Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera relativa a una precedente pubblicata con il titolo "La Shoah e la persecuzione degli omosessuali":
Affermare l'unicità del terribile fenomeno dell'olocausto non vuole dire che nei campi di concentramento finivano solo gli ebrei; significa solo ribadire come la persecuzione accanita che portò alla quasi totale distruzione delle comunità ebraiche europee non venne mai applicata con la stessa feroce metodica di sterminio totale alle altre vittime dei crimini del Terzo Reich.
A conferma di tale assunto, cito il sito www.olokaustos.org che a proposito della persecuzione di omosessuali, zingari e testimoni di Geova, riferisce: «Le porte dei campi di concentramento si aprirono per gli omosessuali molto presto: nel 1933 abbiamo i primi internamenti a Fuhlsbuttel, nel 1934 a Dachau e Sachsenhausen. Molte centinaia furono internati in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936 per "ripulire le strade". Tuttavia le cifre - se confrontate con l'enormità dello sterminio degli ebrei europei - mostrano un atteggiamento apparentemente contraddittorio da parte delle autorità naziste. Vi è concordanza sulle cifre degli omosessuali morti nei campi di concentramento tra il 1933 ed il 1945: circa 7.000. Si trattava per la quasi totalità di omosessuali di nazionalità tedesca, poiché, a differenza degli Ebrei e degli Zingari, i nazisti non perseguitarono o cercarono di perseguitare gli omosessuali non tedeschi. Sempre tra il 1933 ed il 1945 le persone processate per la violazione del Paragrafo 175 furono circa 60.000, di questi circa 10.000 vennero internati nei campi di concentramento. Gli altri furono condannati a pene detentive. Come si spiega questo apparente trattamento "mite"? I nazisti distinguevano tra "cause ambientali" che avevano condotto alla omosessualità e "omosessualità abituale". Nel primo caso il carcere duro, i lavori forzati, le cure psichiatriche e la castrazione volontaria erano ritenuti provvedimenti utili al reinserimento nella società. Nel secondo caso invece l'omosessualità veniva considerata incurabile. Il tasso di mortalità degli omosessuali nei campi fu del 60% contro il 41% dei prigionieri politici ed il 35% dei Testimoni di Geova. Un altro dato significativo è dato dal fatto che due terzi degli omosessuali internati morirono durante il primo anno di permanenza nei campi».
Dunque, è innegabile che tra gli omosessuali moltissimi vennero internati nei campi di sterminio dove in tanti morirono atrocemente, ma anche Olokaustos conferma come neppure essi furono oggetto della folle politica di sterminio totale sistematico riservata agli ebrei e solo agli ebrei.
Molti cordiali saluti
Luigi Prato, Sassari