno di sangue in Israele, anni da incubo, anni di terrore, decine di autobus, bar, ristoranti coperti di cadaveri mutilati che i volontari raccoglievano pezzetto per pezzetto fino all'ultimo lembo di pelle appiccicato nell'asfalto o sui muri.
La follia del dolore, mamme che accompagnavano al cimitero i loro bambini, bambini che piangevano i loro genitori.
Quel piccolo bambino  colla kipa' fra i riccioli che diceva "Mamma, mi manchi" tra le lacrime. 
Papa' che mandavano i loro figli a scuola su autobus diversi per paura di perderli tutti insieme, un bum e finita la vita, un bum e finita la famiglia, un bum e finito Israele.
Quanti anni va avanti questa storia? Duemila?
Ancora non sono stanchi, ancora vogliono annichilirci, ancora tengono tra le loro luride mani i nostri ragazzi.
Ancora dobbiamo leggere lettere simili , lettere che ti fanno scoppiare di dolore, lettere di una mamma a suo figlio, Udi (Ehud) Goldwasser, uno dei soldati israeliani rapiti da Hezbollah, prigioniero di mostri barbuti col turbante:
 
Udi, bambino mio.

Oggi è la vigilia di Passover, la festa della libertà. In famiglia la celebreremo separatamente quest’anno. Il papà, Yair ed io andremo a casa dalla zia Nurit e zio Eitan, mentre Gadi è ancora in India.

Sai, non abbiamo mai passato in questo modo Passover. Eravamo sempre insieme ridendo, scherzando, chiacchierando, andando in giro. Insomma, facevamo tutto sentendoci immensamente tutti felici.

Ora siamo qui con te in ogni istante, giorno e notte, resistendo, non dandoci per vinti, proprio perché nessuno ci sconfiggerà.

Questa notte cercheremo di dare un sorriso come segno di gratitudine verso chi ci ospita. Cercheremo di fare questo.

Udi, devo dirti una cosa. Sono stata avvicinata da diverse famiglie le quali mi dissero che non avrebbero celebrato quest’anno Passover per solidarietà con le tre famiglie dei ragazzi rapiti; Goldwasser Regev e Shalit. Noi queste meravigliose famiglie non le conosciamo ma ho chiesto ugualmente loro di non rinunciare a festeggiare Passover, ma di celebrarla ugualmente a dispetto di chi ci vuole deboli e sconfitti.

Da parte nostra la celebreremo con una sedia vuota. La tua.
Ma anche quelle di Gilad ed Eldad.

Ti prometto che nessuno ci sconfiggerà, ne Hizbullah, e nemmeno Hamas. Nessuno ci metterà a repentaglio, noi saremo garanti del tuo rilascio. La battaglia che stiamo facendo oggi per il tuo rilascio, garantirà la salvezza dei nostri bambini in futuro.

Udi, suppongo che tu non sappia che giorno è oggi, suppongo che tu non sappia che il cielo è blu e che la primavera è molto vicina. Forse i fiori che sbocciano ti stanno raggiungendo con il loro profumo. Può darsi che tu senta il canto degli uccelli che migrano, e forse tutto questo è immerso anche nei tuoi pensieri, ma sappi che ora siamo qui con te, ogni istante, giorno e notte, resistendo, non dandoci per vinti, proprio perché nessuno ci sconfiggerà.

Felice Passover a te caro bambino mio.
Felice Passover a tutta Israele.

Tua madre, Miki.
 
 
Non sono mai stanchi di male, mai stanchi di farci assistere all'orrore della loro cultura di morte e di odio e di  povera gente rantolante nel suo stesso sangue, mai stanchi di ridere del nostro dolore e della nostra paura, mai stanchi di distruggere le nostre speranze e anche la nostra stessa umanita'.
Per mio figlio e per i suoi bambini,  per tutti i bambini di Israele, io continuo a sognare un mondo diverso, e lo voglio! 
Lo pretendo!
Un mondo di coraggio, un mondo dove possano giocare nei prati senza paura dell'orco barbuto in turbante o kefiah, un mondo dove possano andare, come dice la mamma di Udi, a vedere gli uccelli migratori e ,lei ha ragione, non ci daremo per vinti,  la brutalita' di una non cultura, il demone della barbarie non ci sconfiggeranno.
 
Il giorno di Pasqua pero' i nuovi nazisti d'Oriente hanno decapitato un uomo e 
il ribrezzo e il terrore che si prova di fronte alla ferocia piu' bestiale non e' stato come quello provato per il primo, per Daniel, l'orrore provato dalla gente e'  passato quasi  inosservato.
Nessuno ha gridato di sdegno, nessuno si e' messo le mani tra i capelli, nessuno ha pianto. Era Pasqua, scampagnate, pranzi, giochi, felicita', probabilmente anche il giornalista Mastrogiacomo si puliva la bocca dopo un buon pasto ( che spero gli sia rimasto sullo stomaco) mentre dall'altra parte del mondo a un uomo terrorizzato, il suo interprete,  i talebani figli di Allah tagliavano la testa dopo averlo sgozzato.
Allora io mi sento confusa e  piena di rabbia, come e' possibile che ci abbiano abituati a questo, non puo' essere che ci siamo assuefatti al loro inferno medioevale, alla loro ferocia.
Noi non possiamo fare altro che essere molto molto arrabbiati ribellandoci con coraggio e con orgoglio,  maledicendo il Male che sono e il Male che fanno e quelli che , in Europa, li difendono e li proteggono dopo essersi calati i pantaloni.
Noi  dobbiamo sconfiggere  questi figli della morte  e farli sprofondare  nel loro mondo  di sangue e di sabbia.
 
Deborah Fait   

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