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La Stampa Rassegna Stampa
02.04.2007 Disinformazione sull'Iran
a cura di Farian Sabahi e Loretta Napoleoni

Testata: La Stampa
Data: 02 aprile 2007
Pagina: 8
Autore: Farian Sabahi - Loretta Napoleoni
Titolo: «Blitz dei pasdaran contro l'ambasciata inglese a Teheran - Un attacco mediatico al debole Blair»

Dalla STAMPA del 2 aprile 2007, la cronaca di Farian Sabahi, per la quale l'Iran avrebbe subito una provocazione dalla Gran Bretagna e sarebbe percorsa da una spontanea ondata di sdegno e orgoglio nazionale (limitata per ora dalla scarsa popolarità del regime).
Ultraconservatori e basij (paramilitari, dai quali viene Ahmadinejad: dunque non così estranei al "vertice")  vogliono "impedire ai vertici di accettare un compromesso con Londra".
Insomma a Teharan sarebbe la piazza a influenzare il regime spingendolo verso posizioni oltranziste.
Per capire quanto questa tesi sia poco credibile basta domandarsi: "A Teheran sarebbe possibile una manifestazione per l'immediato rialascio dei marinai britannici?"  La risposta, scontata, ci ricorda che i regimi totalitari funzionano in modo totalmente diverso dalle democrazie. Non sono influenzati dalla piazza, dato che reprimono ogni dissenso, ma organizzano le manifestazioni ( e le violenze, dato che di questo si è trattato in Iran) per promuovere le loro agende politiche.
Inoltre, i regimi totalitari mentono. Sabahi concede invece credito alla srtoria, diffusa dalla diplomazia iraniana,  della sparatoria che  alcuni soldati britannici avrebbero scatenato intorno al  consolato della Repubblica islamica a Bassora. Per lei si tratta di una "notizia" e di un "incidente".

Ecco l'articolo:

Duecento persone hanno manifestato davanti all’ambasciata britannica, lanciando pietre e petardi per chiedere «agli inglesi di non offendere più la dignita dell’Iran violandone la sovranità territoriale». Situata in via Firdousi, nei pressi del mercato nero di valuta, la sede diplomatica è circondata da un muro che la protegge dalle manifestazioni ricorrenti. Con poche righe la TV di stato ha dato notizia della protesta a cui hanno partecipato per lo più ultraconservatori e «basij» (paramilitari) che si considerano custodi dell’ortodossia islamica. Sono loro a voler processare i marinai, «colpevoli di avere sconfinato in acque territoriali iraniane». E sono sempre loro a voler impedire ai vertici di accettare un compromesso con Londra.
Il presidente Ahmadinejad continua a sfidare Londra. Facendo allusione al premier britannico Tony Blair, al presidente statunitense Bush e all’Unione Europea schierati al fianco del Regno Unito, Ahmadinejad ha tenuto un discorso incalzando i britannici e le potenze occidentali che «invece di chiedere scusa per la violazione di frontiera si comportano in modo arrogante ma sono destinate a svanire come le bolle sull’acqua».
Ricordando l’invasione dell’Iran da parte di Saddam, ma con un richiamo al presente, Ahmadinejad ha affermato che «il suicidio è un’arma invincibile e siamo in grado di reclutare centinaia di kamikaze al giorno». Queste dichiarazioni sono state rilasciate durante una visita nel Khuzestan, al confine con l’Iraq, in un’area che era stata duramente colpita durante la guerra scatenata da Saddam nel 1980. Consapevole che i discorsi sul martirio hanno però scarso fascino sulla gioventù iraniana nel resto del Paese, Ahmadinejad ha poi invitato «le nuove generazioni a incamminarsi sul sentiero della spiritualità».
Le dichiarazioni del presidente, che ha insistito sull’arroganza degli stranieri, sono benzina sul fuoco in un Paese che, storicamente, poco tollera l’ingerenza straniera. A fare da cassa di risonanza sono state poi altre due notizie. Secondo la diplomazia iraniana giovedì scorso alcuni soldati britannici avrebbero scatenato una sparatoria intorno al consolato della Repubblica islamica a Bassora, in Iraq, e avrebbero invaso i locali in segno di provocazione per la detenzione dei marinai di Sua maestà. L’altra notizia riguarda due velivoli americani che avrebbero violato lo spazio aereo iraniano a nord-ovest di Abadan. Comunicata dal comandante locale dei pasdaran (Guardie della rivoluzione), la notizia è stata confermata da molti abitanti della zona.
L’incidente di Bassora e lo sconfinamento dell’aviazione americana si sovrappongono a quello dei quindici marinai di cui non tutti gli iraniani sono però informati poiché soltanto domani, al termine delle vacanze di Noruz (capodanno), i giornali torneranno in edicola. Ma questi eventi non fanno che acuire la crisi e distogliere l’attenzione degli iraniani dal crescente isolamento internazionale causato da una leadership aggressiva e fortemente ideologizzata che si trova a gestire una crescente impopolarità sia sul fronte interno sia nel contesto internazionale.
Forse i pasdaran e lo stesso Ahmadinejad hanno approfittato delle festività di capodanno e dell’assenza dei loro rivali, i pragmatici capeggiati da Rafsanjani e dalla stessa guida suprema Ali Khamenei, per fare un colpo di mano. L’obiettivo è fare bingo, in termini mediatici, sia a casa sia nel mondo arabo. L’operazione non è difficile, visto che molti iraniani sono convinti che il Regno Unito non abbia mai abbandonato le pretese imperialistiche nella regione. E ogni volta che succede qualcosa di inaspettato la tentazione è sempre quella di scaricare la colpa su Londra.

Loretta Napoleoni, nell'articolo "Un attacco mediatico al debole Blair", ricostruisce il crescere della tensione tra Gran Bretagna e Stati Uniti da un lato e Iran dall'altro dimenticando completamente il sostegno al terrorismo iracheno ( e palestinese) garantito da Teheran, la sfida alla comunità internazionale e la corsa all'atomica.

Ecco il testo:


C’è solo un modo per tentare di capire cosa c'è dietro l’incidente diplomatico tra il governo di Sua Maestà e gli ayatollah iraniani: applicargli le regole degli scacchi. La cattura di 15 soldati britannici nel delta del Tigri e dell’Eufrate è solo una scaltra mossa di Ahmadinejad. Pattuglie iraniane, irachene e delle forze di coalizione sconfinano quotidianamente nelle acque territoriali dei due Paesi. Il delta è una distesa di acqua e secche sabbiose i cui confini cambiano a seconda delle stagioni e degli straripamenti. Anche volendolo fare, sarebbe impossibile tracciare un confine permamente tra le sue acque che demarchi la sovranità dell’Iraq e dell’Iran. Due anni fa, un incidente simile si concluse con il rilascio dei soldati delle forze della coalizione. Ma a quel tempo Londra faceva da ponte tra Teheran e l’Occidente. Jack Straw, l’allora ministro degli Esteri britannico, era di casa nei templi degli ayatollah e Blair premeva su Bush per aprire il dialogo con l’Iran. Ma allora si pensava ancora di vincere in Iraq, gli sciiti erano fedeli alla coalizione, nessuno menzionava milizie sciite pagate da Teheran.
A fare la prima mossa è stato l’Occidente, un anno fa quando da Washington sono arrivate serie minacce all’Iran. Ufficialmente in risposta alle provocazioni del nuovo presidente Ahmadinejad, ma chi lo conosce sa che nelle sue parole c'è tanta retorica. Washington quindi accetta la sfida e inizia la partita. Ecco le mosse principali.
Prima della fine dell’anno Bush rifiuta la proposta del rapporto Baker per trovare una via d’uscita in Iraq. La proposta lo incita ad aprire un dialogo con Iran e Siria. Si mormora che il commento di Bush ai suggerimenti fu «on my dead body», solo se mi ammazzano. Il 24 dicembre truppe americane arrestano diversi ufficiali iraniani in Iraq, tra cui due diplomatici.
La cattura dei soldati britannici fa parte di una partita a scacchi globale e altri cinque diplomatici finiscono in cella. A tutt’oggi restano nelle mani degli americani nel vicino Iraq. A febbraio scompare misteriosamente un ufficiale iraniano in Turchia. La famiglia si appella agli ayatollah e dichiara che è stato rapito dagli israeliani. Di lui ancora non si sa nulla. Ed ecco che il Consiglio di Sicurezza vara ben due risoluzioni contro l’Iran prima di far scattare le sanzioni finanziarie.
Mentre le pedine occidentali scivolano all’attacco sulla scacchiera, Teheran fa catenaccio, si limita a scambiare le torri e a sacrificare qualche piccolo pezzo, aspetta l’occasione giusta. Gli iraniani sanno aspettare e bluffare come nessun altro. Ed ecco che è proprio l’ex amica Gran Bretagna che offre l’occasione tanto attesa. Quindici soldati cadono nelle mani di una pattuglia di ricognizione di confine. Cosa fa Ahmadinejad? Non li chiude in una prigione sotterranea, ma li rifocilla per poi trasformarli in una potente arma mediatica.
Attoniti gli inglesi ascoltano le parole dei pronipoti dei difensori dell’impero britannico condannare la politica del loro premier. I soldati catturati fanno eco ai generali che negli ultimi mesi hanno criticato la politica estera di Blair. Ma se questi ultimi erano uomini liberi, i primi sono prigionieri e nell’Inghilterra dell’impero questo è il massimo tradimento. Uno choc tremendo che potrebbe mettere in ginocchio Blair, il falco della guerra in ex Jugoslavia e Iraq. Il che avviene nel momento della sua più grande debolezza, quando sta per cedere il comando all’odiato Gordon Brown.
Che farà Blair per evitare lo scacco matto? La sua prossima mossa dovrebbe tener conto dell’altra grande partita giocatasi in Libano la scorsa estate, quando a causa di un incidente simile Israele ha sofferto un’umiliazione ben più grande, quella delle armi. Anche allora la prosopopea israeliana accecò i politici e quando i missili raggiunsero le coltivazioni di aranci di Haifa il mondo rimase a bocca aperta. Il primato militare sulla carta potrà ancora essere anglosassone, ma sul campo le cose sono diverse.
Sic transit gloria mundi, dicevano i romani. Avranno studiato latino Bush e Blair? Sanno comunque che il mondo cambia: ce lo ha ricordato la soldatessa britannica che invece di seguire alla lettera il motto britannico «close your eyes and think of England» si è fumata una sigaretta nella prigione iraniana e ha suggerito a Blair di andarsene dall’Iraq. Il gioco degli scacchi invece rimane sempre lo stesso, vince sempre il più astuto.

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