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La Stampa Rassegna Stampa
10.04.2007 Uranio su scala industriale, uscita dal trattato di non proliferazione
Ahmadinejad risponde così a chi invoca il "dialogo" con l'Iran: la cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 aprile 2007
Pagina: 15
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «“Uranio arricchito su scala industriale”»
Dalla STAMPA del 4 aprile 2007:

Teheran annuncia di aver iniziato l’arricchimento dell’uranio su scala industriale e paventa la possibilità di uscire dal Trattato contro la proliferazione se dovessero continuare le pressioni dell’Onu. Washington registra il passo come una «sfida alla comunità internazionale» e si appella a possibili pragmatici interlocutori dentro la teocrazia: «E’ questo il momento di farvi avanti».
E’ stato il presidente iraniano, Mahmud Ahmanijad, a rendere noti i nuovi progressi del programma atomico recandosi in visita all’impianto di Natanz in occasione del «Giorno nazionale dell’energia nucleare» festeggiato in tutto il Paese con celebrazioni ed eventi pubblici. La compagnia telefonica pubblica ha inviato messaggi di felicitazioni a tutti gli utenti ed a Teheran si è svolta una manifestazione di sostegno del programma nucleare al grido di «morte all’America» da parte di centinaia di persone che hanno circondato con una catena umana la sede dell’Agenzia nucleare iraniana.
La data del 9 aprile è stata dichiarata «festa nazionale» da Ahmadinejad lo scorso anno, quando annunciò l’inizio del processo di arricchimento con l’uso di 164 centrifughe, e ieri ha compiuto il passo successivo facendo sapere «con orgoglio» ad una folta platea di dignitari, militari, tecnici e scienziati che «il nostro caro Paese è entrato nel club di Paesi capaci di arricchire combustibile nucleare su scala industriale». Poco dopo è stato Ali Larijani, capo negoziato sul nucleare, a precisare che l’Iran ha «iniziato ad iniettare gas di uranio in 3000 centrifughe a fini di arricchimento». Finora Teheran avva ammesso con l’Agenzia atomica dell’Onu il possesso solo di 328 centrifughe e l’essere arrivata a quota 3000 significa avvicinarsi alla capacità di produrre il combustible necessario per la prima bomba atomica anche se alcuni esperti del settore, come Michael Levi del «Council on Foreign Relations» di New York, restano scettici sulla validità della «scala industriale» raggiunta, ritenendo che Ahmadinejad abbia voluto piuttosto «affermare politicamente di disporre di 3000 centrifughe anziché dimostrare di saperle far funzionare propriamente».
Inoltre servono fra le 50000 e 60000 centrifughe per produrre una testata nucleare anche se riuscendo ad attivarne 3000 si ricava la tecnologia necessaria per procedere verso l’obiettivo finale. Resta il fatto che Teheran torna a sfidare l’Onu che ha da pochi giorni approvato la risoluzione 1747 rinnovando le sanzioni tese ad ottenere il blocco del programma nucleare che si sospetta mirato alla realizzazione di armi atomiche. A conferma della scelta di cercare il confronto con le Nazioni Unite quasi contemporaneamente all’annuncio di Ahmadinejad la tv di Stato iraniana ha fatto sapere che il generale Mohammad Baqer Zolqadr «è stato in Russia per sei giorni senza problemi» pur essendo stato incluso dalla risoluzione 1474 nella lista delle personalità da tenere «sotto stretta sorveglianza» perché implicate nel programma nucleare.
La Casa Bianca ha reagito all’annuncio di Teheran con il portavoce Gordon Johndroe, secondo il quale l’«Iran continua a sfidare la comunità internazionale e ad isolarsi ulteriormente anziché sospendere il programma nucleare» come richiesto dalle risoluzioni 1747 e 1737 del Consiglio di Sicurezza. L’Agenzia atomica dell’Onu ha evitato di pronunciarsi, tradendo un forte imbarazzo per via del fatto che propro in questi giorni il presidente Mohammed El Baradei stava progettando una nuova visita in Iran. Da Washington ha parlato anche Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stao, lanciando un messaggio a chi a Teheran fosse pronto ad ascoltare: «Guardiamo a leader iraniani ragionevoli che si rendono conto dell’equilibrio fra costi e benefici dell’arricchimento dell’uranio e ritengono che non giovi al popolo iraniano continuare a perseguire l’attuale corso degli eventi». Il testo appare indirizzato a personaggi come Larijani che nel corso della recente crisi degli ostaggi britannici si sono dimostrati un importante canale di dialogo con la Repubblica Islamica. E Larijani ha risposto con un duplice linguaggio: da un lato ha ammonito sulla possibilità di un «abbandono del Trattato contro la proliferazione nucleare se continueranno le pressioni internazionali» e dall’altro ha assicurato di essere pronto ad avviare negoziati seri con l’Occidente per mettere fine alla disputa sul nucleare: «Con il ciclo del combustibile nucleare completo, siamo pronti a iniziare veri negoziati con l’obiettivo di arrivare a un’intesa».

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