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La Repubblica Rassegna Stampa
27.03.2007 Gli americani in Iraq hanno trattato, ma hanno chiesto ai terroristi di disarmare
senza successo

Testata: La Repubblica
Data: 27 marzo 2007
Pagina: 9
Autore: Edward Wong
Titolo: «Ho trattato con guerriglieri sunniti»
Da La REPUBBLICA del 27 marzo 2007 l'articolo del New York Times sulle rivelazioni del'ambasciatore americano a Bagdad, Zalmay Khalilzad sulle trattative con i terroristi sunniti.
Due elementi importanti emergono dalla lettura dell'articolo: il fatto che la trattativa non ha ridotto la violenza, e la chiara richiesta ai terroristi di deporre le armi.
Un'amnistia come quella proposta da Khalilzad, qualunque cosa se ne possa pensare, è cosa ben diversa da un accordo con terroristi in armi.
Ecco il testo: 


BAGDAD - L´ambasciatore americano in Iraq Zalmay Khalilzad, lo scorso anno ha intrattenuto colloqui con uomini ritenuti dei rappresentanti di importanti organizzazioni della guerriglia, in uno sforzo mirato a coinvolgere la guerriglia sunnita nel processo politico. «Ci sono state discussioni con rappresentanti di diversi gruppi, dopo le elezioni e durante la formazione del governo, prima dell´incidente di Samarra», ha detto Khalilzad in un´intervista rilasciata all´interno della Zona Verde.
Gli incontri sono cominciati all´inizio del 2006, e sono stati forse i primi tentativi di stabilire un canale di comunicazione reale tra rappresentanti del governo americano in Iraq e organizzazioni della guerriglia sunnita. Per alcuni di questi colloqui, Khalilzad si è recato in Giordania: funzionari americani e iracheni sostengono che l´ambasciatore ha incontrato persone che hanno dichiarato di rappresentare l´Esercito islamico dell´Iraq e le Brigate della Rivoluzione del 1920, due delle maggiori fazioni nazionaliste. Altri funzionari dicono che il tentativo è naufragato in estate, dopo l´attentato al santuario sciita di Samarra, che ha innescato ondate di violenza settaria.
L´ambasciatore, nell´intervista, ha ribadito la sua posizione sulla necessità che il governo americano e quello iracheno prendano in considerazione la possibilità di garantire l´amnistia ai guerriglieri. «Il punto fondamentale, l´obbiettivo di far cessare le ostilità, l´omaggio più grande che potremmo tributare ai nostri soldati che hanno perso la vita in questo Paese, sarebbe vedere gli ex nemici, quelli che li hanno combattuti, abbracciare e accettare la causa per cui ci siamo battuti», ha detto Khalilzad.
Ora che Khalilzad, candidato da Bush al ruolo ambasciatore americano all´Onu, si appresta a lasciare l´Iraq (partirà questa settimana), appare evidente che il suo mandato di ambasciatore sarà ricordato soprattutto per una cosa: il suo tentativo di coinvolgere gli arabi sunniti nel processo politico, cercando di tendere la mano alla guerriglia.
Questi sforzi negoziali hanno provocato un aumento delle tensioni tra gli americani e i leader sciiti, alcuni dei quali accusano Khalilzad di essere sbilanciato a favore dei sunniti a causa delle sue origini (è un afgano di confessione sunnita). Questi sforzi, inoltre, non sono riusciti a stemperare l´azione della guerriglia. Anzi, la violenza è aumentata in modo esponenziale. «Non siamo mai riusciti a trovare persone in grado di far scendere il livello delle violenze», dice il funzionario americano. «La guerriglia non possiede nulla che assomigli a un comando unificato. Anche all´interno delle varie città e delle varie province, la guerriglia è molto frammentata».
Ahmad Chalabi, un politico iracheno amico personale di Khalilzad, dice che i colloqui sono finiti in un buco nell´acqua anche perché i rappresentanti della guerriglia avanzavano richieste impraticabili. Volevano la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del Parlamento, la reintegrazione nell´organico dell´esercito dei precedenti militari e la nascita di un nuovo governo.
Khalilzad dice che nei colloqui, a un certo punto, è stato coinvolto anche il generale George W. Casey Jr., all´epoca comandante in capo delle forze americane in Iraq. L´ambasciatore ha convinto i leader sunniti a partecipare alle votazioni per l´elezione di un governo nella pienezza dei suoi poteri, anche dopo aver premuto per l´adozione di una Costituzione che i sunniti vedono come il fumo negli occhi.
Gli abboccamenti di Khalilzad nei confronti dei sunniti hanno fatto infuriare molti esponenti del blocco sciita, che detiene il potere, compreso il primo ministro Nouri Kamal al-Maliki. Dopo l´attentato di Samarra del febbraio 2006, Khalilzad cominciò a dire che le uccisioni attribuite in gran parte alle milizie sciite erano più destabilizzanti delle violenze della guerriglia sunnita.
Per tirare dentro i sunniti, ha detto Khalilzad, sciiti e curdi dovrebbero rivedere la Costituzione e fare marcia indietro sulla debaathificazione. Neocon cinquantaseienne, ambasciatore in Afghanistan prima del suo trasferimento in Iraq, nel giugno del 2005, Khalilzad dice che il successo di cui va più orgoglioso, nel corso del suo mandato diplomatico, è stato quando ha convinto le parti impegnate nelle trattative sulla Costituzione a inserire una clausola che consentiva la revisione del trattato costituzionale in ogni sua parte: un risultato che ha scongiurato il rischio che i sunniti scegliessero di non partecipare alle elezioni.
(Copyright New York Times/La Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti)

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