La chiave di Sarah Tatiana de Rosnay
Traduzione Adriana Colombo – Paola Frezza Pavese
Mondatori Euro 17,50
“Due famiglie legate dalla morte e da un segreto. Due famiglie legate dal dolore”.
E’ il filo conduttore del bellissimo libro di Tatiana de Rosnay “La chiave di Sarah”, un romanzo che si legge d’un fiato, una storia drammatica, commovente, intensa che si dipana in un crescendo di emozioni e sentimenti contrastanti.
La chiave di Sarah è un racconto di fantasia, avverte l’autrice, ma la realtà storica e la finzione del romanzo si rincorrono, si rispecchiano, si infrangono.
Il rastrellamento del 16 e 17 luglio 1942 nel corso del quale più di 13.000 ebrei vennero arrestati a Parigi e dintorni, stipati in condizioni disumane nel Vélodrome d’Hiver, uno stadio coperto in Rue Nétalon, e poi condotti a morire ad Auschwitz, è il nocciolo storico da cui prende avvio il romanzo.
E’ nel Vélodrome d’Hiver che Sarah Starzynski viene condotta insieme alla sua famiglia dopo essere stata strappata dalla sua casa, prima di essere inviata al campo di Beaune – la Rolande.
A casa è rimasto il fratellino Michel, un bimbo dolce dai riccioli biondi, di quattro anni che Sarah chiude in un armadio, il loro nascondiglio segreto, con un libro di fiabe e una borraccia d’acqua nella certezza di poter tornare a prenderlo.
Ma la realtà che si spalanca dinanzi a Sarah, coraggiosa e forte per i suoi dieci anni, si rivela molto presto drammatica e senza via d’uscita: “….la notte cominciava a scendere lenta, e con essa cresceva la disperazione….una disperazione straziante, totale, che la riempì di panico”.
Sarah incapace di comprendere il significato di tanta sofferenza inflitta a coloro che portano la stella (“Cosa c’è di male a essere ebrei? Perché alcune persone odiano gli ebrei?”) e incredula dinanzi all’indifferenza dei francesi che li osservano “dalle finestre, dai balconi, dai portoni con volto inespressivo e privo di compassione” decide di fuggire dal campo di Beaune – la - Rolande insieme a Rachel, una bambina con la quale ha fatto amicizia.
La fame e la sete le spingono a bussare alle case che incontrano lungo la strada ma ogni volta ricevono in cambio secchi rifiuti e indifferenza.
Solo Jules e Geneviève Dufaure, un’anziana coppia di contadini, le accolgono e le sfamano con una dolcezza ed uno spirito caritatevole che lasciano incredule le bimbe dopo tante sofferenze patite.
Ma Sarah è determinata a tornare nella sua casa di Parigi per ritrovare il fratellino e a nulla valgono i tentativi dei Dufaure di dissuaderla: è trascorso tanto tempo…forse il piccolo Michel è morto e inoltre la distanza da Orleans è notevole…..
La vecchia coppia decide dunque di accompagnare Sarah a Parigi per proteggerla dai poliziotti francesi che potrebbero arrestarla. Ma non potrà fare nulla dinanzi allo strazio e alla disperazione della bambina che, giunta nella sua vecchia abitazione, troverà il piccolo Michel ormai cadavere. La costernazione del ragazzino di dodici anni e del padre che da pochi giorni avevano preso in affitto la casa si scontra con il disprezzo e lo sguardo carico di odio che Sarah rivolge loro, i nuovi abitanti della sua casa di Rue Saintonge (“Secondo lei eravamo noi i colpevoli. Ci eravamo trasferiti in casa sua. Avevamo lasciato morire suo fratello”).
Sessant’anni dopo è ancora Rue de Saintonge e la casa dove per tutti quegli anni ha abitato la famiglia Tézac, a costituire l’anello che unirà la drammatica vicenda di Sarah Starzynski a Julia Jarmond, una giornalista americana che vive a Parigi.
Julia che lavora per il giornale Seine Scenes viene incaricata da Joshua, il direttore, di fare un’inchiesta su quei drammatici fatti che costarono la vita a migliaia di persone tra adulti e bambini nel luglio del 1942.
Julia interroga i testimoni, intervista alcuni sopravissuti, incontra Frank Lévy che ha fondato un’associazione per aiutare gli ebrei a rintracciare i familiari dopo l’Olocausto e mentre le indagini proseguono il suo destino si incrocia fatalmente con quello di Sarah.
La casa di Rue de Saintonge, dove il fratellino di Sarah ha trovato la morte e dalla quale la bambina è strappata con la sua famiglia, è l’abitazione dove hanno vissuto i nonni di suo marito ed Edouard Tézac, suo suocero, è il ragazzino che sessant’anni prima aveva aperto la porta a Sarah.
Julia, decisa a far venire a galla la verità, continuerà a scavare nel passato fino a quando ciò che scoprirà sarà così drammatico da cambiare per sempre la sua esistenza.
La scoperta di aspettare un figlio che il marito non vuole e la conseguente fine del suo matrimonio, la indurranno a lasciare Parigi per tornare nel suo paese, gli Stati Uniti, dove inizierà – fra insicurezze e difficoltà – una nuova vita allietata dalla maturità e dalla simpatia di Zoe, la sua primogenita, e dalla dolcezza della piccola Sarah (“Non avrei potuto dare a mia figlia nessun’altro nome. Lei era Sarah, la mia Sarah. Un’ eco dell’altra Sarah, della bambina con la stella gialla che aveva cambiato la mia vita”).
Con uno stile elegante e scorrevole l’autrice ci regala un romanzo di forte impatto emotivo, che commuove e fa riflettere sulla immane tragedia dell’Olocausto che ha colpito milioni di persone solo perché ebree, ma anche sul silenzio e sull’indifferenza di coloro che hanno chiuso gli occhi dinanzi all’orrore e hanno reso possibile ai carnefici portare a termine il loro crimine.
Sarah scrivendo una poesia per il piccolo Michel lancia un monito che deve diventare un imperativo per ciascuno di noi.
“Zakhor. Al Tichkah.”
Ricorda. Non dimenticare mai.
Giorgia Greco