Sui quotidiani italiani del 5 aprile 2007 prevalgono gli entusiasmi per il viaggio di Nancy Pelosi in Siria.
Il messaggio di Israele a Damasco ha un certo rilievo, ma spesso non viene presentato correttamente.
Secondo Mario Calabresi, che scrive su REPUBBLICA, la richiesta a Damasco di cessare il sostegno ad Hamas e Hezbollah sarebbe spiegabile con la contrarietà di Bush al viaggio della Pelosi.
Come se Israele non avesse altri motivi per affrontare il problema di gruppi che uccidono i suoi civili e vogliono la sua distruzione , e come se la fine del sostegno al terrorismo non fosse un'ovvia precondizione per un negoziato.
Ecco il testo:
new york - Gli Stati Uniti d´America da ieri hanno ufficialmente due linee di politica estera: la prima è quella del presidente Bush, tradotta nei fatti da Condoleezza Rice, la seconda è quella del partito democratico messa in atto dalla presidente della Camera Nancy Pelosi. Per i primi la Siria è un paese da tenere isolato, che fa parte dell´"asse del male", per i secondi un possibile interlocutore nel processo di pace in Medio Oriente e in Iraq. Così ieri, Nancy Pelosi, sfidando l´ira di George Bush, ha incontrato a Damasco il presidente siriano Assad.
Un´ora di colloquio, al termine del quale l´esponente più importante dei democratici americani ha spiegato di aver portato ai siriani un messaggio del primo ministro israeliano Olmert: «Israele è pronta ad avviare colloqui di pace con la Siria».
Un´apertura colta al volo da Assad che si è detto disponibile al negoziato. Una mossa che potrebbe creare non poche difficoltà alla Casa Bianca, avvenuta proprio nel giorno in cui i siriani hanno fatto capire di aver svolto un ruolo di mediazione decisivo tra Iran e Gran Bretagna per il rilascio dei 15 marinai inglesi.
La contrarietà di Bush a queste aperture - martedì il presidente aveva definito la visita «inopportuna» e «controproducente», mentre ieri è rimasto in silenzio - può spiegare la scelta di Gerusalemme di puntualizzare le parole della Pelosi. L´ufficio di Olmert ha sottolineato che «perchè sia possibile condurre un vero negoziato di pace la Siria deve cessare di appoggiare il terrorismo, sostenere organizzazioni come Hamas e Jihad Islamica, deve astenersi dal rifornire di armi gli Hezbollah e prendere le distanze dal regime estremista iraniano». Una nota che potrebbe far pensare ad una gaffe della leader democratica, se non fosse che nella visita era accompagnata dal presidente della commissione Esteri della Camera, Tom Lantos, considerato uno dei politici americani più vicini ad Israele e in passato promotore delle sanzioni contro la Siria, che ha dichiarato: «E´ solo l´inizio di un dialogo costruttivo». Non va dimenticato che oggi gli Usa non hanno neppure l´ambasciatore a Damasco, ritirato per protesta dopo l´omicidio dell´ex premier libanese Rafik Hariri.
Con questa visita i democratici stanno mettendo in atto una delle raccomandazioni contenute nel rapporto della Commissione Baker, che sottolineava la necessità di coinvolgere Siria e Iran in un dialogo che aiutasse a stabilizzare la situazione in Iraq. I siriani hanno definito l´incontro «cordiale e amichevole», e anche questo è un passo avanti, fino ad oggi infatti i colloqui con gli americani, compreso quello con l´ex candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry lo scorso dicembre, erano stati catalogati come «franchi». Nell´incontro, ha riferito uno dei presenti, Assad ha accettato di parlare di Hezbollah, Hamas e del flusso di combattenti dal suo Paese verso Bagdad e avrebbe rinnovato la richiesta agli Usa di aiuti sotto forma di tecnologie per sorvegliare la lunga «frontiera molle con l´Iraq». Domenica scorsa il famoso giornalista investigativo americano Seymour Hersh, parlando su al-Jazeera, ha sostenuto, citando fonti dell´Intelligence Usa, che l´apertura ai siriani è vicina anche da parte dell´Amministrazione Bush.
Nancy Pelosi ha avuto una buona accoglienza anche fra la popolazione: è scesa nel suq, ha pranzato nella città vecchia, e ha pregato accanto al sacrario di San Giovanni Battista nella Grande Moschea degli Omayyadi. Il Battista è venerato anche dai musulmani e la moschea è un raro esempio di luogo dove pregano anche i cristiani.
Soddisfazione per la doppia politica estera americana esprime Anna Momigliano sul RIFORMISTA , Ugo Tramballi sul SOLE 24 ORE vede nel viaggio della Pelosi il segno di una svolta imminente. Gli Stati Uniti non sceglieranno il dialogo con gli Stati sostenitori del terrorismo. Ma non è una novità. E' solo la strategia che non ha funzionato prima dell'11 settembre.
Mchele Giorgio sul MANIFESTO aplaude alla "coraggiosa" Nancy Pelosi, "incurante dell'ira e delle critiche di George Bush" e presenta una Siria disponibile al diaologo le cui profferte vengono respinte da Israele.
Ecco l'articolo:
Incurante dell'ira e delle critiche di George Bush, il presidente della Camera dei Rappresentanti Usa Nancy Pelosi - definita una «donna coraggiosa» dalla stampa siriana - ieri ha incontrato a Damasco il presidente Bashar Assad, dimostrando di aver compreso meglio del Segretario di stato Condoleezza Rice le conclusioni del rapporto della commissione Baker-Hamilton che nei mesi scorsi aveva raccomandato una ripresa del dialogo tra Stati Uniti, Siria e Iran. Certo non si può dare troppo peso a questo meeting insolito per il Medio Oriente ma sarebbe un errore sottovalutarlo, anche soltanto dal punto di vista simbolico. I sorrisi e le calorose strette di mano che hanno accompagnato le dichiarazioni rilasciate da Nancy Pelosi, sono un segno ben diverso dalle continue minacce di attacchi e bombardamenti che l'Amministrazione Bush continua a rivolgere alla Siria che considera parte di quell'«asse del male» da abbattere, ad ogni costo, come dimostra il sangue che scorre per le strade dell'Iraq a quattro anni dall'occupazione anglo-americana. La visita dalla Pelosi, alla guida di una delegazione bi-partisan, forse ha simbolicamente segnato la fine dell'era Bush in Medio Oriente ma i colpi di coda potrebbero rivelarsi devastanti. Nella regione molti si aspettano una nuova guerra per la prossima estate, in particolare un attacco Usa (o di Israele) contro l'Iran che avrà conseguenze gravi anche per la Siria e il Libano.
Il presidente della Camera dei Rappresentanti ieri ha consegnato ad Assad un messaggio in cui il premier israeliano Ehud Olmert si dice pronto ad aprire negoziati. «Siamo venuti in Siria con un messaggio di pace», ha dichiarato Pelosi all'aeroporto di Damasco, subito prima di partire per l'Arabia Saudita, dove concluderà la missione diplomatica iniziata in Israele e proseguita in Libano e Territori occupati palestinesi. «Era assolutamente necessario venire in questo paese e parlare col presidente Bashar Assad di tante questioni», ha aggiunto Pelosi. Assad ha dal canto suo fatto sapere che «per la Siria la pace è una scelta strategica» e che Damasco è impegnata nel raggiungere questo obiettivo «sin dalla conferenza di Madrid» del 1991. Ma da Israele, l'ufficio del premier Olmert ha immediatamente preso le distanze dalle parole di Pelosi con un comunicato «per chiarire» il senso delle dichiarazioni fatte dall'alto rappresentante Usa. La Siria, insiste Olmert, continua «a far parte dell'asse del male» e «incoraggia il terrorismo in Medio Oriente». I colloqui ufficiali tra Siria e Israele sono fermi dal 2000 dopo il fallito vertice tra l'ex primo ministro israeliano Ehud Barak e lo scomparso presidente Hafez Assad (padre di Bashar) sulla restituzione delle Alture del Golan alla Siria che Israele occupa dal 1967. Sono interrotti anche negoziati informali tra i due paesi, in corso fino all'estate 2006 grazie alla mediazione svizzera.
Le aperture della Pelosi a Damasco, nonostante la marcia indietro di Tel Aviv, potrebbero segnare una svolta nelle relazioni tra Siria e Stati Uniti? L'ottimismo dei mezzi d'informazione governativi siriani è molto forte ma pochi sono disposti a crederlo. «È ovvio che di fronte ad un visita tanto importante, da anni non giungevano in Siria esponenti politici americani di primo piano, giornali e televisioni ufficiali si diano da fare per sottolineare l'evento. A freddo però un po' tutti, a cominciare dai leader, sanno che l'arrivo della signora Pelosi ha un significato solo simbolico. Alla Casa Bianca c'è ancora Bush e sino a quando ci sarà lui i rapporti tra i due paesi non cambieranno», ci diceva ieri l'analista siriano Basel Awdat. «Certo la signora Pelosi ha avuto molto coraggio a sfidare Bush ma a Damasco non ha detto cose molto diverse (rispetto all'attuale Amministrazione Usa) quando ha affrontato la questione dei movimenti armati che combattono l'occupazione israeliana oppure le crisi dell'Iraq e del Libano. Nella sostanza è cambiato molto poco e per ora il nostro paese dovrà accontentarsi del tono amichevole usato dalla rappresentante americana», ha aggiunto.
Riguardo la vicenda irachena, la Siria per capire le intenzioni americane attende la convocazione del secondo round di colloqui sulla cosiddetta «stabilizzazione» dell'Iraq che, dopo l'incontro a Baghdad del mese scorso, dovrebbe concretizzarsi in Turchia. Gli Stati Uniti nel frattempo in Libano continuano a sostenere i partiti che formano la coalizione di governo guidata da Fuad Siniora, che due giorni fa, con un atto di forza, interrompendo ogni dialogo con l'opposizione guidata da Hezbollah, hanno chiesto alle Nazioni unite di provvedere alla creazione della corte internazionale incaricata di processare i presunti responsabili dell'attentato all'ex premier Rafiq Hariri e che, nelle intenzioni di Washington e dei suoi alleati in Libano, e nei desideri di Israele, metterà sul banco degli imputati proprio la Siria.
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