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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.03.2007 Emirati Arabi, Qatar e Oman pronti ad aprire il loro spazio aereo a Israele in caso di blitz in Iran?
un'ipotesi resa plausibile dalla preoccupazione araba per la corsa all'atomica degli ayatollah

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 marzo 2007
Pagina: 2
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «La flotta anti terroristi e contrabbando che sorveglia e preoccupa gli ayatollah»
Dal CORRIERE della SERA del 25 marzo 2007, un articolo di Guido Olimpio sulla crisi iraniana.
Interessante l'ipotesi riferita alla fine dell'articolo: "Emirati, Oman e Qatar sarebbero pronti ad autorizzare il passaggio di caccia israeliani in caso di un blitz anti-Iran".
Ecco il testo:

Lo schermo radar di una nave militare che incrocia nel Golfo somiglia ad una notte piena di stelle. Una miriade di puntini su uno sfondo nero. Uno sciame di tracce elettroniche a marcare una concentrazione di natanti. Dai dhow, i tipici barconi da trasporto della regione, alle grandi petroliere. Ed è tra questi segnali che i marinai, con l'aiuto dell'intelligence e delle ispezioni a bordo, devono scoprire quello giusto. Il controllo dei traffici mercantili lungo la rotta del Golfo Persico è solo una delle missioni eseguite da una poderosa
Armada alleata. Oltre 45 navi, guidate da due gruppi di battaglia con le portaerei Eisenhower e Stennis, seguite dalle unità di scorta. Al loro fianco mezzi britannici — due cacciamine, una fregata — e di altri Paesi alleati, protetti da aerei e da una rete di basi lungo le coste. Uno scudo però pesante e poco agile come testimonia il sequestro dei marinai inglesi da parte dei pasdaran. Gli iraniani sono consapevoli dell'inferiorità e allora giocano a fare i corsari.
Lo schieramento contemporaneo delle due task force — per la prima volta dopo la guerra del 2003 — rientra nella strategia di contenimento decisa da Washington nei confronti di Teheran. I dirigenti americani ammettono che l'opzione militare per fermare i programmi nucleari è l'ultima risorsa, tuttavia hanno già a disposizione un dispositivo sufficiente a colpire. Indiscrezioni — comparse sulle due sponde dell'Atlantico — sostengono che gli Usa potrebbero lanciare uno strike — un raid distruttivo — in qualsiasi momento. Usando i jet a bordo delle portaerei e i bombardieri B2 con speciali ordigni anti-bunker. Il Pentagono ha battezzato l'operazione «Tirannt» (Theater Iran Near Term), sigla che nasconde l'identificazione di una lista di bersagli sul territorio iraniano. Di fatto gli impianti di ricerca nucleari, laboratori, impianti industriali legati alla Difesa.
Le manovre lungo le rotte del petrolio sono state accompagnate da altri sviluppi significativi. La creazione della struttura «Isog» a Washington: centro che coordina attività diplomatiche e clandestine contro Iran e Siria. L'apertura di una sezione iraniana al consolato americano di Dubai: una testa di ponte sia per monitorare gli ayatollah sia per contrastare le loro iniziative. Gli Emirati sono la base avanzata dell'intelligence iraniano con Dubai che fa da piattaforma per traffici e commerci. Nella Federazione sono presenti 6 mila imprese legate a Teheran, alcune delle quali legate all'acquisto di armamenti. In Iraq, invece, agisce la Task Force 16, alla quale il Pentagono ha affidato la missione di neutralizzare gli 007 khomeinisti coinvolti nella guerriglia.
Unità della Nato — in passato vi ha partecipato anche la nostra Marina — si muovono per proteggere le installazioni petrolifere irachene, per prevenire il terrorismo marittimo, per intercettare eventuali carichi di tecnologia proibita verso l'Iran, per stroncare il contrabbando. Secondo recenti stime l'Iraq perde quasi 300 mila barili di greggio al giorno: risorse sfruttate dalla guerriglia e da gruppi terroristici.
A rendere più nervosi gli iraniani ha poi contribuito l'atteggiamento dei Paesi confinanti. Dopo aver accettato l'arrivo di nuove batterie di missili anti-missile Patriot, Kuwait, Emirati, Arabia Saudita, Oman hanno deciso di ampliare la spesa bellica. Quest'anno sborseranno 60 miliardi di dollari per migliorare i loro apparati militari. Al tempo stesso hanno annunciato che intendono costruire due pipeline petrolifere per bypassare il collo di bottiglia dello Stretto di Hormuz. Questo per neutralizzare, in futuro, un eventuale ricatto di Teheran attraverso il blocco del passaggio strategico. E una delle tante voci che rimbalzano in quest'area ha sostenuto che Emirati, Oman e Qatar sarebbero pronti ad autorizzare il passaggio di caccia israeliani in caso di un blitz anti-Iran. Suona come la tipica notizia di disinformazione, ma in questo clima a Teheran sospettano di tutto. E forse non sbagliano.

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