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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.04.2007 Basi in Pakistan, futuri capi in Iraq
come cambia Al Qaeda secondo un'inchiesta del New York Times

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 aprile 2007
Pagina: 13
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «La nuova guardia di Al Qaeda Trentenni, pericolosi ma «gentili»»
Dal CORRIERE della SERA del 3 aprile 2007:

Sono i trentenni di Al Qaeda. Alcuni hanno fatto in tempo a combattere i sovietici, altri invece sono arrivati dai gruppi radicali nordafricani. Fanno parte di una gerarchia «orizzontale e vaga» che rispecchia alla perfezione la vera natura del qaedismo: un insieme di network non sempre collegati, una serie di centri autonomi che hanno come riferimento ideologico Osama.
Guidano i loro seguaci dalla Zona tribale pachistana ma hanno una proiezione strategica che li rende capaci di organizzare operazioni spettacolari in altri continenti. Un discorso a parte va fatto per «Al Qaeda nella terra dei fiumi» (Iraq). Ha maggiore libertà d'azione ed è considerata la nuova Accademia del terrore: i futuri capi usciranno da qui.
Con un lungo articolo il New York Times conferma una tendenza già colta dai servizi di sicurezza occidentali. E indica quali sono i nuovi «facilitatori» , personaggi in grado di coordinare azioni di guerriglia come attentati. Nessuno di loro — precisano le fonti — è del livello di Khaled Sheikh Mohammed, presunta mente dell'11 settembre. Ciò non di meno sono considerati pericolosi.
La figura più interessante è Abdul Hadi Al Iraqi. Nato nel 1960 nel Kurdistan iracheno, ex maggiore dell'esercito di Saddam, veterano della guerra afghana, si cela da anni nella nebulosa qaedista. Poliglotta (pashtu, urdu, dari), ha redatto gli 11 volumi dell'Enciclopedia della jihad, consultabile — direbbero in uno spot — su cd rom o su testo. Si veste e vive come un montanaro afghano, ma è altrettanto disinvolto quando frequenta i palazzi del Golfo Arabico a caccia di fondi. Bin Laden lo ha usato come mediatore affidandogli la missione di avvicinare Al Zarqawi in Iraq. Una prima volta ha fallito, la seconda sarebbe riuscito a ridurre i contrasti. Un'intesa sancita da uno scambio di messaggi tra il leader in Iraq e Osama. «Sono la persona che rompe il gelo e ha la soluzione per i problemi» avrebbe confidato Al Iraqi a un complice ricordando ancora «il volto terrificante di Al Zarqawi». Il suo modo di fare piace negli ambienti jihadisti: «Non ha l'arroganza e e la formalità di altri esponenti arabi». Incomprensioni spesso emerse durante le fasi più acute della crisi afghana.
Gli 007 associano Al Iraqi — che ha il suo rifugio nel Waziristan (Pakistan) — a un fallito attentato a Londra, a un complotto contro il presidente pakistano Musharraf e all'addestramento di un team di «12 mujaheddin bianchi» da infiltrare in Occidente. La squadra sarebbe composta da 9 britannici, due norvegesi e un australiano.
Abu Ubaidah Al Masri è invece sospettato di aver ispirato il fallito attacco contro i jet passeggeri dell'estate scorsa. Egiziano, ha guidato i ribelli nella regione di Kunar ed ha quindi sostituito Abu Hamza Rabia, ucciso da un raid nel 2005. Con Al Masri lavorano il marocchino Khalid Habib e altri due «ufficiali» oggi nascosti in Iran: Abu Jihad Al Masri e Atiya Abd Al Rahman.
Fonti americane confermano che la nuova generazione di Al Qaeda ha ricreato le basi e campi d'addestramento mobili nei santuari pakistani. Un'infiltrazione resa possibile dal sostegno della popolazione locale e dalla decisiva complicità di settori dell'intelligence pachistana. Un legame denunciato con forza da Washington e ribadito, nelle ultime ore, dal presidente afghano Karzai: il capo dei talebani, il mullah Omar, vive a Quetta, in Pakistan.

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