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Il Giornale Rassegna Stampa
02.04.2007 Musulmani in fuga dall'Ucoii
mentre il governo non espelle i predicatori d'odio

Testata: Il Giornale
Data: 02 aprile 2007
Pagina: 3
Autore: Marcello Foa - Massimo Introvigne
Titolo: «Gli islamici italiani spaccati. I moderati in fuga dall'Ucoii - Gli imam ultrà che Amato non caccia via»

Dal GIORNALE del 2 aprile 2007, la cronaca di Marcello Foa:

Dicono di aver scoperto il vero volto dell’Ucoii, l'Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia. E di volersene andare. Se fossero semplici militanti non ci sarebbe notizia, ma si tratta di ben cinque membri del consiglio d'amministrazione dell’Ucoii, che in tutto ne conta undici.
La loro è una ribellione discreta, graduale, ma irrevocabile. Così assicura al Giornale il professor Habib Sghaier, presidente dell’Associazione comunità stranieri in Italia (Acsi) e membro della consulta nazionale dell’immigrazione, che è in contatto con loro. «Non osano ancora uscire allo scoperto», spiega, perché all'interno dell’associazione si respirerebbe «un clima di intimidazione». Ma si sono già allontanati: «Da diversi mesi non frequentano più l'Unione». È l’ala moderata che progressivamente se ne va.
L’Ucoii, naturalmente, smentisce. Da noi interpellato, il portavoce Isseddin Elzir assicura che «nessuno si è dimesso» e che «non c'è spaccatura al vertice», ma solo «un dibattito aperto e democratico che aiuta a crescere e di cui andiamo orgogliosi».
È la doppia verità di un movimento controverso: per alcuni è rispettabile, sebbene radicale nella sua interpretazione religiosa, e per questo meritevole di sedere nella Consulta islamica creata dal Viminale. Per altri, sempre più numerosi, è un’organizzazione infida, che persegue un’agenda segreta, quella di un Islam fondamentalista, arretrato, antioccidentale.
Quei cinque avevano aderito anni fa pensando che tutte le voci sul conto dell’Ucoii fossero esagerate, nient’altro che propaganda islamofobica. D’altronde nella sua nota costitutiva, questa organizzazione afferma di voler facilitare l’integrazione dei musulmani in Italia e di difendere al contempo i diritti delle minoranze islamiche. Il suo motto è: uniamoci per contare di più.
Ma con il passare del tempo, si sono resi conto che qualcosa strideva. «Hanno capito che l'Ucoii veniva usata per fini diversi da quelli dichiarati - racconta Sghaier -. Hanno visto affluire somme ingenti di denaro senza che nessuno ne spiegasse l'origine». E ancora: «Venivano diffuse dichiarazioni che non erano state concordate collegialmente»; come quando, il 19 agosto 2006, l'Ucoii ha fatto pubblicare una pagina a pagamento su alcuni quotidiani in cui equiparava le stragi israeliane a quelle naziste, coniando questo slogan: «Marzabotto uguale Gaza uguale Fosse Ardeatine uguale Libano». Per quell’iniziativa il presidente Nour Dachan e il segretario Hamza Piccardo sono stati indagati dalla procura di Roma con l’accusa di aver diffuso «idee fondate sull’odio razziale e religioso».
E, ancora, nel gennaio 2007 quando il fondatore dell’Ucoii Mohammed Bahà el-Din Ghrewati, 56 anni, noto medico omeopata, ha rilasciato un’intervista al Tg1 in cui ha auspicato la legalizzazione della poligamia, perché «se mi fa piacere avere quattro mogli devo andare in clandestinità e questo non è giusto». E cos'è giusto per lui? «Tu la vuoi, fai l'amore con lei, te la devi tenere». Insomma «la poligamia significa salvare le donne dalla fregatura dell'uomo». Niente male per il padre spirituale di un’organizzazione che assicura di rispettare i principi sanciti dalla Costituzione italiana.
Sghaier i nomi dei cinque ribelli non li può fare. Hanno paura di un’associazione dove troppo spesso prevarrebbe la logica del «o con noi o contro di noi». D’altronde l’Ucoii non ha fatto nulla per impedire che circa metà delle 600 moschee presenti sul territorio italiano finissero in mano a imam oltranzisti. Farne parte può essere rischioso: qualche tempo fa uno dei cinque è stato fermato in un aeroporto di un Paese del Maghreb, sospettato di essere un fiancheggiatore dei terroristi. L’accusa era falsa e non è stato semplice dimostrarlo. Ma dopo questa esperienza l’uomo non ha più avuto dubbi: dall’Ucoii è meglio andarsene.

Di seguito, un commento di Massimo Introvigne:

Caso numero uno. N e l l ' u l t i m o weekend al variopinto convegno del Campo Antimperialista a Chianciano, che ha visto insieme sedicenti resistenti irakeni e ultra- comunisti vicini alle Brigate Rosse come i Carc, il portavoce dell' Ucoii, l'Unione delle Comunità eOrganizzazioni Islamiche in Italia, dichiara - registrato in video e salutando i compagni a pugno chiuso - che «i giovani musulmani d'Europa possono essere compagni di strada e di lotta e ne abbiamo visto una parte notevole in Francia, due anni fa». Si tratta di coloro che «hanno bruciato nel giro di pochi giorni 36.000 automobili». Per Piccardo «questa è una forza che le comunità immigrate hanno dentro di loro, la loro capacità demografica, il loro coraggio. Con questa forza, con questi giovani noi dobbiamo riuscire a interagire. L'antiimperialismo è dentro di loro». Caso numero due. A Torino una troupe del programma Annozero registra in due moschee sermoni dove s'inneggia ad Al Qaida e s'insegna ai fedeli musulmani torinesi che non ci deve essere «nessun compromesso con gli infedeli. Si uccidono e basta». Almeno una delle due moschee è in amichevoli rapporti con la stessa Ucoii. Che cos'è l'Ucoii? Le numerose associazioni di musulmani che esistono in Italia non sono «l'islam»: diverse indagini dimostrano che la maggioranza degli immigrati non le ha nemmeno mai sentite nominare. Tuttavia l'Ucoii è l'associazione di gran lunga più grande, e controlla la maggior parte delle sale di preghiera italiane (impropriamente dette moschee). La sua matrice storica e culturale è quella dei Fratelli Musulmani, la casa madre del fondamentalismo internazionale. Quando l'allora ministro degli Interni Pisanu decise di istituire una Consulta per l'Islam italiano stabilì saggiamente che la Consulta, come dice il suo nome, avrebbe avuto funzioni consultive, semplice luogo dove sentire pareri disparati, «escluso - così diceva il decreto istitutivo - ogni carattere di rappresentatività». Contro le opinioni di molti, nella Consulta Pisanu accolse l'Ucoii, ritenendo che sarebbe stato strano sentire in un organo meramente consultivo le opinioni di piccole organizzazioni ma non della più grande. Del resto, gli imam stranieri che nelle prediche esageravano con Pisanu erano prontamente espulsi. Il nuovo ministro Amato, invece, non ha espulso nessuno e ha sempre più presentato la Consulta come se fosse un vero e proprio parlamentino dei musulmani italiani. Dal canto suo l'Ucoii ha interpretato l'atteggiamento di Amato comeuna licenza per gettare la maschera e buttare la prudenza alle ortiche. Ai tempi della guerra in Libano, in una pubblicità a pagamento paragonò Israele ai nazisti. Subito dopo alcuni suoi esponenti hanno rilasciato dichiarazioni per dire il meno ambigue sul diritto di praticare la poligamia in Italia. Che cosa ha intenzione di fare Amato con l'Ucoii e con gli imam bombaroli di Torino? Sembra che di fronte ai gravi episodi di Chianciano e di Torino il pacioso ministro abbia avuto un sussulto: infatti, ha denunciato il rischio che l'Italia finisca per assomigliare alle «società islamizzate ». Purtroppo, però, Amato non parlava dei musulmani ma dei vescovi cattolici e della loro nota sui Dico. Il governo Berlusconi dialogava con i vescovi ed espelleva gli imam ultra-fondamentalisti. Questo governo dialoga con i fondamentalisti islamici e cerca di espellere dalla vita politica i vescovi. Quale dei due governi alimenta il rischio di un'Italia «islamizzata »? La risposta non è poi così difficile.

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