Famiglia Cristiana nel numero 13 on line pubblica un’intervista di Roberto Zichittella ad Ahmed Rashid, giornalista pakistano, intitolata “Il ritorno dei talebani”
Dice che con il rilascio di Daniele Mastrogiacomo l’Italia ha perso credibilità. L’offensiva di primavera? «Troppo pochi gli uomini Nato, i guerriglieri ora sono forti di nuovo».
Molto discutibile la sua affermazione circa la necessità che i talebani “siano invitati a dialogare” alla Conferenza di pace. Ma quale dialogo è possibile con individui capaci di tagliare la gola ad altri esseri umani?
Non è ottimista Ahmed Rashid. Il giornalista e scrittore pakistano esperto di Afghanistan e di Talebani esprime a Famiglia Cristiana i suoi timori per la situazione in Afghanistan. I segnali sono preoccupanti: i Talebani sono tornati, il governo Karzai è debole e il vicino Pakistan vive giorni turbolenti.
Anche le vicende legate alla liberazione di Daniele Mastrogiacomo, il giornalista di Repubblica per due settimane in mano ai Talebani, lo lasciano perplesso e lo fanno fremere di rabbia.
Rashid parla da Lahore, in Pakistan, il Paese dove è nato nel 1948. Dopo gli studi svolti in India e a Cambridge si è dedicato al giornalismo. Ha seguito i conflitti in Afghanistan dal 1979 a oggi ed è corrispondente dall’Asia centrale per varie testate giornalistiche (Daily Telegraph!, BBC, International Herald Tribune). L’editrice Feltrinelli ha pubblicato due suoi libri: Talebani (un best seller mondiale, diventato libro di testo in oltre 200 università degli Stati Uniti) e Nel cuore dell’Islam.
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Rashid, la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, che è stata ottenuta dopo la scarcerazione di alcuni talebani, ha scatenato polemiche in Italia e ha creato tensioni fra il Governo italiano e gli Stati Uniti. Lei che cosa pensa di questa vicenda?
«Intanto, vorrei dire che sono molto felice per la liberazione del giornalista di la Repubblica. Io stesso mi sono impegnato con appelli e dichiarazioni pubbliche perché Daniele Mastrogiacomo fosse messo in libertà dai suoi sequestratori. Però ci sono alcune cose che mi hanno fatto arrabbiare».
«Prima di tutto, Mastrogiacomo ha sbagliato ad avventurarsi nella regione afghana dell’Helmand proprio nei giorni in cui si stava per scatenare uno scontro fra le armate talebane e le truppe della Nato. È stata una decisione ingenua e troppo pericolosa. Tra l’altro, questa scelta è costata la vita al suo autista e non conosciamo ancora il destino del giornalista afghano Adjmal Nashkbandi, che gli faceva da interprete. Comprendo la gioia di Mastrogiacomo per la propria liberazione, ma dovrebbe anche sentirsi responsabile della sorte di queste due persone che lo accompagnavano. Credo che il suo giornale la Repubblica dovrebbe pensare a qualche forma di risarcimento verso le famiglie dei due afghani».
«Penso che ora, dopo la trattativa che ha portato alla liberazione di Mastrogiacomo, il Governo italiano non abbia alcuna credibilità per proporre una conferenza sull’Afghanistan. In questo momento, in Afghanistan, l’Italia non gode certo di una buona immagine».
«Credo di sì. Se si fa una Conferenza, penso che anche loro debbano essere invitati a dialogare».
«Perché in Afghanistan la Nato non ha mandato abbastanza soldati, soprattutto nelle regioni meridionali del Paese. Per quattro anni in tre province del Sud non c’è stata alcuna presenza militare alleata e i Talebani hanno avuto campo libero. Non c’è dubbio che l’insensata guerra in Irak ha limitato fortemente l’impegno sul fronte afghano, non solo dal punto di vista militare, ma anche economico».
«L’Afghanistan è stato trascurato. Ha ricevuto meno fondi di quanto non sia accaduto per l’ex Jugoslavia, Haiti o Timor Est. Soprattutto nel Sud, in assenza di minime condizioni di sicurezza, è stato fatto veramente molto poco. Non si è voluto investire sul settore agricolo, che fa vivere il 70 per cento della popolazione, così gli agricoltori sono tornati a coltivare papaveri grazie agli incentivi offerti dai grandi trafficanti di oppio».
«I soldi del mercato della droga hanno permesso ai Talebani di comperare armi, pagare i combattenti e sostenere le famiglie degli attentatori suicidi. Ma questi soldi stanno finanziando anche estremisti islamici in Kashmir, nell’Asia centrale, in Cina e in Cecenia».
«Karzai non è riuscito a tenere sotto controllo la corruzione e il traffico di droga. Questo è avvenuto soprattutto nelle regioni del Sud, dove i signori della guerra di etnia pashtun sono stati nominati governatori. Pur giurando fedeltà al presidente Karzai, questi personaggi si sono lasciati corrompere e hanno fatto affari con i trafficanti di droga e le bande criminali. Per farli cacciare hanno dovuto alzare la voce i canadesi, gli inglesi e gli olandesi, che hanno le loro truppe schierate nella regione».
«Credo che oggi Al Qaida sia più forte in Pakistan che in Afghanistan. I membri di Al Qaida continuano a fare avanti e indietro lungo il confine tra i due Paesi. Lo stesso Bin Laden, secondo la Cia, sarebbe nelle zone montuose del Pakistan, dove i terroristi hanno i loro campi di addestramento».
«Perché il regime militare del generale Musharraf, pur avendo catturato alcuni leaders di Al Qaida, ha lasciato spazio ai Talebani sul territorio pakistano. Sono accuse che di recente hanno fatto anche importanti esponenti del Governo americano, come Condoleezza Rice e John Negroponte».
«È tesa. Il regime ha destituito il presidente della Corte suprema e ogni giorno ci sono proteste e manifestazioni. Dopo sette anni di regime militare la gente è stanca. Vedremo che cosa accadrà nelle elezioni di fine anno».
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