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La Stampa Rassegna Stampa
25.03.2007 Nuove sanzioni all'Iran
che annuncia l'implausibile "confessione" dei marines britannici

Testata: La Stampa
Data: 25 marzo 2007
Pagina: 9
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Onu, nuove sanzioni all’Iran - Teheran: i marines hanno “confessato”»
Dalla STAMPA del 25 marzo 2007, la cronaca di Maurizio Molinari sul voto all'Onu sulle sanzioni all'Iran: 

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità nuove e più rigide sanzioni contro l’Iran, rinnovando la richiesta di sospendere il programma nucleare e tornare al tavolo del negoziato con la comunità internazionale.
La risoluzione 1747, che ha ricevuto 15 voti a favore e nessuno contro, rafforza le misure già previste dalla 1737 del 23 dicembre 2006. Il voto favorevole dell’Italia è stato espresso dall’ambasciatore Marcello Spatafora ed è la prima volta che il nostro Paese è protagonista dell’approvazione di sanzioni economiche e militari da parte del Consiglio di Sicurezza: questo è stato possibile grazie al fatto che il testo della risoluzione auspica - ma non impone - una riduzione delle garanzie all’export commerciale.
Il perno del testo è il bando totale dell’esportazione di armi dall’Iran e l’identificazione di 28 soggetti e individui, in gran parte delle Guardia rivoluzionarie iraniane, nei confronti delle quali scatta l’immediato congelamento dei beni e delle transazioni finanziarie perché coinvolti nel programma atomico. Fra questi nominativi - che si aggiungono ai 10 già identificati dalla risoluzione 1737 - vi è anche la Sepah Bank finora dimostratasi il forziere del programma nucleare.
La scelta di rafforzare le sanzioni finanziarie si spiega con il fatto che, secondo Washington e Londra, si stanno dimostrando molto efficaci nell’ostacolare la corsa all’atomica. «Abbiamo votato a favore di questa risoluzione - ha spiegato l’ambasciatore francese Jean-Marc de La Sabliere - perché l’Iran non ha sospeso le proprie attività nucleari e non ha collaborato con l’Agenzia atomica dell’Onu». Il rappresentante americano, Alejandro Wolf, è andato oltre: «Gli Stati Uniti sono pronti a proporre più rigide misure contro l’Iran se entro 60 giorni non avrà adempiuto anche a questa risoluzione». L’unanimità è stata raggiunta attorno al testo concordato dalle Sei potenze - Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania - che dal 2003 hanno offerto a Teheran ingenti aiuti economici in cambio dell’abbandono del programma nucleare.
«La porta resta aperta al negoziato con Teheran - ha detto il rappresentante britannico Emyr Jones Perry - con l’offerta di una sospensione totale delle sanzioni in cambio di una sospensione totale del programma, ma il messaggio dell’Onu è chiaro: la proliferazione nucleare è inaccettabile».
Russia e Cina avevano dato il via libera la scorsa settimana grazie a una redazione del testo che rendere reversibili le sanzioni in caso Teheran dovesse accettare di bloccare tutti i propri impianti nucleari. A voto acquisito il rappresentante americano si è rivolto alla nazione iraniana affermando che «queste sanzioni non sono contro di voi» ma puniscono «un governo che non rispetta la comunità internazionale, considera illegittimo il Consiglio di Sicurezza e persegue il raggiungimento dell’arma nucleare». L’ambasciatore americano ha ricordato come il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad abbia definito le risoluzioni dell’Onu «carta straccia», si sia detto a favore della distruzione di Israele, abbia offeso la memoria dell’Olocausto e guidi uno Stato «sponsor del terrorismo». La risposta è arrivata quando, a conclusione della seduta, a parlare è stato il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki: «Continueremo il nostro programma, respingiamo questo voto e accusiamo il Consiglio di Sicurezza di violare i trattati internazionali che ci garantiscono il diritto all’energia atomica».
La parola torna ora all’Agenzia atomica che entro due mesi dovrà presentare al Consiglio di Sicurezza un nuovo rapporto sul rispetto delle risoluzioni.

Di seguito, la cronaca di Molinari sui marinai britannici sequestrati:

I pasdaran hanno portato a Teheran i quindici militari britannici catturati venerdì che, al termine degli interrogatori, avrebbero confessato di essere entrati «illegalmente» nelle acque territoriali dell’Iran. A svelare l’avvenuta ammissione è stato il generale Ali Reza Afshar, uno dei militari più alti in grado nelle forze armate iraniane, secondo il quale gli otto marinai della Royal Navy ed i sette Royal marines - almeno uno dei quali è una donna - «hanno ammesso di aver compiuto una lampante aggressione contro il nostro territorio».
Le autorità iraniane non hanno fatto sapere altro: resta coperto da segreto il luogo dove i quindici inglesi sono detenuti e finora nessuno è potuto andare a verificare le loro condizioni di salute, né diplomatici né rappresentanti della Croce Rossa. Il governo britannico ha reagito alle notizie in arrivo da Teheran convocando al Foreign Office per il secondo giorno di seguito l’ambasciatore iraniano, Rasul Movahedian, chiedendo di ottenere garanzie sulle condizioni di salute dei sequestrati ed anche sulla possibilità che possano ricevere delle visite consolari.
Londra nega che siano avvenuti sconfinamenti nelle acque territoriali iraniane dello Shatt El Arab da parte delle imbarcazioni britanniche, ribadendo che i quindici militari erano impegnati in opera di pattugliamento nelle acque irachene nel tentativo di impedire traffici di armi e stupefacenti che servono per alimentare le bande armate locali. Alcuni pescatori iracheni che hanno assistito al blitz dei pasdaran hanno confermato che i marines non hanno sconfinato.
L’Unione Europea si è unita a Londra nel chiedere l’«immediata liberazione» di marinai e marines ma a Teheran l’atmosfera è ben differente: diversi gruppi di studenti conservatori hanno chiesto al governo di continuare la detenzione fino a quando non sarà possibile ottenere in cambio i cinque pasdaran arrestati in gennaio a Irbil dalle forze americane. Altri gruppi conservatori hanno aggiunto la richiesta di usare i britannici come pedina di scambio con le Nazioni Unite al fine di ottenere dal Consiglio di Sicurezza la cancellazione delle sanzioni votate contro il programma nucleare di Teheran.
Una manifestazione anti-britannica si è svolta lungo le rive dello Shatt El Arab in prossimità al luogo dove è avvenuto l’arresto dei gli inglesi: circa cinquecento persone, secondo l’agenzia Fars, avrebbero gridato slogan come «Morte alla Gran Bretagna» e «Morte all’America». A conferma della tensione che monta il generale Afshar ha ammonito gli Stati Uniti a «non compiere errori di calcolo nel Golfo» perché, in caso di attacchi all’Iran, «potrebbero non essere in grado di controllare le dimensioni e la durata della guerra».
L’impressione è che al momento Londra e Teheran continuino ad avere approcci diversi alla crisi: gli inglesi continuano a sostenere la tesi dell’errore commesso dai pasdaran sullo sconfinamento territoriale, mentre gli iraniani ritengono che si tratti di un caso di «aggressione» alla propria sovranità e dunque deve essere perseguito.

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