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La Stampa Rassegna Stampa
29.03.2007 Una giornalista israeliana a Riad
la prima corrispondenza di Francesca Paci da Gerusalemme

Testata: La Stampa
Data: 29 marzo 2007
Pagina: 17
Autore: Francesca Paci
Titolo: «La prima volta di Orly inviata molto speciale»
La STAMPA del 29 marzo 2007 pubblica la prima corrispondenza da Gerusalemme di Francesca Paci.
La pubblichiamo, con i migliori auguri di buon lavoro alla giornalista:

Il racconto della sua prima visita a Riad, al seguito del segretario di Stato americano Madeleine Albright, s’intitolava «Una donna nella città degli uomini», un lungo reportage scritto in incognito e contestato poi dalle autorità saudite, seccate che la giornalista israeliana fosse riuscita a entrare nel Regno con l’inganno, utilizzando il passaporto francese. Stavolta invece Orly Azulai-Katz lavora alla luce del sole: la cinquantatreenne responsabile dell’ufficio di Washington del popolare quotidiano israeliano Yediot Ahronot è una degli 11 reporter al seguito del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon nella missione in Medio Oriente e, pioniera tra i connazionali, vanta un regolare permesso stampa. In passato altri cronisti come David Makovsky del Jerusalem Post avevano aggirato i veti sauditi con l’aiuto del secondo passaporto e la stessa Azulai, in Libano, aveva ottenuto un’intervista con il leader di Hezbollah, Nasrallah, dichiarandosi francese. Che un giornalista israeliano in quanto tale venisse formalmente accolto in Arabia Saudita però, non era mai accaduto.
«Un segnale importante del cambiamento nella linea politica di re Abdullah» osserva Yossi Bar, corrispondente di Yediot Ahronot come la Azulai ed ex presidente dell’Associazione della Stampa Estera di Roma. A lui, 2 anni fa, non fu concesso il visto neppure per seguire una manifestazione sportiva: «Ufficialmente i nostri Paesi non intrattengono relazioni diplomatiche e all’ambasciata mi dissero che i tempi non erano maturi per andare». Oggi forse lo sono, anche se è meglio non sottolinearlo. Ieri sui quotidiani sauditi non c’era traccia dell’ospite d’eccezione. Nulla neppure sulla prima pagina di Arabnews, interamente dedicata alla copertura mediatica del XIX Vertice della Lega araba «invaso da centinaia di giornalisti, donne comprese, provenienti da 20 Paesi arabi e occidentali». La cartina del mondo al completo senza Israele.
Orly Azulai-Katz, che in 30 anni di militanza nella carta stampata ha scritto diversi libri tra i quali «L’uomo che non seppe vincere» sugli errori del laburista Peres all’indomani dell’assassinio di Rabin, e «L'uomo che vinse se stesso» sul leader del Likud Netanyahu, è una veterana delle incursioni «al di là della barricata». Figlia di un cronista sportivo, la Azulai è ricorsa più volte al passaporto francese per raccontare l’Afghanistan, l'Iran, l’Iraq, il Pakistan, l’Arabia Saudita. Gli accordi di pace tra israeliani e palestinesi sono pane quotidiano per lei soprattutto da quando, nel dicembre del 2004, durante il party natalizio alla Casa Bianca, il presidente americano George W. Bush la prese da parte per confidarle di essere seriamente intenzionato a sostenere il processo di pace in Terra Santa. «Ci dedicherò tempo ed energie creative», le disse Bush aggiungendo quanto lo scenario fosse mutato dopo la scomparsa di Arafat.
La rivoluzione è anche una conferenza stampa aperta al mondo senza limitazioni di nazionalità. Da principio le autorità saudite non avevano gradito la presenza di Orly Azulai-Katz nella lista dei giornalisti UN, poteva sembrare una provocazione. Ma la telefonata del Segretario generale al ministro degli esteri saudita Saud el-Faisal ha sbloccato l’impasse. «Si tratta del mio maggiore successo diplomatico da quando ho assunto la carica 3 mesi fa», ha commentato Ban Ki-Moon. Un "goal" che, secondo l'ex ambasciatore italiano in Arabia Saudita Mario Scialoja, oggi responsabile della Grande Moschea di Roma, «getta una luce d’ottimismo sull’esito del vertice». Dieci anni fa, quando Scialoja viveva e lavorava a Riad, «molti stranieri di religione ebraica seguivano le fiere e le conferenze internazionali». Gli israeliani no. Buon segno che a rompere il tabù sia una donna nel giorno in un cui un’altra, Haya Rashid Al-Khalifa, consigliere giuridico della corte reale del Bahrein e presidente di turno nell’assemblea generale delle Nazioni Unite, prende per la prima volta la parola sul palco maschile degli oratori della Lega araba.

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