La debolezza della Gran Bretagna rafforza l'intransigenza iraniana l'analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 03 aprile 2007 Pagina: 2 Autore: Carlo Panella Titolo: «Quando gli inglesi si fanno pecore, il lupo di Teheran le umilia. E’ la guerra delle scuse»
Dal FOGLIO del 3 aprile 2007:
Roma. A Londra si attende con ottimismo la fine della festività iraniana del Now Rouz, del nuovo anno lunare, per riprendere le trattative per la liberazione dei 15 marinai presi in ostaggio da ormai 10 giorni. Il ministro degli Esteri inglese, Margaret Beckett, ha confermato che l’atmosfera “si è rilassata”, mentre fonti ufficiose di Downing Street hanno accennato a un cauto ottimismo, citando “molti contatti in corso dietro le quinte”. Una delle ragioni dell’ottimismo risiede nella piccola de-escalation propagandistica attuata da Teheran, la cui televisione ha continuato a mandare in onda immagini dei militari inglesi prigionieri – che avrebbero tutti “confessato lo sconfinamento”– ma senza audio e quindi senza le umilianti frasi di autoaccusa che erano stati costretti a pronunciare nei giorni scorsi. La radio iraniana ha spiegato questa scelta di propaganda più soft con un “cambio di atteggiamento” da parte del governo inglese, “pronto a rivedere la sua posizione”. Frase ambigua che l’ovvia riservatezza delle trattative non permette di interpretare, se non registrando il fatto che probabilmente Londra ha dato una qualche soddisfazione, quantomeno di tono, agli iraniani. Soltanto la conclusione positiva della trattativa potrà confermare quanto sia consistente l’atmosfera più ottimistica che si registra a Londra, ma è già evidente che per l’ennesima volta gli iraniani sono riusciti a umiliare un governo inglese e che questo ha reagito in maniera quantomeno ambigua, nonostante alcune fiere parole di Ton Blair. La vicenda, infatti è iniziata molto male sin dai primi istanti, a causa della surreale regola d’ingaggio a cui il governo inglese aveva vincolato i 15 militari, regola che era perfettamente a conoscenza dei pasdaran iraniani che li hanno catturati: gli inglesi non potevano sparare. A differenza di Washington, infatti, Londra manda i propri militari a ispezionare il traffico navale sullo Shatt el Arab – che veicola non solo contrabbando, ma anche armi e armati – impedendo loro di usare le armi se non per rispondere al fuoco. Facile preda dei pasdaran, che hanno acquisito un grande vantaggio psicologico umiliando la potenza militare britannica, i 15 prigionieri, che si sono arresi senza combattere, sono stati immediatamente oggetto di una trattativa in cui gli iraniani godevano di un altro vantaggio: sapevano di potere infliggere umiliazioni cocenti all’avversario inglese, senza pagare nessun prezzo. Due anni di trattative sul nucleare, con continue prese in giro da parte di Teheran e continui rialzi dell’offerta da parte della “trojka” capeggiata dalla diplomazia inglese, hanno dato infatti ai pasdaran questa reiterata immagine di arrendevolezza britannica. Anche questa volta, quindi, i rapitori non si sono limitati a violare le più elementari regole umanitarie e le leggi internazionali (che proibiscono di esibire prigionieri e ancor più di costringerli ad accusare i propri paesi), ma anche a prendere letteralmente in giro i britannici. Così Mahmoud Ahmadinejad in persona ha assicurato al premier turco,Tayyp Erdogan, che avrebbe liberato la donna marinaio, e il ministro Manoucher Mottaki lo ha poi annunciato formalmente. La donna però non soltanto non è stata liberata, ma è anche stata usata per tre messaggi televisivi antinglesi, studiati per vellicare i sentimenti dell’opposizione pacifista al governo di Blair L’oggetto stesso della trattativa è umiliante, ma anche Londra lo sta subendo, se non accettando. I pasdaran, infatti, pretendono unicamente che l’Inghilterra “chieda scusa. Una richiesta inusuale e pretestuosa che rivela come essi intendano replicare il 1979 (quando gli ostaggi americani furono usati per eliminare il moderato governo Bazargan e poi il presidente Bani Sadr), usando questa vicenda per emarginare una dirigenza moderata che negli ultimi mesi tentava di riprendere quota. Ma Londra – a quel che si comprende – non si è sottratta a questo terreno di trattativa e si è dichiarata pronta a fornire assicurazioni che mai in futuro violerà le acque territoriali iraniane. Nel fare questo ha ceduto a parte del ricatto, ha pagato il prezzo di garanzie umilianti e subìto il gioco dei rapitori. Non c’è da stupirsi di questo atteggiamento remissivo di Londra nei confronti di Teheran, perché è lo stesso tenuto anche in occasione del ben più grave “caso Rushdie”. E’ stato infatti proprio il governo Blair, ministro degli esteri Jack Straw (fautore del dialogo con l’Iran e la Siria) a accettare nel 1998 una soluzione vergognosa della vicenda iniziata il 15 febbraio del 1989 con la condanna a morte di Salman Rushdie da parte dell’ayatollah Khomeini. Il compromesso che ristabilì piene e cordiali relazioni diplomatiche, commerciali e petrolifere con Teheran, previde infatti solo che il ministro iraniano degli Esteri Kharrazi dichiarasse che il governo iraniano non si riteneva impegnato a applicare la fatwa. Un trucchetto, perché la fatwa rimane operante (la taglia è regolarmente adeguata al tasso di inflazione) e non ha mai coinvolto il governo iraniano, ma i fedeli musulmani che riconoscono l’autorità di Khomeini e che continuano a esserne vincolati.
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