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La Stampa Rassegna Stampa
02.04.2007 Attacco all'ambasciata britannica: il regime iraniano cerca il consenso perduto
Maurizio Molinari intervista Fuad Ajami

Testata: La Stampa
Data: 02 aprile 2007
Pagina: 8
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «»
Dalla STAMPA del 2 aprile 2007:

Il sequestro dei militari inglesi è una crisi orchestrata ad arte da Ahmadinejad per tentare di puntellare all’interno un regime sempre più contestato dagli iraniani». Così l’islamista Fuad Ajami, direttore degli Studi mediorientale alla Johns Hopkins University, riassume i motivi all’origine del braccio di ferro fra Teheran e Londra.
Che cosa sta succedendo a Teheran?
«Il regime degli ayatollah è in crisi di legittimità. Ahmadinejad è stato eletto promettendo ad ogni famiglia iraniana pasti migliori ogni sera ma nulla di questo è avvenuto nonostante il boom del prezzo del greggio che ha inondato di dollari l’Arabia Saudita e gli Emirati del Golfo. L’Iran deve tenere per sé il 40 per cento della produzione di greggio nazionale perché l’apparato statale costa troppo e l’economia è in condizioni fatiscenti. Gli studenti, i commercianti, i dipendenti pubblici si rendono conto ogni giorno di più che Ahmadinejad non ha mantenuto le promesse e sta trascinando a fondo ciò che resta dell’economia. Le indiscrezioni più recenti riguardano la sospensione degli stipendi dei manager pubblici. In queste condizioni il presidente Ahmadinejad sente l’Iran franargli sotto i piedi ed ha orchestrato a freddo la crisi con la Gran Bretagna nel tentativo di recuperare consenso interno».
Quale è il ruolo che svolgono i pasdaran?
«Se la teocrazia iraniana è in crisi e Ahmadinejad è indebolito i pasdaran continuano a concentrare nelle loro mani un immenso potere: hanno armi, milizie, fondazioni, una enorme quantità di danaro e sono in grado di operare come uno Stato dentro lo Stato. In queste condizioni la crisi dell’Iran può continuare a lungo perché i Guardiani della Rivoluzione sono in grado di gestire il potere per anni. Non esiste dentro l’Iran un potere in grado di sfidarli e Ahmadinejad si è schierato con loro, diventando il politico che adoperano per continuare ad esercitare una pesante influenza sul Paese».
Chi c’è sul fronte opposto a quello dei pasdaran?
«C’è un’intera nazione fatta di giovani, lavoratori, uomini di cultura e di scienza che aspira alla libertà che gli è stata negata sin dai tempi della rivoluzione khomeinista. Anche all’interno della teocrazia vi sono leader politici ed alti funzionari di spessore, come Larijani, che tengono a garantire all’Iran un posto di rilievo nelle relazioni internazionali e vedono dunque con disappunto la propria nazione considerata sempre più come un fuorilegge, a causa di comportamenti illegali come il sequestro di 15i soldati britannici che si trovavano in acque irachene».
La crisi può durare a lungo?
«La crisi dei soldati è lo specchio delle difficoltà interne del regime di Ahmadinejad, che stanno aumentando. L’Iran si sta suicidando da solo ma affinché arrivi il definito collasso potrebbe servire tempo. Bisogna dare atto all’amministrazione Bush che le sue politiche nei confronti dell’Iran stanno funzionando. In molti hanno accusato la Casa Bianca di preparare un attacco militare all’Iran ma in realtà ciò che sta premiando è la scelta di puntare sulle sanzioni Onu e sull’opera di tanti efficienti funzionari del ministero del Tesoro che sono riusciti a individuare e neutralizzare i canali finanziari attraverso i quali il regime sostiene tanto il nucleare che i pasdaran. Se oggi Ahmadinejad è più debole è soprattutto perché la strategia delle sanzioni sta funzionando».

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