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La Stampa Rassegna Stampa
26.03.2007 Da Le Monde disinformazione sulla barriera difensiva
e demonizzazione del militare israeliano che ne ha disegnato il tracciato

Testata: La Stampa
Data: 26 marzo 2007
Pagina: 14
Autore: Benjamin Barthe
Titolo: «L’uomo del Muro»

La STAMPA del 26 marzo 2007 pubblica un articolo ripreso da Le Monde sulla barriera difensiva israeliana.
Incentrato su un ritratto a dir poco malevolo del colonnello  Dany Tirza, ideatore della barriera, l'articolo è un concentrato di disinformazione e pregiudizi ideologici.
Per descrivere Tirza Benjamin Barthe, l'autore del pezzo, cede la parola all'avvocato di alcuni palestinesi che si ritengono danneggiati dal tracciato della barriera:  "«I miei clienti erano come impazziti», si ricorda Mohamed Dahlé, avvocato di Biddu: «Camminavano in quei campi splendidi che sono il loro principale mezzo di sussistenza e tutto quello che Tirza proponeva loro era di modificare il percorso dello sbarramento di qualche dozzina di metri. È come se uno stupratore domandasse alla sua vittima quale posizione preferisca!»".
"Stupro", in realtà, è un termine molto più adatto alle stragi del terorrismo palestinese che hanno insanguinato Israele che all'opera difensiva che ha ridotto enomermente il numero delle vittime.
Ma Barthe non ha nessuna intenzione di vedere la realtà del terrorismo, che occulta dietro la falsa immagine di una sprirale di violenza tra israeliani e palestinesi. Immagine fondata su dati manipolati e depurati di informazioni essenziali. Scrive ad esempio:
"I bulldozer passano all’azione nella primavera 2002. Quell’anno nel corso di attentati saranno uccisi 254 civili israeliani e 460 civili palestinesi moriranno sotto i proiettili dell’esercito.", dimenticando cheanche i terroristi, in larga maggioranza tra i morti palestinesi, sono generalmente conteggiati  come "civili", dato che non sono inquadrati in forze armate regolari. Vi sono poi anche state  vittime non combattenti, colpite però in modo non deliberato. Israele, infatti , ha sempre mirato a bersagli mirati. Non ha perseguito la strage indiscriminata come i terroristi.
L'operato di Tirza, sulla base  di dichiarazioni di avversari politici del movimento dei coloni, è descritto come ispirato alla regola "il massimo delle terre con il minimo dei palestinesi" e non a ragioni di sicurezza.
Viene anche messa in dubbio l'efficacia della barriera: "in gran parte dei casi, sono anche le diverse tregue tattiche e/o politiche decise dai gruppi palestinesi armati che spiegherebbero la diminuzione degli attentati suicidi (60 nel 2002, solo 5 nel 2006" scrive Barthe. L'affermazione è falsa per vari motivi: prima di tutto perché la sostanziale sconfitta del terrorismo sucida, dovuto sia alla barriera, sia alle eliminazioni mirate, sia agli arresti precede la recente tregua proclamata da Hamas e Fatah, poi perchè le durante le tregue, in realtà gli attentati sono continuati e i tentativi andati a vuoto sono molto più numerosi sdi quelli riusciti, poi perché il costante utilizzo di razzi kassam dimostra che i teroristi palestinesi hanno cambiato le modalità tecniche, ma continuano a fare o a cercare di fare la stessa cosa: uccidere gli israeliani.
L'articolo si conclude citando la sentenza dell'Alta Corte di Israele che impone cambiamenti nel tracciato della barriera per tenere conto degli interessi dei palestinesi. Sarebbe una prova dell'attenzione ai diritti di tutti che caratterizza la risposta di Israele al terorrismo. Ma il taglio scelto per l'articolo, incentrato sulla figura di Tirza, braccio destro di Sharon, e le precedenti falsità, fanno si che la sentenza suoni come una condanna di Israele contro se stessa. 

La titolazione dalla STAMPA per questo bell'esempio di disinformazione è perfettamente aderente al conenuto e allo scopo del testo: Era l'implacabile uomo di Sharon. L'uomo del muro. Il colonnello Dany tirza ha costruito la barriera in Cisgiordania con la regola "il massimo della terra e il minimo di palestinesi".
E ancora: "
Mitra in spalla e soldati dietro ha tagliato in due campi e città
sordo alle proteste degli arabi"

Ecco l'articolo:

La scena si svolge nel marzo 2004, negli oliveti di Biddu, villaggio della Cisgiordania a nordovest di Gerusalemme. Una truppa singolare, composta da ufficiali israeliani, da contadini palestinesi e da avvocati delle due parti, percorre la collina dove si innalza una recinzione elettronica. Apre la marcia un uomo robusto, con un fucile M16 a tracolla e la kippa in testa. È il colonnello di riserva Dany Tirza, ideatore della «barriera di separazione» israeliana in Cisgiordania.
I contadini palestinesi si lamentano che questa barriera rasenta le loro case e taglia per due terzi le loro terre. Il colonnello, impavido, replica che è necessaria una zona tampone fra la recinzione e la «linea verde» (linea di separazione tra Israele e la Cisgiordania occupata) per dare ai soldati il tempo di reagire in caso di infiltrazione. «I miei clienti erano come impazziti», si ricorda Mohamed Dahlé, avvocato di Biddu: «Camminavano in quei campi splendidi che sono il loro principale mezzo di sussistenza e tutto quello che Tirza proponeva loro era di modificare il percorso dello sbarramento di qualche dozzina di metri. È come se uno stupratore domandasse alla sua vittima quale posizione preferisca!».
Il nome di Tirza è sconosciuto al grande pubblico, ma la sua azione ha già un impatto sulla vita di dozzine di migliaia di abitanti della regione. Per i suoi sostenitori, Dany Tirza, 48 anni, anch’egli residente nella colonia ebraica di Kfar Adumim, è «Mister Muro». È lui che su comando di Ariel Sharon ha disegnato questo serpente di cemento, lungo 730 km, che, in nome della sicurezza di Israele, attraversa a zigzag la Cisgiordania e occupa di fatto il 9% della sua superficie (senza tener conto delle terre palestinesi assegnate alle colonie ebree rimaste all’esterno del tracciato).
L’ideazione e le grandi linee direttive sono dell’ex-primo ministro, mentre il colonnello è l’esecutore e il realizzatore sul terreno, collina dopo collina. «Il percorso è stato scelto dal duo Sharon-Tirza e l’esercito si è limitato ad attenersi agli ordini», dice Ilan Paz, generale a riposo che comandava il braccio dell’esercito responsabile delle popolazioni nei territori occupati.
È nel 2001 che Ariel Sharon, appena eletto primo ministro, comincia a pensare al tracciato di una linea che doveva prevenire l’ingresso di terroristi in Israele. I bulldozer passano all’azione nella primavera 2002. Quell’anno nel corso di attentati saranno uccisi 254 civili israeliani e 460 civili palestinesi moriranno sotto i proiettili dell’esercito.
Sharon è consapevole della portata politica della costruzione, inizialmente sostenuta da uomini di sinistra. Il grande organizzatore della colonizzazione teme che la muraglia non incorpori i principali blocchi di insediamenti. Tirza sarà la sua assicurazione contro ogni rischio. Durante il processo di pace, l’uomo, anch’egli colono, ha scorrazzato nelle colline della Cisgiordania. Conosceva a menadito, come Sharon, la terra conquistata nel 1967, la topografia, i piani di espansione delle colonie e le fonti sotterranee d’acqua. La connivenza politica tra i due uomini è totale.
«È un ideologo, vicino ai coloni, un personaggio pericoloso per l’esercito», dice il generale Paz che ha cercato, invano, di escluderlo. «Tirza sa la verità sul muro», aggiunge il colonnello di riserva Shaul Arieli, che fu suo superiore diretto: «Sa che prefigura la futura frontiera orientale di Israele, e che doveva servire ad accaparrarsi il massimo delle terre con il minimo di palestinesi». L’avvocato Dany Seidemann, che si è spesso opposto a «Mister Muro», davanti all’Alta Corte d’Israele tratteggia il quadro. «Tirza non è tanto un colono quanto un burocrate. Se cambia capo, cambia disco».
Il copione per il grande pubblico è imperniato su due parole: «sicurezza» e «temporanea». L’obiettivo ufficiale è «sbarrare la strada ai terroristi». A tempo debito, la barriera potrà essere smantellata. Nessun accenno alle colonie inglobate con infiltrazioni di oltre 10 km in terre palestinesi. E nulla nemmeno sulle porte, che dovevano aprirsi per far accedere i palestinesi alle loro terre e che i soldati non aprono mai o solo di rado.
È lo scenario che Dany Tirza dipinge a Condoleezza Rice, a cui farà visita in tre riprese a Washington: «Il muro ha arginato la maggior parte degli atti di terrorismo». Affermazione a priori esatta, salvo che, in gran parte dei casi, sono anche le diverse tregue tattiche e/o politiche decise dai gruppi palestinesi armati che spiegherebbero la diminuzione degli attentati suicidi (60 nel 2002, solo 5 nel 2006). Il colonnello aggiunge: «So che non esiste un tracciato perfetto, ma esiste, secondo me, una differenza fra qualcuno che perde la vita perché nulla impedisce il passaggio del terrorista e qualcuno, la cui vita viene salvata da questo ostacolo».
Fra il 2002 e il 2004, nel pieno dell’Intifada, nessuno ha da ridire. Davanti all’Alta Corte, dove viene regolarmente convocato per rispondere delle dozzine di lamentele sporte contro il muro, Tirza trionfa. «Alla proposta di spostare il tracciato nella valle o sulla collina o vicino a una strada, ha sempre risposto “niet”», ricorda Mohamed Dahlé. «Ha usato l’argomento della sicurezza che tappa la bocca a tutti a Israele», aggiunge Michaël Sfard, suo collega.
Nel frattempo i lavori di pianificazione vanno avanti. «Ci siamo incontrati con Tirza dozzine di volte per trovare il tracciato migliore», spiega Shaul Goldstein, che dirige il consiglio del Gush Etzion, uno dei blocchi più vecchi delle colonie a sud di Gerusalemme, con 55.000 abitanti. «E stato di grande aiuto, il 95% della nostra popolazione sarà dalla parte israeliana del muro».
I guai di «Mister Muro» iniziano nel giugno 2004. L’Alta Corte non convalida la sua analisi del dossier Biddu, e delibera che il danno arrecato agli abitanti è sproporzionato rispetto ai vantaggi in termini di sicurezza. Il provvedimento si spiega con l’intervento del Consiglio per la pace e la sicurezza, gruppo di vecchie glorie militari riconvertite nel lobbismo pro-negoziazioni. Sollecitati da Dahlé, il loro parere fa vacillare l’aura di «esperto» di Tirza, dimostrando che è possibile un altro percorso, altrettanto sicuro e molto meno devastante. Furibondo, il pianificatore di Ariel Sharon evoca «un giorno cupo per lo Stato di Israele» e predice che «questo errore fatale sarà pagato in vite umane».
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