Radiorai 1, venerdì 23 marzo, ore 8. viene riferito che durante una recente trasmissione alla TV palestinese (“ora di educazione civica”) apparivano due bimbetti di cinque e sei anni, orfani della giovane donna che tre anni fa si era fatta esplodere in Israele, procurando quattro morti e diversi feriti tra la popolazione civile.
All’intervistatore che chiedeva ai bambini dove secondo loro si trovava ora la mamma, il maschietto rispondeva deciso “in Paradiso”. Una risposta in sé commovente, povero piccino, ma l’intervistatore voleva approfondire il concetto. “E perché è in Paradiso, secondo te?”.
“Perché ha ammazzato degli ebrei”, questa la sconcertante risposta.
E quanti ebrei ha ammazzato la tua mammina?
Il maschietto, che ancora non era andato a scuola e non aveva quindi dimestichezza con il nome dei numeri, alzava la manina e mostrando le dita aperte faceva segno che erano cinque. Una innocente vanteria perché in realtà erano stati quattro i morti ammazzati dall’aspirante al Paradiso.
Le immagini riprese dalla televisione facevano subito il giro del mondo. La notizia era di quelle che non si possono perdere, nemmeno per i vari canali radiotelevisivi italiani che in genere di queste cose preferiscono non parlar, forse per non offendere gli amici degli amici.
Ma ecco che nella stessa trasmissione di Radiorai scatta la par condicio. Così subito dopo questa notizia, ecco il giornalista correre a citare un giornale israeliano che pubblicava la fotografia di una guardia di frontiera israeliana nell’atto di picchiare un giovane palestinese.
Ecco dunque le anime belle quietate, ecco messo sullo stesso piano il gesto di un israeliano che picchia un palestinese e l’immagine di un bambino palestinese indotto a pensare che ammazzare gli ebrei sia il più efficace passaporto per il Paradiso.
Del resto questo concetto era ribadito in una trasmissione musicale del 21 marzo alla TV di Hamas (“al-Aqsa TV”), con una bambina che canta alla madre che “si prepara” a riempirsi di tritolo: “Torna presto mamma, non riesco a dormire senza di te” e poi, più in là, sempre alla madre che va a farsi saltare in aria in un luogo affollato d’Israele, canta: “Tra le tue braccia non tieni me, ma una bomba”.
La piccola ha capito. E mentre la musica accompagna l’immagine della spianata delle moschee a Gerusalemme, la bambina benedice la madre e lei stessa si prepara a seguirne l’esempio. Perché, questa la morale che la trasmissione della TV di Hamas ne ricava e spiega, farsi saltare in aria in mezzo ai nemici è meglio che crescere i propri figli.
Questa nei nostri notiziari non è passata. Forse perché non avevano da opporre nessuna fotografia di israeliani che davano qualche schiaffo. La par condicio non c’era.
(E ora una domanda a tutte le organizzazioni femminili italiane, a tutte le donne che hanno combattuto una lunga battaglia (non ancora completamente vinta) per i loro diritti, che ne pensano dei talebani? Sì, quelli che avevano costretto le donne afgane a seppellirsi sotto i burka, che avevano precluso alle donne l’insegnamento, le avevano vietato di uscire di casa se non accompagnate da un uomo, le avevano ridotte a non-persone, ebbene, che cosa ne dicono oggi che qualcuno vorrebbe invitare i talebani a sedersi a un tavolo negoziale, pronto a farli rientrare trionfatori a Kabul?
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